Dichiarati inammissibili dalla Corte di Cassazione i ricorsi dei 7 imputati, sono diventate definitive le condanne a complessivi 86 anni e 9 mesi, con pene da 8 a 20 anni, nei confronti di 6 viestani e 1 manfredoniano coinvolti nel processo “Agosto di fuoco” perché accusati a vario titolo di traffico di droga aggravato dalla mafiosità, 7 episodi di spaccio di cocaina e marijuana, 3 di detenzione illegale di fucili e pistole per fatti avvenuti nel 2018 sul Gargano.
La terza sezione penale della Suprema corte ha confermato il verdetto pronunciato dalla corte d’appello di Bari il 4 febbraio 2022, che aveva in gran parte ribadito la sentenza di primo grado del giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Bari emessa il 16 giugno 2020 con rito abbreviato quando furono comminati complessivi 91 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione.
Definitive quindi le condanne a 20 anni a testa per i cugini Claudio e Giovanni Iannoli, viestani rispettivamente di 47 e 37 anni, ritenuti al vertice del clan Pema/Iannoli coinvolto nella guerra di mafia con i rivali del gruppo Perna che da gennaio 2015 ad agosto 2022 ha contato 10 morti ammazzati, 1 lupara bianca e 6 agguati falliti in una delle tante e cruente guerre tra i pericolosi clan mafiosi del promontorio del Gargano.
Inflitti 10 anni e 8 mesi al viestano Raffaele Giorgio Prencipe, 39 anni; 8 anni e 8 mesi al compaesano Giuseppe Stramacchia, 37 anni; 11 anni, 5 mesi e 10 giorni a Carmine Romano, 53 anni, anche lui di Vieste; 8 anni a Stefan Cealicu, 57 anni, romeno domiciliato nel centro garganico. Stessa pena, 8 anni, inflitta a Gaetano Renegaldo, 44 anni di Manfredonia.
Per i primi sei imputati ha retto la più grave accusa di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata a vendere cocaina e hashish con al vertice i cugini Iannoli che “raccordavano l’attività dei sodali; intrattenevano rapporti con fornitori e intermediari; fornivano indicazioni operative su canali di approvvigionamento, modalità di occultamento e reti di distribuzione della sostanza stupefacente”, come recita il capo d’imputazione. Dall’accusa di traffico di droga fu assolto già in primo grado Renegaldo ritenuto inizialmente il fornitore di cocaina del clan; per lui ha però retto anche nel terzo grado di giudizio l’accusa di aver venduto ad agosto 2018 cocaina per un valore di 70mila euro a Claudio Iannoli e Prencipe, con conferma quindi della pena di 8 anni.
Gli avvocati Salvatore Vescera, Rosario Marino, Lorenzo Incardona, Michele Arena, Berardino Arena, Nicola Totaro, Fortunato Rendiniello, Antonio Casiere, Claudio Papagno chiedevano alla Cassazione l’annullamento del verdetto d’appello e la celebrazione di un nuovo processo di secondo grado. Il sostituto procuratore generale della Cassazione Domenico Seccia, già procuratore capo a Lucerà e prim’ancora pm della Dda di Bari che si occupava delle inchieste sulle mafie del Foggiano, aveva chiesto rinammissibilità del ricorso difensivo. Le motivazioni della sentenza saranno depositate nei prossimi mesi.
L’inchiesta “Agosto di fuoco” della Direzione distrettuale antimafia e della Polizia di Stato sfociò in 10 arresti in tre atti: il 21 agosto 2018 furono fermati i cugini Iannoli; il 10 settembre il gip
firmò 7 ordinanze cautelari a carico ancora dei due Iannoli, Prencipe, Romano, Stramacchia e Cealicu e di un altro viestano con una posizione marginale; infine il 4 novembre 2018 vennero eseguite ulteriori tre ordinanze cautelari a carico ancora di Claudio Iannoli e Prencipe e del manfredoniano Renegaldo.
Che i due clan rivali di Vieste si siano scontrati per l’affare droga lasciando morti e feriti sull’asfalto, lo confermano indirettamente proprio due blitz antidroga: “Agosto di fuoco” riguardò la batteria Perna/Iannoli; mentre l’inchiesta “Neve di marzo” di Dda e carabinieri (primi 4 fermi il 7 agosto 2018, ulteriori 15 arresti il 23 ottobre 2019) fu incentrata sul clan Raduano, a cominciare dal boss Marco Raduano condannato in via definitiva a 19 anni per traffico di droga aggravato dalla mafiosità, latitante dal 24 febbraio scorso quando evase dal carcere di Nuoro dove scontava la pena.