Il clan Raduano nella sua vita quotidiana fatta di spaccio e di morte e della guerra con i rivali per il controllo dell’affare droga, nel racconto di uno degli appartenenti al gruppo. Le dichiarazioni di Orazio Coda, 33 anni, viestano, pentitosi nel 2022, entrano nel processo d’appello «Neve di marzo» a 21 imputati di traffico e spaccio di droga, armi, furto, ricettazione e incendio, senza bisogno di interrogarlo e controinterrogarlo; il sostituto procuratore generale di Bari e i difensori si sono infatti accordati per acquisire le rivelazioni di Coda, rinunciando quindi a sentirlo, come inizialmente chiesto dal procuratore generale.
I tre giudici della terza sezione della corte d’appello di Bari preso atto dell’accordo tra accusa e difesa hanno rinviato l’udienza di un mese per requisitoria del pg e arringhe dei difensori dei tre imputati collaboratori di giustizia: Coda, Danilo Pietro Della Malva e Giovanni Surano. Le arringhe proseguiranno a settembre dopo la pausa feriale, sentenza attesa entro l’autunno. In primo grado il gup di Bari il 19 ottobre 2021 al termine del giudizio abbreviato con conseguente sconto di un terzo della pena, assolse un imputato e condannò altri 22 a oltre 121 anni di carcere, con pene oscillanti da 10 mesi ai 18 anni inflitti proprio a Coda (pentitosi nei mesi successivi) accusato di traffico e spaccio, possesso di armi, furto in un noto hotel viestano, ricettazione d’auto. Contro quel verdetto c’è stato l’appello di 20 dei 22 condannati e della Dda contro l’unica assoluzione sancita dal giudice.
I 21 imputati sono accusati a vario titolo di 235 capi d’imputazione per fatti del 2017/2018: traffico di droga, per alcuni imputati aggravato dalla mafiosità per i metodi usati visto il ricorso alle minacce agli spacciatori che non si rifornivano dal gruppo Raduano; 220 episodi di spaccio di cocaina essenzialmente, ma anche hashish e marijuana; 5 contestazioni di possesso di armi; furto d’olio, latte e un trapano da un hotel viestano; ricettazione e incendio d’auto. Tra gli imputati anche il boss latitante Marco Raduano evaso il 24 febbraio scorso dal carcere di Nuoro dove scontava 19 anni per traffico di droga aggravato dalla mafiosità inflitti in via definitiva proprio in questa inchiesta; e il suo braccio destro Gianluigi Troiano, pure ricercato dopo essere scappato l’11 dicembre 2021 dall’appartamento di Campomarino dov’era ai domiciliari, e condannato in via definitiva a 9 anni sempre nella stessa inchiesta.
La prima fase del blitz «Neve di marzo» di Dda e Carabinieri del nucleo investigativo di Foggia scattò il 7 agosto 2018 col fermo di Raduano, Troiano e altri due viestani; il secondo atto è datato 23 ottobre 2019 con l’esecuzione di 15 ordinanze cautelari del gip di Bari su richiesta della Dda.
Le rivelazioni dei pentiti Della Malva e Surano erano arrivate già durante il processo di primo grado; successivamente si sono aggiunte quelle di Coda ora acquisite agli atti. Ha parlato del clan Raduano; della guerra con i rivali Perna/Iannoli (10 morti, 1 lupara bianca, 6 tentativi di omicidio tra gennaio 2015 e agosto 2022); dell’affare droga, soprattutto cocaina, al centro della rivalità; degli ordini impartiti da Raduano attraverso i suoi uomini più fidati; dei ruoli dei vari imputati, accreditando a se stesso il compito di rifornire di marijuana chi poi la smerciava al dettaglio.