È il leghista Roberto Calderoli a correre in soccorso dei pescatori pugliesi. Secondo il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, la legge che imponeva lo stop ai ricci per tre anni è competenza nazionale. E non regionale, così come previsto da Regione Puglia. La svolta è arrivata quando nel corso del Consiglio dei Ministri di giovedì è stato «deliberato di impugnare la legge della Regione Puglia «Misure di salvaguardia per la tutela del riccio del di mare», in quanto «alcune disposizioni, ponendosi in contrasto con la normativa statale, internazionale ed europea in materia di ambiente e mare violano l’articolo 117, secondo comma, lettere a) e s), della Costituzione». Il provvedimento era stato approvato il 28 marzo di quest’anno, diventando legge a partire dallo scorso 5 maggio.
LA NORMA APPROVATA
Poco meno di un mese fa è infatti entrata in vigora una norma che impedisce per tre anni «il prelievo, la raccolta, la detenzione, il trasporto, lo sbarco e la commercializzazione degli esemplari di riccio di mare e dei relativi prodotti derivati freschi». Questo non avrebbe significato l’impossibilità di trovare i ricci nei banchi pescheria. Avrebbe semplicemente impedito che ad essere acquistati fossero ricci pugliesi, così da permettere la ripopolazione. Nessun veto invece sui prodotti d’importazione. Come già chiarito dal Corriere del Mezzogiorno il 29 marzo, in occasione dell’approvazione della legge, i ricci presenti nelle pescherie di tutta la Puglia sono già in gran parte d’importazione. L’obiettivo era quello di poter tornare a contare su un prodotto a chilometro zero.