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VIESTE ANNI TRENTA – CRONACHE DI SCUOLA E DI VITA TRA LA PACE E LA GUERRA D’AFRICA (5)

Interventi del Comune in campo sociale e politico

Nonostante la guerra in atto in Africa, le iniziative del regime sul piano interno proseguono il loro corso. Il podestà di Vieste, su sollecitazione del prefetto, delibera di elevare a 1.000 lire il contributo per l’Vili campeggio dux.

Questa adunata annuale di migliaia di giovani a Roma è preceduta da una selezione a livello provinciale, detta predux. In pratica un precampeggio, che si svolge nel capoluogo di provincia; dunque per i nostri a Foggia. Si fa a gara per essere prescelti, chè non c’è posto per tutti.

Come altre iniziative, questa fa parte del progetto di mobilitazione di tutte le risorse della psicologia collettiva che il fascismo persegue per avvin­cere a sé i giovani. I quali vanno a Roma dalle città e dai più sperduti paesi a vivere per alcuni giorni un’esperienza paramilitare e, forse ancor più, per riempirsi gli occhi e il cuore della “Città Eterna” che, diversamente, qualcuno di loro potrebbe non avere altra occasione di vedere.

 A Roma, insieme con la visita al Colosseo, a S. Pietro, all’Altare della Patria e a qualche altra gloria monumentale, è d’obbligo andare all’avanspettacolo a godere di una rapida

illusione fatta di gambe femminili, di canzoni, di sketch comici nei quali si mettono in burla il Negus, gli inglesi flemmatici e lo zio Sam, simbolo ironico degli Stati Uniti. Tornando alle proprie città, i campeggisti cantano una canzone che è stata scritta per loro e che furoreggia tra gli adolescenti. La canzone narra con cadenza di filastrocca la vicenda amorosa-patriottica di “cinquanta avanguardisti (che) tornavan dal campeggio”, uno dei quali fa colpo sulla “giovane italiana che alla finestra stava” – ognuno ha la sua da immaginare – e fra ammiccamenti e scambievoli profferte di “doti”, si creano le premesse per il propagarsi della “razza dei balilla”.

Dunque il Comune versa un contributo di mille lire per consentire ai giovani viestani di partecipare al campeggio dux.

Mille lire: cosa rappresentano? Come stipendio rappresentano l’aspira­zione degli italiani. Fra qualche anno verrà proclamata coram populo con la canzone “Se potessi avere mille lire al mese”. Se ne comprende il valore se si guarda alle paghe correnti e al costo della vita. Gli impiegati del grado iniziale, al primo lavoro prendono 400 lire mensili, gli insegnanti elementari ntorno a 500; relativamente di più i gradi superiori dell’impiego, che arrivano sino a 1000/1300 lire. Meno di tutti guadagnano i lavoratori agricoli dipen­denti, gli operai giornalieri e quelli con compensi forfettari, che raramente superano la soglia delle 300 lire al mese. Va un tantino meglio per gli artigiani e i commercianti bene avviati. Così pure per i liberi professionisti. Stanno bene, ovviamente, i possidenti.

Sul fronte opposto, quello della spesa, in particolare quello dei generi alimentari, il costo della vita varia, talvolta anche sensibilmente, da una regione all’altra, da città a città. Gianfranco Venè, in Mille lire al mese, riporta i prezzi medi nazionali dei generi di più diffuso consumo. Ecco alcuni, per chilogram­mo: Pane 2 lire, carne bovina da 9 lire in su, patate 0,65, zucchero 6,30, caffè 32, un litro di latte 1,20, un pacchetto di 10 sigarette Nazionali 1,70.

Negli atti del comune di Vieste si possono leggere i prezzi di vendita delle derrate alimentari incluse nel cosiddetto “calmiere”, che viene fissato dal podestà ogni anno con apposita delibera. Ecco un campionario dei generi più conosciuti che qui si consumano, in gran parte di produzione locale, con i relativi prezzi per chilogrammo. Farina 2 lire, pane 1,70, formaggio pecorino 19, formaggio misto 17, caciocavallo 16. Carni bovine da 9,50 in su, capretto e agnello 7,50. Dei pesci indicati nella delibera adottata nel 1928, qui inserita, riportiamo, con il relativo prezzo al minuto, i seguenti: triglie 8 lire, quelle più piccole 5, merluzzi 8 e 5, sogliole 8 e 5, cefali 6,50, seppie 4, alici 5 e 3, sarde 3,50, sbarroni * 4 e 3,50, cicale 2,50, cozze di Taranto 2,50. Strana­mente il latte costa più della media nazionale: 2 lire al litro; peperoni e melanzane 1,25.

Si veda, nella pagina che segue, copia di una parte del calmiere richiamato nella delibera sopra riferita. Questi prezzi scenderanno negli Anni Trenta, forse in conseguenza della grande crisi del ’29, tant’è che di calmiere, da allora, non se ne parla più nelle deliberazioni comunali. Riprenderanno a salire dopo il 1936.

Dal rapporto retribuzione – spesa, secondo i dati di cui sopra, emerge la realtà del nostro basso tenore di vita, tanto più rimarchevole se confrontato con quello di oggi. Questo, però, ha radici in una situazione economica e culturale molto diversa, prodotta dal progresso tecnologico e da cambiamenti comportamentali anche rilevanti.

Date, dunque, le magre entrate familiari evidenziate prima, si spiega il darsi da fare delle persone che si trovano nella giusta condizione per guadagnarsi i premi nuziali e di natalità istituiti dal governo Peraltro, i maschi non sposati dai 25 anni compiuti ai 65 sono assoggettati ad una tassa, chia­mata per l’appunto “tassa sui celibi”. L’incoraggiamento a sposarsi giovani, e a fare più figli dà i suoi frutti. A chi aveva espresso qualche timore per l’aumento della popolazione, Mussolini aveva risposto “L’idea che l’aumento della popolazione determini uno stato di miseria è così idiota che non merita nemmeno l’onore di una confutazione. Bisognerebbe dimostrare che la ricchezza non nasce dal moltiplicarsi della vita, ma dal moltiplicarsi della morte”. Eppure, non è che di figli, in questi anni, se ne facciano pochi. Il figlio unico, per scelta, è una rarità. Si vede solo al cinema. Le famiglie, nella grande maggioranza, hanno da tre figli in su.

In ogni modo, il podestà di Vieste, in ottemperanza alla circolare con la quale il prefetto invita i comuni e gli enti della provincia a “concedere premi di nuzialità e di natalità a favore dei propri dipendenti con criteri analoghi a quelli in vigore per gli impiegati statali”, delibera quanto segue. “1° di stabilire i premi di natalità nelle seguenti misure: L. 300 per il primo figlio, L. 450 per il secondo, L. 750 per il terzo, L. 1.100 per il quarto, L. 2.000 per il quinto, L. 2.500 per il sesto; 2° di stabilire i premi di nuzialità nelle seguenti misure: L. 2.000 per gli impiegati e L. 1.500 per i salariati”.

Per farsi un’idea del potere d’acquisto della lira al tempo dei fatti qui narrati, si può dire con una certa approssimazione che è vicino a quello dell’euro, entrato in circolazione nell’Unione Europea nel 2002. Per quanto riguarda lo stipendio di mille lire al mese, mitizzato dalla canzone sopra ricordata, è ancora di là da venire.

* Note – Sbarrane, sarago sparagliene.

Una curiosità: nominale. Tra i pesci menzionati nella delibera, si legge “Palaie: è la voce dialettale delle sogliole, italianizzata. Di seguito ce n’è anche qualche altra.

L’economia – Il campo dei fagioli

Ma ci sono anche altre esigenze alle quali il Comune deve far fronte, relative ad un’altra realtà.

Il fascino dell’Africa, l’orgoglio dell’impresa, l’anelare al domani hanno fatto passare in second’ordine, ovattandoli, i grossi problemi interni che il regime al governo non riesce a risolvere, due su tutti: la disoccupazione e i bassi redditi. L’economia di Vieste e l’occupazione sono basate in gran parte sulla campagna. Principalmente sulla coltura dell’ulivo, molto estesa, e poi vigneti, orti, campi di grano. Ci sono pure piccole masserie che allevano bestiame da stalla e altre che curano la pastorizia negli 8.000 ettari di bosco che coronano il nostro territorio. A cui vanno aggiunti gli apporti, pur se modesti, dell’attività marinara (pesca e commercio praticato coi trabaccoli), dell’artigianato e delle piccole industrie locali. Sembrerebbe, e forse dovrebbe essere, un’economia di tutto rispetto, eppure la disoccupazione esiste, è un malessere costante che affligge il paese. Il fatto è che l’ulivo, che di tutto quanto avanti detto è la principale risorsa, porta il frutto un anno si e un anno no. L’anno di magra i lavoratori agricoli senza terra, e in parte anche i piccoli e talora i medi proprietari che non hanno altre rendite, devono fare grossi sacrifici per tirare avanti e arrivare alla stagione successiva. Talora debiti e cambiali. Nei momenti più critici, allo scopo di occupare l’esuberante mano d’opera disponibile, i Comuni spremono quel po’ di sugo che riescono a trovare negli anemici bilanci municipali, compilati con le ristrettezze del pareggio economico di rigore, e cercano di realizzare lavori di pubblica utilità.

Così si fa anche a Vieste. Ed è così che viene decisa un’opera che i giovani del paese reclamano da molti anni: la costruzione del campo sportivo.

Per non perdere tempo con le complesse procedure dell’esproprio del terreno o dell’acquisto a libera trattativa, se ne sceglie uno che è già di proprietà comunale: l’area ai piedi del castello normanno-svevo, nel centro storico. Quindi si ingaggiano gli operai e un muratore capomastro, si affida il controllo e la supervisione dei lavori a un vigile urbano, si pone mano all’opera.

La retribuzione giornaliera, uguale per tutti gli operai, è di mezzo chilo di fagioli più poche lire.

Nella grande fretta con cui si è fatto tutto, si è però dimenticato qual­cosa. Al progetto di massima non è seguito quello esecutivo; l’area prescelta è accidentata è in pendio, e non è stato definito nemmeno il piano del futuro campo di gioco.

I tecnici diranno che in siffatte condizioni è impossibile portare a compimento alcunché di concreto e di valido. Ma la tecnica cede al mito, e sulla eletta balza erbosa, destinata a sintesi di due temi seducenti, il lavoro e lo sport, si rinnova il mito di Sisifo. Gli operai, divisi in squadre, sterrano un giorno a destra e colmano a sinistra, e un altro giorno tolgono sopra e trasportano sotto; ma poi spunta il dubbio che così non vada bene e allora si fa ricaricare il materiale già spostato e gli si trova una nuova destinazione. Il dubbio rispunta ancora e si è daccapo., o quasi, avanti e indietro per circa un mese. Finché la somma stanziata dal Comune è tutta spesa. Finisce il lavoro.

Gli operai che in gran parte avevano fatto domanda per andare in Africa Orientale, cominciano a partire.

Del campo sportivo immaginato resterà solo l’ironico soprannome: il campo dei fagioli

ludovico ragno 2006

5 – CONTINUA