Lo smercio di cocaina gestito dal carcere con telefonini. «Questa indagine riguarda lo spaccio di droga su Vieste: Enzo Miucci, soggetto di spicco della criminalità organizzata, aiutato dal suo braccio destro Matteo Pettinicchio e da Claudio Iannoli suo referente nel centro turistico, si serviva dei fratelli Davide e Mario Carpano per organizzare il narcotraffico nel Viestano». Così il gip di Bari Alfredo Ferrara sintetizza l’inchiesta di Dda e carabinieri sfociata 48 ore fa nell’arresto dei 5 garganici: i primi tre già detenuti per altro, destinatari di ordinanze in carcere; gli ultimi due posti ai domiciliari. Sono accusati di concorso in detenzione di un etto di cocaina (in concorso con Mario Monaco che fu arrestato in flagranza il 4 marzo 2021 con condanna in appello a 2 anni e 8 mesi) aggravato dalla mafiosità per aver agito per agevolare il clan Libergolis-Miucci, “permettendone l’operatività malgrado la detenzione dei suoi vertici, consentendo di continuare a mantenere il controllo sul narcotraffico a Vieste e beneficiare dei relativi introiti”. A Miucci, Pettinicchio (entrambi di Monte Sant’Angelo) e Iannoli la Dda contesta anche il reato di “accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aver cioè avuto a disposizione cellulari mentre erano rinchiusi in cella, sempre aggravato dalla mafiosità. All’epoca dei fatti, primi mesi del 2021, Miucci e Iannoli erano compagni di cella a Terni; Pettinicchio era in carcere a Lanciano; e Davide Carpano ai domiciliari.
Dai colloqui intercettati emerge “chiaramente la gerarchia: Miucci al di sopra di Iannoli si fa annunciare da quest’ultimo che per suo conto contattava Carpano: quando poi il telefonino fu passato a Miucci, questi chiese all’interlocutore” prosegue l’atto di accusa “l’andamento dell’attività di spaccio per poi accertarsi che avesse avuto contatti con Pettinicchio. Dialogo condotto con linguaggio criptico e evasivo, in quanto gli interlocutori non menzionarono mai in modo esplicito il reale oggetto della conversazione, ma entrambi capivano immediatamente il significato di ogni frase”.
All’indomani del colloquio del 9 febbraio tra il boss dei Libergolis e Carpano, Miucci e Pettinicchio detenuti in due carceri diversi “si sentirono al telefono per aggiornarsi con riferimento a Carpano”. Ecco alcuni stralci del colloquio. Miucci: “Gli hai detto di dire quanto ti deve dare?”. Pettinicchio: “Si, a quanto siamo rimasti, che era rimasto con te, sei e mezzo: facciamo una cosa faccio tre parti”. Miucci: “Meglio ancora bravo”. In altri colloqui intercettati i due amici detenuti si raccomandavano prudenza sull’uso di telefonini dal carcere. Miucci: “Ma tu ogni tanto le schede le cambi?”. Pettinicchio: “Prima le ho cambiate, ora solo con te mi sto sentendo; io non mi sento con nessuno, compà”.
I contatti e i messaggi tra Miucci e Carpano proseguirono e l’attenzione dei carabinieri su focalizzò su Mario Monaco, pedinato, fermato per un controllo il 4 marzo 2021, e arrestato in flagranza per il possesso di 100 grammi di cocaina. Venne anche sequestrato un biglietto scritto a mano: “dalla prossima volta non parlare al telefono: ci vediamo dove sei venuto l’altra volta, facciamo vecchio e nuovo, mi porti i soldi e io ti porto il servizio; ha detto il tuo amico: mi raccomando, avvisa 2 giorni prima, brucia tutto”.
Per l’accusa, l’arresto in flagranza di Monaco è una conferma del coinvolgimento nello spaccio dei cinque garganici ora destinatari delle ordinanze cautelari; il biglietto sequestrato “manifesta il progetto a lungo termine” ideato dagli indagati, annota il gip. Che sottolinea come un’ulteriore “conferma del coinvolgimento degli indiziati emerga da altre conversazioni in cui Iannoli e Mario Carpano commentarono quanto successo a Monaco e si dolevano del fatto di essere stati scoperti subito”. Infatti Iannoli informandosi delle modalità dell’arresto (“Ma dov’è stato dentro Vieste o in campagna? Sono andati i carabinieri o la polizia?”) commentò: “hai capito, nemmeno ci hanno fatto iniziare”.