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VIESTE/ GIOVANNI IANNOLI TENTÒ DI UCCIDERE IL BOSS RADUANO NELLA GUERRA CON 10 MORTI. RESPINTO IN CASSAZIONE IL RICORSO PRESENTATO DALL’IMPUTATO E DAL CUGINO CLAUDIO

Fu Giovanni Iannoli, viestano di 37 anni del clan Perna/Iannoli, a cercare di uccidere il 21 marzo 2018 il compaesano Mar­co Raduano, boss dell’omonimo gruppo, nella guer­ra che a Vieste da gennaio 2015 a agosto 2022 ha contato 10 morti, 1 lupara bianca e 6 agguati falliti; mentre per il cugino Claudio Ian­noli, 47 anni, si dovrà ricelebrare il processo d’appello. E’ quanto de­ciso dalla prima sezione della Cas­sazione sul ricorso presentato dai due cugini contro la sentenza della corte d’appello di Bari del 5 mag­gio 2022, che inflisse 14 anni e 6 mesi a testa ai due imputati di tentato omicidio premeditato e ag­gravato dalla mafiosità e armi. Ra­duano è latitante dal 24 febbraio scorso quando evase dal carcere di Nuoro dove scontava 19 anni per traffico di droga e armi aggravati dalla mafiosità. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ri­corso di Giovanni Iannoli difeso dall’avv. Berardino Arena, e reso definitiva la condanna; annullata con rinvio, il che significa che si dovrà rifare il processo d’appello, la condanna del cugino Claudio come chiedevano gli avv. Salvatore Vescera e Fran­cesco Aricò. Il pg chie­deva l’inammissibilità di entrambi i ricorsi.

I cugini Iannoli per il ferimento di Raduano furono arrestati il 3 giu­gno 2019 nell’operazione “Scacco al re”, su ordi­nanze notificate in cella:, sono detenuti dal 21 ago­sto 2018 per il blitz antidroga “Agosto di fuo­co” con condanna a 20 anni a testa diventata de­finitiva lo scorso 31 maggio. Tre killer con mitra e fucile la sera del 21 marzo 2018 esplosero almeno 7 colpi mentre Raduano rincasava: ferito a braccia e gambe, si rifugiò in casa del suocero e si salvò. Se­condo Dda, carabinieri e squadra mobile i cugini Iannoli presero parte alla sparatoria con Giancar­lo Pecorelli ammazzato il 19 giu­gno 2018 da killer rimasti impu­niti, e su mandato di Girolamo Perna ritenuto a capo dell’omo­nimo gruppo, ucciso il 26 aprile 2019 dopo essere già sfuggito a due agguati, tutti a opera di ignoti.

Decisive le intercettazioni: Gio­vanni Iannoli parlando con cono­scenti e familiari ammise d’aver ferito Raduano: “prima comanda­va Marco, gli ho sparato, adesso voglio comandare io; non è morto e siamo rivali”. Giovanni Iannoli nel processo abbreviato dal gup di Bari (il 23 marzo 2020 inflisse 14 anni e 6 mesi a testa ai cugini, verdetto confermato in appello) confessò d’aver sparato a Raduano, disse d’aver agito col defunto Pecorelli, negò che l’agguato fosse collegato alla guerra di mafia, so­stenendo che voleva vendicarsi per essere stato pestato da Radua­no e Perna.