I libri scolastici
Il libro sussidiario e quello di lettura ogni anno sono uguali in tutte le scuole d’Italia. Ne cito due “Il balilla Vittorio” per la 5A maschile e “Amor di Patria” per la 5A femminile. I titoli ne lasciano immaginare il contenuto. Per la letture dell’insegnante è stato compilato da Luigi di S. Giusto un opuscolo intitolato “Piccolo decamerone del fascista”. Per gli scolari si pubblica settimanalmente il giornale “Il Balilla”. Ma sono pochi i ragazzi che lo comprano. Al loro posto si fanno un dovere gli insegnanti di comprarne una copia alla settimana, così, senza scomodare la tasca di nessuno, si tengono informati e a loro volta possono informare.
Assai più letto del “Balilla” è invece “Topolino”, il famoso sorcetto nero creato negli anni della grande crisi economica da un americano di genio, Walt Disney, un Esopo in chiave moderna. Altri giornali che godono il favore dei ragazzi sono “Cino e Franco”, e poi i fumetti che raccontano le avventure interplanetarie di Gordon Flash con la bella Dale e il dottor Zarro, quelli del mago “Mandrake genio del bene, in perenne lotta con un genio del male che si chiama Cobra, e ancora quelli che raccontano le imprese dell’”Uomo Mascherato”, vindice dei deboli e giustiziere nella foresta africana.
Il balilla – L’Opera Nazionale Balilla
Il 5 dicembre i maestri ricordano alle scolaresche il gesto di “Balilla”, il “ragazzo di Portoria”, elevato a simbolo del coraggio di tutti i ragazzi d’Italia per via della pietra scagliata il 5 dicembre 1746 contro gli austriaci che avevano occupato Genova, dando inizio alla rivolta che li cacciò dalla città. Non si sa bene perché quel ragazzo che si chiamava – sembra – G. B. Perasso fosse soprannominato “balilla”; sta di fatto che esercitava un forte fascino. Una cronaca: ”In classe ho parlato alle mie Piccole Italiane dell’Opera Nazionale Balilla, che veramente è la più geniale creazione del Governo Fascista. Ho parlato della legge costitutiva e dei fini che si propone (educazione militare e ginnico-sportiva, educazione culturale, azione assistenziale) e dell’ organizzazione amministrativa”.
Segue, in data 16 dicembre, una notizia sull’avanzata delle nostre truppe in Etiopia, telegrafica: “Il paese è tutto imbandierato per l’occupazione di Dessiè”.
Le sanzioni
Questa parola è come uno squillo di tromba che chiama gli italiani a raccolta contro inglesi e francesi. A parte lo sdegno, o l’ingenuità della buona maestra per quei “misteriosi accordi” tra Francia e Inghilterra, l’accenno al tentativo in atto di affamare l’Italia è il refrain del momento. Lo si ascolta nei discorsi e nei commenti della gente, si legge sui giornali e anche nei registri degli insegnanti. Il 10 ottobre, a Ginevra, 52 Stati membri della Società delle Nazioni, avevano votato l’applicazione di sanzioni economiche all’Italia, giudicata colpevole di deliberata aggressione all’Etiopia. Avevano espresso voto contrario l’Austria e l’Ungheria e non avevano votato cinque Stati, tra cui Stati Uniti e Germania. L’efficacia del provvedimento entrato in vigore il 18 novembre, è di scarso rilievo, perché – come si vede – non l’applicano tutti gli Stati e alcuni altri l’applicano in modo incompleto. Per esempio l’Inghilterra, promotrice delle sanzioni, continua a lasciar passare attraverso il canale di Suez il petrolio necessario all’esercito italiano impegnato nella guerra contro l’Etiopia. Ciò nondimeno, queste sanzioni appaiono come il colmo dell’ingiustizia perpetrata da Inghilterra e Francia, due Paesi che fanno i moralisti contro l’Italia, mentre si tengono ben stretti i loro vasti imperi coloniali in Africa e in Asia.
Il 18 novembre è dichiarato “giorno d’ignominia e d’iniquità nella storia del mondo” e il Gran Consiglio del Fascismo decreta di “scolpire nelle case dei Comuni una pietra a ricordo dell’assedio perché resti documentata nei secoli l’enorme ingiustizia”. Ne viene stabilito anche il tipo e la dimensione. La targa di marmo di Carrara murata sulla facciata principale del municipio di Vieste, al corso L. Fazzini, viene pagata 850 lire. Verrà rimossa dopo l’arrivo delle truppe alleate in Italia, nel 1943, e riposta in un locale del Comune.
Ecco come tre insegnanti spiegano le sanzioni alle rispettive scolaresche:
Una: “Stamani ho detto alle mie alunne che il popolo italiano ha innalzato tutte le sue bandiere come segnale di combattimento contro le inique sanzioni. La nostra resistenza dovrà essere tenace e implacabile. Non ho trascurato di dire che tutto deve subire una revisione: l’alimentazione, il vestiario, l’arredamento della casa; che occorrerà condurre una vita semplice e austera come quella delle nostre nonne; che si dovrà eliminare tutto quanto sia di produzione degli Stati sanzionasti”.
Due: Più contenuta, discreta è la nota di quest’altra maestra, cattolica osservante, la quale osserva e giudica con un certo distacco.“Poiché se ne parla da tutti e in ogni luogo – ella scrive – ho voluto che anche le mie alunne
ne comprendessero il significato e la portata. Ho spiegato che le sanzioni sono una specie di misura punitiva contro l’Italia, ritenuta, a torto, provocatrice del conflitto con l’Abissinia. Ho detto che le sanzioni costituiscono un assedio economico della nostra Patria, che si vorrebbe indebolire e intimorire privandola di ciò che è necessario alla vita di un popolo: carbone, alcuni generi alimentari e materie prime. Perciò il Governo Fascista, nella sua saggia previdenza, ha deciso l’applicazione di antisanzioni, e cioè: l’Italia non comprerà dalle nazioni che non comprano da noi, e nulla venderà a quelle che non vendono a noi. Così alle sanzioni, che sono una cosa iniqua, l’Italia risponde con mezzi onesti”.
Tre: Ho letto il giornale in classe ed ho fatto comprendere la gelosia e la cattiveria dell’Inghilterra, della Francia, della Russia e di tutti gli altri Stati che chiudono all’Italia le vie commerciali per impedirle di conquistare l’Africa Orientale e liberare migliaia e migliaia di poveri schiavi. Ebbene, noi, tutti gli italiani, strettamente uniti intorno al nostro Duce rispondiamo con orgoglio: Noi tireremo dritto’, sapremo sacrificarci e vivere coi soli prodotti italiani. Gli animi dei piccoli battevano all’unisono col mio e sentivamo disprezzo per i prodotti esteri e odio verso coloro che vorrebbero ostacolare il cammino della nostra Patria verso la grandezza”.
Disprezzo, odio, “parole grosse, difficile da credere veramente sentite, sembrano piuttosto espressione di una rabbia antisanzionista gonfiata, conformista. Vista con gli occhi di oggi, una cosa appare comunque evidente: la parte degli assediati intrepidi, capaci di resistere validamente, agli italiani piace a non finire. Mussolini e il suo stato maggiore hanno di che essere soddisfatti, perché tale stato d’animo viene ritenuto un efficace stimolatore alla formazione di quel costume di vita severo, di stampo romano tipo madre dei Gracchi, di cui egli si è fatto banditore sin dagli inizi. Peraltro è un’idea corrente tra moralisti antichi e moderni che il benessere corrompe e le privazioni rafforzano il carattere dell’uomo. Non aveva detto Machiavelli che gli uomini compiono le loro gesta più grandi in stato di necessità?
Ordini ministeriali dispongono che i ristoranti non debbano servire più di un piatto di carne o di pesce per pasto. In realtà, forse nessuno, anche prima, mangiava normalmente più di tanto. Tanto meno nelle famiglie. Qui, nei nostri paesi del Sud, a pranzo il secondo era di casa solo per la limitata schiera dei benestanti. Tutti gli altri potevano permetterselo solo nelle feste grandi. Qualche volta anche la domenica. I ragazzi conoscevano per colazione soltanto pane e pomodoro, magari con una croce di olio sopra. Così tutti i giorni, senza stufarsi mai, sia al mattino prima di andare a scuola che nel pomeriggio quando escono per andare a giocare in strada con i compagni.
ludovico ragno 2006
7 – CONTINUA