Daniela Santanchè, ministro del Turismo: le previsioni di giugno per la stagione estiva erano particolarmente positive, con un movimento di 68 milioni di visitatori, di cui 35 milioni stranieri. Ad agosto non è difficile prevedere una ulteriore impennata. Soddisfatta?
«Sono entusiasta dei numeri positivi che stiamo ottenendo nel 2023. In attesa dei risultati definitivi, che avremo a fine stagione, l’Italia è la prima tra le destinazioni turistiche più ricercate, vincendo la sfida con Spagna e Francia, segnando un +21% sulle ricerche on line rispetto al 2022. Questi dati dicono che è possibile far crescere il turismo – che oggi rappresenta, tra diretto e indiretto, il 13% del Pil nazionale – quale motore dell’economia italiana. Altra informazione che arriva da questi dati è il grande ritorno degli stranieri, che hanno tanta voglia d’Italia segnando un +4% rispetto al 2023, in particolar modo verso le città d’arte che incarnano l’identità delle nostre tradizioni artistiche e culturali, con Roma che si conferma la città più amata dai turisti europei, davanti a Madrid e Parigi».
Quindi hanno funzionato le campagne pubblicitarie?
«Si! La campagna “Open to meraviglia” ha contribuito a rafforzare l’immagine e la percezione dell’Italia all’estero. Ma non basta. È necessario, infatti, approcciare il comparto turistico in un modo trasversale e integrato, come abbiamo previsto nel Piano strategico del turismo 2023-2027, che è per una visione industriale che porta allo sviluppo e alla crescita del settore. Ogni segmento del turismo non si può pensare slegato dagli altri, ognuno è strettamente connesso e quindi influenza ed è influenzato da tutti gli altri».
Gli stranieri scelgono le città d’arte oppure la vacanza al mare?
«Scelgono l’Italia. Abbiamo dati positivi su tutte le tipologie di turismo. Non parlerei solo di mare e città d’arte, da sempre nostri fiori all’occhiello, ma anche di montagna dove, il dato che risalta è il crescente numero di turisti stranieri – perlopiù tedeschi, francesi, ma anche inglesi e americani, che sono generalmente “altospendenti” – che la scelgono anche in estate. Questo è un ottimo segnale nell’ottica della destagionalizzazione e della diversificazione dell’offerta turistica che rappresenta un potenziale incremento della spesa turistica. Proprio per questo il ministero del turismo ha da poco stanziato 30 milioni di euro per incentivare interventi di valorizzazione delle imprese appenniniche».
I costi dei trasporti internazionali hanno avuto una impennata, per cui gli italiani scelgono l’Italia. Scelta solo economica o anche culturale?
«È ancora presto per dirlo, ma non c’è dubbio che la pandemia abbia cambiato le cose, siamo stati impossibilitati a muoverci per anni, ma l’effetto è stato quello di una nuova consapevolezza del valore del viaggio, da quel momento è cresciuta la voglia di vivere l’Italia, anche nei luoghi lontani dai circuiti classici del turismo, ma non per questo meno identitari e affascinanti, facendo crescere, le presenze turistiche italiane, nei primi 5 mesi dell’anno, del 15% sul 2022. Prendiamo i borghi, una specificità italiana che offre una vera e propria esperienza ricercata sempre di più dai turisti, sia italiani che stranieri; qui il turismo diventa un aiuto contro lo spopolamento e un’opportunità per i giovani in cerca di lavoro. Su questo il Ministero sta lavorando con il fondo per la valorizzazione dei piccoli Comuni a vocazione turistica che è finanziato con 34 milioni di euro».
I costi dei trasporti, l’inflazione, pesano sui bilanci familiari. Quali interventi intende intraprendere il governo per mitigare questi effetti negativi?
«Il governo ha scelto di intervenire, sin dal primo momento, per abbassare i costi per famiglie e imprese, anche attraverso un’azione sinergica dei Ministeri coinvolgendo tutti gli attori interessati – grande distribuzione, commercianti, esercenti e produttori, associazioni di consumatori – affinché l’inflazione non diventi strutturale. Tanto che nel mese di giugno abbiamo assistito a una decelerazione dell’inflazione. A questo vanno aggiunti gli elementi di incentivo alla crescita del potere di acquisto come i due tagli al cuneo fiscale e la “social card”, entrambi interventi a valere sui redditi mediobassi. Per il turismo, a parte il caro-voli su cui stanno agendo i colleghi Urso e Salvini, il dato dell’inflazione è inferiore, rispetto ad altri, del 16,2%».
Il Sud è meta privilegiata dei flussi. Napoli vive una stagione turistica di intenso benessere perché offre arte, natura e gastronomia. C’è un modello partenopeo del turismo?
«Non mi piace parlare di un modello partenopeo o comunque di un modello locale in generale, quanto invece del modello Italia. È vero, Napoli sta vivendo un momento particolarmente florido dal punto di vista economico, trainato dal boom turistico, che già nei primi sei mesi del 2023 ha visto raggiungere un livello di occupazione delle camere pari a quello del 2019. Ma noi dobbiamo promuovere l’Italia nella sua interezza. E per farlo, è indispensabile rendere tutte le Regioni del Sud altamente competitive, in termini di infrastrutture e investimenti, rilanciando il partenariato tra pubblico e privato che molto spesso ha mostrato delle crepe funzionali. In questo, lo strumento essenziale che può tornarci utile è il Pnrr, il quale – stando ai recenti studi di Svimez – se sfruttato al suo massimo potenziale, permetterebbe finalmente al Sud di chiudere il divario di crescita con il nord. Dal canto nostro, il Ministero del turismo sta pensando a un piano, ossia a un insieme di misure dedicate al Meridione, orientato a incrementare gli standard qualitativi dell’offerta turistica rendendola così ancor più attrattiva per i mercati stranieri».
Il Salento negli ultimi decenni ha vissuto una fase di crescita impetuosa. Invece, per il mese di luglio i gestori dei lidi hanno denunciato un calo del 20% delle presenze, con 30 milioni in meno di introiti. Un caso isolato e contingente, oppure il segnale che il modello del turismo «mordi e fuggi» non regge più?
«Il modello “mordi e fuggi” non è contemplato nel nostro piano industriale, che invece, come accennavo prima, è incentrato su una policy che deve rendere il turismo strutturale e appetibile in qualsiasi periodo dell’anno. È proprio l’assenza di una adeguata programmazione e di politiche lungimiranti che porta a risultati altalenanti, con fisiologici alti e bassi, che inevitabilmente si ripercuotono su imprese, famiglie e territori. Comunque sia, per giudicare con maggior cognizione di causa l’andamento del turismo in Puglia, bisogna attendere i dati definitivi che si avranno a fine anno».
In compenso, però, i costi di ombrelloni e di una frisella, come emerge da numerose inchieste giornalistiche, sembrano essere fuori mercato. Alcuni imprenditori sostengono che i prezzi alti servono a selezionare la clientela, creando un turismo di vip. Il Salento come Capalbio, quindi. Può essere questa una via d’uscita?
«Paragoniamo il mercato del turismo ad un altro mercato che ci rende famosi nel mondo: la moda. Esistono vari tipologie di negozi e di abbigliamento, i capi del fast fashion, del lusso, del sartoriale, dell’artigianale delle piccole botteghe ed altre tipologie ancora. Per questo è importante avere un piano industriale tanto nazionale quanto locale, che consenta di cambiare, quando è il momento, ma anche di mantenere la barra a dritta quando necessario».
corrieredelmezzogiorno