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«CAFFÈ IN GHIACCIO», IL MUST DELL’ESTATE PUGLIESE: MA PER DUE CUBETTI SI PAGANO ANCHE 50 CENTESIMI IN PIÙ. GLI ADDETTI AI LAVORI:  «CI SONO COSTI CHE I CLIENTI NON CONSIDERANO»

L’estate 2023 è l’estate delle polemiche sul caro prezzi e sugli aumenti degli scontrini per gli italiani: dal sovrapprezzo per la divisione a metà dei toast e delle crepes, alla differenza di 10 centesimi per il cappuccino senza la schiuma, fino ai 50 centesimi in più per un caffè al ghiaccio rispetto ad un caffè normale. In Puglia il «caffè in ghiaccio» è ormai un must have dell’estate, con tutte le sue varianti: macchiato in ghiaccio, caffè leccese (caffè tipico del Salento, con ghiaccio e sciroppo di mandorla). 

Ma perché un caffè con un «banale» cubetto di ghiaccio costa fino a 50 centesimi di più? Parlando con baristi e titolari, la risposta è quasi sempre la stessa: «Dietro quel cubetto di ghiaccio ci sono dei costi che i clienti non considerano». Il titolare del Divino caffè di Capurso, Giacomo Squillace spiega: «Con il ghiaccio si paga il servizio che si dà, è un “costo di gestione”. Bisogna considerare non solo il cubetto, ma anche il bicchiere, la macchina ghiaccio e, di conseguenza, l’elettricità. Da noi nessuno si è mai lamentato, perché di solito è ovunque così, Rimini, Bologna, Milano. È un servizio extra perché non diamo solo una tazzina e un cucchiaino, ma c’è il costo materiale del bicchiere, che più viene lavato e più si usura quindi poi è da buttare. Noi, ad esempio, teniamo molto alle condizioni dei bicchieri, che vengono costantemente sostituiti se risultano rovinati. È un servizio che si paga». Ma non è tutto, infatti, aggiunge il titolare del Bar Primavera di Mola di Bari: «Il ghiaccio che viene utilizzato non è quello che facciamo tutti in casa, ma è un cubetto prodotto da un macchinario. Ce ne sono alcuni che producono un chilo ogni mezz’ora, mentre altri addirittura due/tre chili. Dipende dalla tipologia, ma è un costo che va coperto, ed è da qui che arriva il sovrapprezzo».