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VIESTE/ L’UMILIANTE RACCONTO DEL CALVARIO VISSUTO DA SUO PADRE, 76ENNE AFFETTO DA MORBO DI PARKINSON.

Nell’ultimo anno le sue condizioni di salute si sono ulteriormente aggravate: “Gli è stata riscontrata la demenza senile. A oggi non è più autosufficiente e può muoversi solo su una sedia a rotelle”.

La donna racconta che al padre non è stata riconosciuta l’indennità di accompagnamento, motivo per il quale è stata avviata una causa affinché gli venissero riconosciuti i propri diritti: “Mio padre è assistito da una badante regolarmente contrattualizzata, ma le spese per le cure sono di gran lunga superiori alla pensione da lui percepita alla quale si aggiunge quella di mia madre“.

A un anno dall’inizio della causa, la famiglia viene convocata a Foggia da un Ctu. E qui cominciano i problemi, perché le condizioni di salute dell’uomo rendono complicato il viaggio dal comune garganico al capoluogo: “Abbiamo fatto notare la situazione, ma prontamente ci è stato consigliato l’utilizzo – a nostre spese – di una ambulanza. A malincuore abbiamo optato per un trasporto in auto. Vieste dista da Foggia circa 100 km, con un primo tratto tortuoso e insidioso. Il tempo di percorrenza supera l’ora“.

Numeri che vanno raddoppiati in considerazione del viaggio di ritorno. Arrivati a Foggia, l’uomo e i suoi familiari si recano presso la struttura del Ctu in via Conte Appiano, riscontrando subito le prime criticità: “Ci siamo trovati una rampa di scale per accedere all’ascensore all’interno del quale non avremmo potuto far entrare la sedia a rotelle di mio padre. Abbiamo fatto notare le difficoltà a raggiungere lo studio – situato al primo piano -, ma di tutta risposta gli addetti ci hanno risposto che non fosse un loro problema e che il Ctu non poteva “visitare” un malato nel pianerottolo. Pertanto, se mio padre non avesse raggiunto l’ufficio, il Ctu avrebbe notificato il mancato controllo al giudice”.

Non avendo altre soluzioni, si profondono tutti gli sforzi per raggiungere il primo piano: “Abbiamo utilizzato una sedia ‘gentilmente’ offertaci dal Ctu e quando abbiamo fatto notare l’inadeguatezza della struttura per casi simili a quello di mio padre, siamo stati aggrediti verbalmente. Sembra quasi che il riconoscimento di un diritto a un malato venga fatto passare come una cortesia ricevuta per la quale bisogna prostrarsi”.

Il rientro a casa è stato all’insegna della frustrazione: “Siamo tornati con la morte del cuore. Possibile che per vedersi riconosciuto un diritto si debba costringere un anziano disabile a viaggi estenuanti per raggiungere strutture inadeguate e con un personale privo di umanità ed empatia? Possibile che uno uomo come mio padre, e sicuramente tanti altri, che riceve la riabilitazione a casa perché in difficoltà a muoversi non possa ricevere un controllo a casa affinché venga verificata la sua reale situazione?”, lo sfogo della figlia dell’anziano, che vuol farsi portavoce anche di altre persone che vivono una situazione simile alla sua: “Spero che chi di competenza possa una volta per tutte venire incontro alle tante famiglie bisognose che oltre al dramma della malattia vivono la tragedia dei disservizi e le umiliazioni per ciò che dovrebbe essere un diritto”.