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CRISI FINALE: ENTRO 15 ANNI TUTTA LA CAPITANATA SARÀ CONDANNATA A UN DECLINO IRREVERSIBILE. PERCHÉ L’ETÀ MEDIA SARÀ DI 48 ANNI E PER OGNI LAVORATORE CI SARÀ UN PENSIONATO

Abbiamo applicato, date le attuali condizioni economiche, demografiche e sociali della città e del territorio, l’algoritmo che determina il punto di non ritorno, ovvero l’anno nel quale si raggiungono contemporaneamente due valori che condannano una città, un territorio e un Paese ad un declino irreversibile, dove ogni speranza di crescita eco­nomica endogena e di sviluppo sociale sono per sempre com­promessi (rapporto lavoratori su pensionati pari a uno ed età media della popolazione intorno ai 48 anni). Cominciamo con una fotografia del presente.

Considerando la città di Manfredonia, il Gargano e l’intera pro­vincia di Foggia il paesaggio che si vede è quello di un dramma­tico declino che preclude alla decadenza. La tabella riportata evidenzia dati sconcertanti. I comuni più “ricchi” risultano Fog­gia, San Giovanni Rotondo e Monte S. Angelo con un reddito medio annuo per abitante tra 11.500euro e10.000 euro, comuni nei quali prevale fortemente il lavoro dipendente pubblico. Di contro Cerìgnola, il paese con la più alta incidenza industriale, risulta il più povero con un reddito medio annuo di 7.500 euro.

Il dato che sconcerta di più è quello dei comuni a vocazione tu­ristica (Vieste, Peschici, Mattinata, Rodi Garganico) i quali re­gistrano addirittura redditi medi annui tra 9.000 euro e 8.200 eu­ro (Vieste e Peschici) e inferiori a 10.000 euro (Manfredonia, Mattinata e Rodi). Il modello utilizzato – che prende a riferimento principale il rapporto tra lavoratori e pensionati, i lavoratori pros­simi alla pensione nei 5 anni a venire e i lavoratori prossimi alla pensione nei successivi cinque anni, l’età media della popola­zione, il tasso di emigrazione e di immigrazione e il tasso medio di crescita dell’occupazione – ci dà risultati apocalittici per que­sto territorio.

I paesi dei Monti Dauni sono già condannati alla desertificazio­ne, mentre tutti gli altri raggiungeranno il punto di non ritorno progressivamente nei prossimi 15 anni. In dettaglio i comuni at­tuali con il più alto indice di “depressione e decadimento” sono Vico del Gargano e Monte S. Angelo pari a 0,77 (punto di non ri­torno anno 2025); seguono Mattinata, Lucera e San Marco in Lamis con un indice pari a 0,72 (punto di non ritorno anno 2029), Apricena, Manfredonia 0,64 (punto di non ritorno 2030). A se­guire tutti gii altri, come mostra la tabella.

Ovviamente, l’algoritmo del modello non tiene conto di nessun valore correttivo derivante da azioni virtuose che possono met­tersi in campo nel futuro. Allo stato non si intravedono soluzioni politiche e quelle in atto non sono all’altezza, anzi peggiorano il quadro. La grande domanda da porsi è cosa occorre per affron­tare con radicalità un cambiamento capace di invertire la rotta. L’attuale classe politica e dirigenziale è incapace, i dati esposti lo certificano e non sembra nemmeno avere un’ambizione tra­sformativa e propulsiva.

Ecco perchè bisogna cambiare la classe dirigente e credo an­che che questo (se non quando?) sia il momento della tempe­sta. Sono perfettamente consapevole che non è facile, ma lo scenario descritto impone discontinuità totale e radicale altri­menti l’algoritmo avrà ragione sulle capacità delle persone di poter invertire la drammatica traiettoria attuale. Cosa fare allo­ra? Quali i passi per affrontare e vincere la sfida? La mia ormai trentennale esperienza di manager, economista di impresa (che ha studiato le dinamiche economiche territoriali dal dopo­guerra ad oggi) e di imprenditore mi portano a dire che non è ve­ro che le grandi trasformazioni sono spesso associate a una persona di grande visibilità, la soluzione alle grandi sfide sono sempre associate ad una coalizione guida forte che abbia la composizione giusta, che goda del giusto grado di fiducia e ab­bia un obiettivo condiviso.

Bisogna costruite un team di persone giuste in grado di dirigere uno sforzo di cambiamento radicale.

Le caratteristiche chiave che dovranno avere sono: potere di persuasione per coinvolgere figure di primo piano; expertise multidisciplinare per guardare i problemi da diversi punti di vista e per prendere decisioni informate ed efficaci; credibilità e buo­na reputazione, ciò che si dice deve essere credibile; leadership diffusa con un numero di persone in grado con le loro compe­tenze di poter guidare i processi di cambiamento; evitare di coin­volgere persone con un ego grande da riempire la stanza che non lasciano spazio ad altri e i serpenti, persone che creano dif­fidenza da stroncare il lavoro di squadra.

A monte di tutto ciò c’è una visione e una strategia da comuni­care. In altre parole, per vincere decadimento e declino sono necessarie persone che incoraggino le comunità di apparte­nenza a saltare nel futuro, che le aiutino a vincere i timori, le dif­fidenze, le rassegnazioni, le illusioni tradite.

Basta con i chiacchieroni che non portano a nulla, con chi si compiace e pensa solo ai propri interessi, che ignora l’impor­tanza che ha la sua azione sulle vite delle persone. Abbiamo bi­sogne di persone giuste, che abbiano le qualità descritte. Il gran­de dubbio che ho è se si riuscirà a trovarle.

L’altra incertezza che mi angoscia è se vale l’equazione che in democrazia abbiamo i politici che ci meritiamo.

Non ho risposte a queste domande, le cerco continuamente e avrei un gran bisogno di aiuto da parte di chi mi legge, vorrei es­sere rassicurato. Di una cosa sono certo: in democrazia come nella vita il rapporto tra causa ed effetto è ineludibile e la politica non fa eccezione, se non curi gli interessi del popolo che rap­presenti lo perdi.

Il problema vero che negli ultimi decenni non vi è traccia di po­litica attenta e preparata al bene comune. Voglio credere che riusciremo a trovare le persone giuste, quelle in grado di definire quali sono i problemi e risolverli con metodi e soluzioni compa­tibili con i dati di realtà. Bisogna agire avendo consapevolezza del senso di urgenza.

Alla classe politica e dirigenziale della città di Manfredonia, città nella quale vivo e lavoro da trenta anni, allego le proiezioni gra­fiche che determinano l’anno del punto di non ritorno da tenere a vista nel proprio ufficio. La mia speranza è che quelle due linee non si incontrino mai.

A chi mi rimprovera di essere pessimista e di scrivere sempre articoli tristi e demoralizzanti rispondo che mi è entrato dentro un senso dell’urgenza indotto dai numeri.

Non sono né pessimista né ottimista, vivo il momento di realtà che mi angoscia intravedendo un futuro molto triste per tutti se continueremo nella nostra inerzia e in un’attesa cieca e incomprensibile.

nicola di bari

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