Un round dietro l’altro che agita la politica, n caso dei balneari, ad estate ormai chiusa, rischia di allungare in autunno la stagione delle polemiche. In un singolare incrocio di decisioni del Consiglio di Stato, della Corte di giustizia europea e, tra qualche settimana, delle Sezioni unite della Cassazione, passando da un decreto milleproroghe, la vicenda delle spiagge terrà calda per un bel po’ la vita politica. Ma soprattutto gli operatori del settore, entusiasti dai dati di un monitoraggio da cui emerge che in Italia non vi sarebbe scarsità di risorse naturali (quelle che obbligherebbe ad aprire alla concorrenza) ma, al contrario, vi sarebbe spazio per raddoppiare, triplicare o quadruplicare ìe attuali concessioni.
Pomo della discordia è l’applicazione della famosa direttiva europea Bolkestein che prescrive le gare per le concessioni demaniali, cancellando quello che veniva considerato una sorta di «privilegio» per gli attuali titolari di licenza. La politica sinora ha gestito la vicenda a colpi di proroghe, fino a quando l’Europa non ha tirato fuori il cartellino giallo. A rincarare la dose, a novembre 2021, ci ha pensato l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, con una contestata sentenza a firma del presidente Filippo Patroni Griffi (nominato un mese dopo giudice della Corte Costituzionale), ha sostanzialmente sancito che le concessioni demaniali per finalità turistico-creative già esistenti, continuavano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023. Aggiungendo una postilla non di poco conto: oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, le concessioni sarebbero comunque decadute pure in caso di proroga per legge. Insomma, le spiagge diventavano libere, salvo i bandi.
A tale decisione è seguita una legge del governo Draghi che, per irrobustire la posizioni dei giudici del Consiglio di Stato e «addolcire» l’Europa, ha confermato la proroga delle concessione fino al 31 dicembre ma al tempo stesso ha disposto l’indizione delle gare per l’assegnazione, prevedendo l’emanazione di decreti legislativi di riordino del settore entro sei mesi. Termine singolarmente scaduto nel mese di febbraio 2023, lo stesso giorno di pubblicazione del decreto milleproroghe che, in fase di conversione, ha di fatto prorogato le concessioni di un altro anno, fino al 31 dicembre del 2024 (2025 in caso di contenzioso).
Ciliegina sulla torta è stata la sentenza della Corte di giustizia europea del 20 aprile scorso, secondo cui la famosa direttiva si applicherebbe in caso di scarsità di risorse naturali: insomma, se non ci sono spazi liberi si apre alla concorrenza. La decisione dei giudici UE è stata sollecitata dai magistrati del Tar Lecce dopo il ricorso relativo a una concessione del Comune di Ginosa: il tribunale salentino il 27 settembre scorso ha discusso la causa sulla base della sentenza Ue riservandosi ogni decisione. La tesi del Comune di Ginosa è che dispone di aree sufficienti per nuove concessioni, dato confermato dal rilevamento fatto dal Ministero (e di cui la Gazzetta ha anticipato i risultati) in base al quale non solo non ci sarebbe scarsità di aree, ma addirittura ci sarebbe spazio per l’insediamento di nuove attività imprenditoriali.
Nel frattempo, il prossimo 24 ottobre, dinanzi alle sezioni unite della Corte di Cassazione sarà discusso il ricorso contro le decisioni del Consiglio di Stato che secondo l’«accusa» dei rappresentanti dei balneari, si sarebbe sostituito al legislatore. Una vicenda guardata con molta attenzione, anche alla luce del del monito del Capo dello Stato in occasione del «milleproroghe». Dal Quirinale, insomma, sarebbe arrivato un segnale chiaro: non potranno esserci più rinvìi.
La categoria dei balneari (come riferiamo in una intervista) bussa al Governo e ricorda l’impegno fatto in campagna elettorale: la legge Draghi va abrogata. Facile a dirsi, non a farsi tenuto conto che, al di là dei contenziosi in atto, l’Europa continua a tenere nel cassetto, e pronto all’uso, il «parere motivato». Una anticamera della procedura di infrazione che rappresenterebbe una spada di Damocle per l’erogazione fondi Pnrr. Un modo per tenere l’Italia sorvegliata speciale.
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«COSTE PIENE? CI SONO SPAZI PER FAR TRIPLICARE LE IMPRESE». CAPACCHIONE (SIB): CANONI DA RIVEDERE, ZAPPONETA NON È OTRANTO O POLIGNANO
Avvocato Antonio Capacchione, presidente nazionale del Sib (Sindacato italiano balneari), si è appena chiuso l’ultimo match in aula dinanzi al Tar Lecce per il caso di Ginosa dopo che i giudici pugliesi avevano rinviato gli atti alla Corte di giustizia europea ottenendo una decisione il 20 aprile scorso,
«La Corte di giustizia ha ribadito quanto aveva già stabilito con la sentenza precedente (Promimpresa) e cioè che la direttiva servizi (Bolkestein), quindi la gara tra i concessionari, si applica solo se c’è l’impossibilità nel rilascio di nuove concessioni demaniali».
Qualche giorno fa, la Gazzetta ha anticipato i dati del monitoraggio del Ministero da cui emerge che la famosa risorsa naturale c’è.
«Dai dati che il Governo sta raccogliendo, e che nessuno può mettere in discussione, emerge come
neanche il 20% è in cessione, ciò vuol dire che in Italia c’è la possibilità del sorgere di nuove aziende. Del resto anche da noi in Puglia, quante concessioni vengono rilasciate ogni anno da questo o quell’altro comune, naturalmente in funzione del Piano regionale o comunale delle coste? In Puglia noi siamo messi molto meglio rispetto al dato nazionale, perché risulta che appena il 9 per cento è oggetto di concessione».
Quindi?
«Se volessimo mantenere il 50% di spiaggia libera, potremmo anche raddoppiare o triplicare le aziende attualmente operanti».
Ma quando scadono queste concessioni?
«Noi abbiamo una situazione differenziata, ci sono concessioni che vanno a scadere nel 2033 perchè i comuni hanno rilasciato provvedimenti in tal senso, altri comuni che non hanno rilasciato nulla, per cui scadrebbero tutte nel 2023 ma con il milleproroghe di febbraio la scadenza è stata prorogata di un anno. Quindi a dicembre 2024. Nell’ultima legge (la 14/2023) si stabilisce che, comunque, per garantire la continuità del servizio, le concessioni non scadono fino a quando non arriva il nuovo concessionario».
Insomma, bocce ferme. Senta la legge Draghi prevede i decreti attuativi che dovrebbero fissare le regole del gioco, ma sarebbero scaduti i tempi.
«Il Governo si è impegnato ad abrogare la legge Draghi, non ad applicarla. I decreti attuativi erano previsti dalla legge del precedente governo (la legge 118) per cui aspettiamo di conoscere qual è la volontà politica del governo, se è cambiata rispetto agli impegni elettorali o se rimane tale. Devono chiarirlo».
Capitolo canoni. E’ normale far pagare lo stesso canone a chi sta in zona vip o chi no? Oppure mettere sullo stesso piano chi offre una postazione ombrellone a 500 euro e chi a 30?
«Premesso che le generalizzazioni non fanno mai bene va detto che sul fatturato si pagano le tasse: quindi, chi più guadagna più paga. Tuttavia la sua domanda coglie nel segno. Il canone attuale (minimo 3.300 euro, ndr) è sbagliato e ingiusto perchè c’è chi paga pochissimo e guadagna tantissimo e c’è chi paga tantissimo e guadagna pochissimo. Ci possono essere piccole concessioni demaniali ad altissima valenza e grandissime concessioni demaniali a bassissima valenza».
E’ come un negozio al centro e uno in periferia.
«Zapponeta non può essere paragonata a Margherita di Savoia. Noi in Puglia abbiamo località ad altissima valenza, come Polignano, Otranto e Porto Cesareo, che non possono essere paragonate ad altre località meno note. Per questo serve una revisione».
Quanto impattano i canoni in tutta Italia?
«In base ai dati del Ministero, si aggira intorno ai 100 milioni di euro. Solo Margherita di Savoia, con i suoi 64 stabilimenti, paga oltre 1,1 milioni di euro pari a circa l’l% del gettito nazionale che equivale al 10% di quello pugliese. Ma mi faccia dire un’altra cosa…
Prego.
«Non è possibile che tutte le funzioni siano esercitate dai Comuni mentre il gettito va allo Stato. Le somme dei canoni dovrebbero essere destinate ai Comuni per attrezzare e rendere fruibili tutte le spiagge libere. Le dirò di più a conferma della necessità di una revisione del sistema. Il 1 ottobre andava presentato il listino prezzi della prossima stagione con indicazione del costo del singolo lettino o ombrellone quando ormai si paga la postazione».
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