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ENRICO MATTEI/ IL SOGNO POSSIBILE DI PUGNOCHIUSO E L’INTERVISTA IMPOSSIBILE. MORI’ A 56 ANNI IL 27 OTTOBRE DEL 1962

Nasceva  nel 1906, figura centrale nella storia del sistema industriale nazionale e internazionale. Passione, visione strategica, innovazione: gli ideali che Enrico Mattei ha trasmesso a Eni hanno portato la Società a crescere fino a diventare la sesta compagnia petrolifera mondiale.

Mattei riuscì a costruire intorno alla sua figura un’aura mitica. Fu abile nel costituire una rete di collaboratori capaci di muoversi sulla scena internazionale e questo divenne uno dei punti di forza che la società, oltre gli interessi specifici, seppe offrire all’azione diplomatica dell’Italia. Fu tra i primi a coltivare lo spirito di frontiera e il rispetto delle culture diverse. Mattei aveva chiaro che non era  possibile fare strategia internazionale senza conoscere bene i singoli territori su cui si andava ad esplorare. La diversità Eni fu per anni una sorta di eccezione, un’impresa che compiva scelte diverse da quelle della maggioranza dei suoi concorrenti, tanto da sfidare il buon senso comune. Mattei è stato il simbolo di un modo di pensare l’Italia, abbastanza visionario da riuscire a trasformare una nazione sconfitta e contadina in un Paese avanzato con una forte industria energetica. Questa è l’eredità più preziosa che Mattei ci ha lasciato. Con questa capacità dobbiamo guardare alle sfide di oggi e di domani, per riaffermare ogni giorno il valore dell’energia come motore di crescita per tutti. A 61 anni dalla sua scomparsa, Enrico Mattei è ancora un uomo del futuro. Un uomo che ha trasformato ogni azione in una visione, creando sviluppo e benessere attraverso l’ingegno. Perché il futuro è di chi sa immaginare.

Ma facciamo un passo indietro a quegli an­ni ’60. Mattei avviò un fitto dialogo con l’allo­ra presidente della Cassa del Mezzogiorno, Gabriele Pescatore. La Cassa aveva tra le sue finalità anche interventi per la realizzazione di opere di interesse turistico. La Eni di Mat­tei aveva già sperimentato investimenti in un settore così lontano da quello che oggi identificheremmo con il core business. Era stato infatti realizzato a Borca di Cadore un villaggio ad uso dei dipendenti. Il turismo e il Mezzogiorno: la Cassa poteva svolgere anche in questo settore il ruolo per la quale nel 1950 il governo De Gasperi l’aveva voluta. La morte di Mattei nell’ottobre del 1962 non fer­mò il progetto, come ha ricordato in molte occasioni l’allora sindaco di Vieste, Ludovico Ragno, che si vide recapitare una lettera dalla Snam Progetti che chiedeva di poter acquistare i terreni demaniali «Valle della Fossetta» e «Porto Greco», la spiaggia ove fu innalzata una torre nel XV secolo per prevenire le incur­sioni saracene. Duecentoquaranta ettari inseriti in altri duemila ettari in mano a dei priva­ti, in uno scenario naturale di straordinaria bellezza. Partirono le trattative, gli incontri e le sedute del consiglio comunale. Non c’era­no ancora gli ambientalisti, i vincoli, nessuna conferenza di servizio. Il Parco Nazionale del Gargano, di cui oggi Pugnochiuso è parte in­tegrante arriverà quarant’anni dopo. Prezzo, opere da realizzare ed espropri: questi i nodi della trattativa. Fu nel corso della seduta del consiglio comunale di Vieste del 26 marzo 1962 che il progetto di Enrico Mattei si con­cretizzò. Con venti voti a favore, nove astenuti e nessun contrario, l’amministrazione deli­berò la vendita dei terreni alla Snam. Il Comune incassò, 60 milioni di lire, ai privati fu pa­gato il diritto di superficie rispetto a quanto ceduto.  Nove mesi dopo, a novembre, ci fu la posa della prima pietra dell’Hotel del Faro che fu costruito in tempi da record, tre anni. L’inau­gurazione avvenne nel luglio del 1965: un ho­tel con 220 camere, piscina all’interno e comfort vari, e tutte le opere di urbanizzazio­ne primaria In quello stesso periodo la Pro­vincia di Foggia dovette prendere atto che sul Gargano le mulattiere non erano più suffi­cienti e che le strade erano indispensabili per quel decollo turistico che partirà alla fine degli anni ’60. Il complesso turistico di Pu­gnochiuso si sviluppò nell’arco di dieci anni con la costruzione dell’Hotel degli Ulivi, i nu­clei di casette monofamiliari, l’edificio a for­ma di piramide con bar, negozi ed una serie di attività, la sala convegni e una seconda pi­scina. Nel luglio del 1965 il Gargano era anco­ra una terra selvaggia e priva di Strutture ri­cettive. L’apertura del centro turistico spinse l’imprenditoria locale, ma non solo, ad inve­stire nel settore turistico……….

L’INTERVISTA IMPOSSIBILE

Suona il campanello. Dice una sola parola: gas. Il tipo indossa una tuta blu targata Eni. E’ magro. Talmente magro che è addirittura trasparente. La curiosità mi spinge ad attaccare discorso:

Lei è etereo come il gas.

Ovvio – risponde – sono un fantasma.

Un fantasma?

Cos’altro potrei essere? Sono morto da 61 anni in corpore. L’anima invece non riesco a trattenerla al suo posto! E’ più forte di me!

E continua a lavorare?

E’ un incarico virtuale. Me l’hanno offerto per pura riconoscenza, considerando che la parte migliore della mia vita l’ho dedicata proprio all’Eni.

Da controllore del gas?

No, da presidente.

Un sussulto: lei è Enrico Mattei!

Per l’appunto….

Lei non sa quanto Le siamo riconoscenti. Mi conceda solo qualche minuto, qualche pensiero.

D’accordo, ma sbrighiamoci.

Presidente, i viestani la considerano un grande amico…

L’emozione che ho provato entrando nella Baia di Pugnochiuso mi fece quasi dimenticare tutto quello che avevo visto nelle mie precedenti navigazioni. Il mare azzurro e immobile di Vieste come un lago, le colline sovrastanti la costa garganica tinte di rosa dai primi raggi del sole, le insenature dorate dal tramonto, le grotte marine e le calette accessibili solo via mare, e molti personaggi mi hanno felicemente ammaliato; ora se ve li volessi descrivere, dovrei lavorare più d’immaginazione che di memoria.

E’ da un sentimento, da una emozione che è scaturita la decisone di costruire l’Hotel Faro a Pugnochiuso?

La bellezza, la passione muovono il mondo. Quando si boccheggia, loro sono le ancore di salvezza.

Ma..c’era la consapevolezza dell’opportunità che veniva data al nostro territorio?

E’ stata la nostra missione: abbiamo contribuito a trasformare un Paese contadino in un Paese avanzato… saper immaginare il futuro…la nostra sfida.

Quell’opportunità, Presidente, ha portato a Vieste più di 300 aziende turistiche ricettive, migliaia di esercizi commerciali. Nei primi sessant’anni di turismo sono venuti a “trovarci” più di 10 milioni di ospiti che vi hanno soggiornato per più di 40 milioni di pernottamenti. Già nel 1987 il Comune di Vieste, a seguito dell’iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fu inserito fra i “100 Comuni della Piccola Grande Italia” protagonisti dello sviluppo economico fondato sul sistema della piccola e media impresa. Un miracolo?

Certamente la lampante dimostrazione che quando al martoriato meridione si danno concrete opportunità dall’indolenza della controra è più facile passare alla concretezza dei fatti. Possiamo ritenerci quasi soddisfatti…alcuni, per la verità, anche se sottovoce, mi davano del visionario…

Presidente, perché quel “quasi” soddisfatti….

Vede l’essere umano è un animale comunque progressivo; la vera partita, poi, si gioca sul concetto di sviluppo.

La seguiamo

Vieste è progredita; ha 300 aziende, ma ora con i proventi di quelle aziende che fa? La risposta a questa domanda è lo sviluppo.

Vuol dirci che dopo 50 anni tarda a sbocciare un’economia?

Ha mai fatto un trasloco? Passare da una economia contadina (neanche da agricoltori) ad una da imprenditori, per giunta senza una borghesia che la guidasse è chiaro che crea scompenso. Riesaminare questa Vieste può essere una buona occasione per conoscere se stessi. Sia chiaro ciò non giustifica del tutto; diciamo che ci sono dei ritardi e delle responsabilità sulla tabella di marcia.

Imputabili a chi?

in primis a chi ha avuto la fortuna di andare a scuola. I “professionisti” sono scomparsi dalla storia di Vieste, pretendono di non farne parte. Chi se non loro hanno il compito di guidare lo sviluppo.

Presidente,  allora giustifica questo caos con la totale assenza di cultura delle regole?

No assolutamente. Capisco il pericolo di un’implosione. Capisco i processi generazionali, ma faccio fatica a comprendere la mancanza del principio di responsabilità e di onestà intellettuale. Nel turismo, più che in ogni altro settore economico, il tema cruciale che hanno di fronte oggi i viestani non è quello di porre limiti allo sviluppo, ma di far crescere la consapevolezza che vi è un limite, oltrepassato il quale ogni possibilità di sviluppo è irrimediabilmente compromessa.

Avete già perso tanto tempo e lo dico anche a Voi che fate comunicazione. State perdendo tempo può essere peccato mortale. Bene l’aeroporto! Ora bisogna passare al fare: in primis a mettere su pacchetti turistici. Si è al passo con il mondo. Ora bisogna trovare finalmente una comunione di intenti, un modo di essere finalmente cittadini del mondo, ma restare viestani….e poi vi sarebbero altre tendenze con cui inevitabilmente fare i conti…

Una per esempio?

Il lavoro del terzo millennio non è più, salvo rare eccezioni, lavoro materiale (uso della forza muscolare per trasformare fisicamente la materia prima in prodotto finito), ma è al 99% dei casi lavoro mentale (cognitivo), nel senso che usa le conoscenze di cui dispone per produrre altre conoscenze, portatrici di utilità. E questo, al solito, non riguarda ormai pochi ruoli “intellettuali” (i professori, gli attori, gli scienziati ecc.) ma tutti i lavori: anche il lavoro operaio si sviluppa guidando macchine (con la conoscenza) e usando il cervello prima che i muscoli.
Se il lavoro è divenuto ormai totalmente lavoro cognitivo e se il consumo attribuisce la maggior parte del valore al significato o al servizio associato ad un bene materiale, invece che al bene materiale di per sé, dovete prendere atto del fatto che un grande cambiamento si è compiuto: l’economia reale è diventata un’economia in cui è la conoscenza che viene messa al lavoro. Senza se e senza ma; è tempo che anche il viestano
digerisca velocemente che quello che stà vivendo. 

L’economia della conoscenza… e dunque “vendere” un prodotto e non un posto letto….

Sicuramente. Ma è necessario sottolineare che un prodotto non è tale quando vi sono degli alberghi, ma diventa tale quando entra nella percezione del consumatore, anche senza strutture ricettive. Ormai il prodotto è quasi proprietà del consumatore: è il consumatore stesso che decide se un luogo è un prodotto o meno creando una forte libertà nel consumo. Anche se la gente, tuttavia, si orienta per la maggior parte verso i prodotti consolidati. In realtà, oggi, si è liberi di andare a fare turismo dove si vuole: non esistono più le distanze fisiche ma solo le distanze psicologiche. Altro aspetto vitale: dipende da come saprete bilanciare la commercializzazione della cultura, e quindi della vita, e il mantenimento di spazi culturali non mercificati.

Una ragione in più per strizzare l’occhio a un “turismo responsabile”: attento all’ambiente, agli impatti socio-culturali e allo sviluppo della comunità

Una sessantina di anni fa ero un buon cacciatore e andavo molto spesso a caccia. Avevo due cani, un bracco tedesco e un setter, e, cominciando all’alba e finendo a sera, su e giù per i canaloni, i cani erano stanchissimi. Ritornando a casa dai contadini, la prima cosa che facevamo era dare da mangiare ai cani e gli veniva dato un catino di zuppa, che forse bastava per cinque. Una volta vidi entrare un piccolo gattino, così magro, affamato, debole. Aveva una gran paura, e si avvicinò piano piano. Guardò ancora i cani, fece un miagolio e appoggiò una zampina al bordo del catino. Il bracco tedesco gli dette un colpo lanciando il gattino a tre o quattro metri, con la spina dorsale rotta. Questo episodio mi fece molta impressione. Ecco, i viestani sono ancora quel gattino… Conviene a tutti il turismo responsabile. Se spalmi meglio in Vieste i proventi dai la possibilità, ai fornitori di servizi, al commerciante, al piccolo imprenditore di ri-investire nel proprio lavoro e ti ricompenserà con una migliore accoglienza. Non ci perdi, ci guadagni. Quattro giorni prima della mia dipartita tenni un discorso e dissi che bisognava impegnarsi per un’Italia solidale e fraterna, aperta al mondo, capace di guardare al futuro e fare sistema, non prigioniera del mito del denaro ad ogni costo…

… quello che ha letteralmente ammaliato il nostro paese, Presidente.

…ho sempre creduto nel lavoro, nei diritti del lavoro, nella giustizia sociale che viene dalla dignità del lavoro. I tesori non sono i quintali di monete d’oro ma le risorse che possono essere messe a disposizione del lavoro umano…

Il lavoro lo danno gli imprenditori!

“Lo danno e lo prendono. Così come le loro maestranze, che lo prendono e lo danno. Ci dev’essere collaborazione, unità d’intenti, rispetto reciproco. Il ruolo degli imprenditori – che sono anch’essi lavoratori – è fondamentale per il progresso sociale. Ma ci vogliono idee, coraggio, fantasia, innovazione, gusto del rischio, spirito di sacrificio, solidarietà.

Ma c’è la crisi economica……

E chi l’ha provocata, la crisi economica? La voracità, il successo personale a qualsiasi costo, l’individualismo sfrenato. Quella bomba sul mio aereo fu anche perché avevo teso una mano all’Iran, il Marocco, la Giordania, l’Egitto, l’Algeria. Volevo che l’Italia li trattasse alla pari. Petrolio, certo, ma anche visione politica. Una politica che se l’Occidente l’avesse ampliata e rafforzata, chissà, forse il terrorismo non avrebbe avuto lo spazio che ha. Ma cosa accade, oggi, da noi?

Presidente, concorda con chi asserisce che il Gargano sia un territorio passivo, incapace di trasferire emozioni e storia al turista?

In gran parte sì. Il tutto a causa di mancanza di comunicazione, ma che, con opportuni e tempestivi correttivi, si può ripristinare. I successi o le sconfitte, non dipendono dal caso, dai finanziamenti, ma dall’organizzazione tra gli Enti locali. Lo Stato, non può essere l’unico soggetto dello sviluppo, perché ora il potere si è decentrato. Comunque, bisogna puntare sull’offerta culturale ed enogastronomia. Questo è il momento per richiamare le radici, la naturalità, la cura di sé, che però vanno costruite e coltivate, e non lasciate alla spontaneità del fenomeno. Dovete concentrarvi sui significati, sulla costruzione di esperienze e non raccontare favolette, perché la gente viaggia per ricercare un senso. Ma le bellezze naturali, sono una condizione abilitante  e solo su di esse non si può basare il turismo. Quindi è un errore gestire il territorio passivamente, e non serve a nulla accontentarsi del poco che si ha a disposizione. Queste condizioni, in cui si riflette molto il Gargano, creano stagionalità, favoriscono comportamenti opportunistici, lavoro sommerso o illegalità diffusa con danni d’immagine e fortissima dipendenza dal prezzo.

 Avverte anche Lei che si continua a fare un’offerta copiata, narcisistica, omogeneizzata con il nostro “immaginario” ancora confuso e disordinato ?

E, invece, bisogna valorizzare le caratteristiche locali, investire sull’accoglienza turistica. Non basta la disposizione d’animo per fare accoglienza, ma bisogna imparare le buone pratiche. Bisogna investire sul cliente e sulle sue esigenze. Ecco perché, non bisogna pensare a come andare su Marte, ma di combinare ciò che il territorio ci offre in maniera originale. Per quest’aspetto avvaletevi dell’aiuto della Camera di Commercio, dell’Università e delle associazioni di categoria. Bisogna saper sorprendere e coinvolgere il turista, che deve essere regista, attore e autore della sua esperienza. Oltre all’attitudine turistica serve il desiderio di ospitare, perché il fatto umano è distintivo del prodotto, in quanto trasmette le emozioni che rendono autentico ed unico un territorio. Bisogna avere la voglia di battersi per riappropriarsi delle proprie radici e della propria storia, per poi potere raccontare il tutto al turista. Oltre alla tecnica (formazione e programmazione), la vera carta vincente, è la passione per quello che si fa. Il vero valore aggiunto.

Presidente….

…per  prima cosa: conoscere il proprio territorio. Ho l’impressione che i primi a non conoscere dove vivono sono proprio i garganici. Riscoprire il senso della comunità. Abusate della parola “sistema” ma non sapete stare insieme. Poi, innescherei scambi di promozione-commercializzazione territoriale. Una sorta di gemellaggi virtuali. Il mare si promuove in montagna e la montagna al mare. Sfruttare i canali televisivi digitali nelle diverse zone europee, passare a un diverso impiego di internet: dall’uso e.learning che è produzione di massa, a net.learning che è invece, produzione innovativa e personalizzata….e via di questo passo. I mercati cambiano. Quanto può ancora durare la viestanità che ha il culto dell’io, dei propri interessi e dei propri desideri, e a questo subordina tutto il resto e non è disposto ad alcun sacrificio? Cosa può dare più una visione incentrata su se stessi e sui propri interessi, separata da ogni altra preoccupazione, relazione e valore? E’ necessario a questo punto oltrepassare la categoria svuotata e fittizia di questa Vieste, ragionare di realtà più concrete, più urgenti, risalire alle fonti delle vostre tradizioni: le vostre radici greche, romane e cristiane, le vostre matrici mediterranee, la vostra storia, la vostra arte-povera e il suo pensiero e anche le vostre vive identità di strada. Ora vi tocca combattere contro l’uniformità, il conformismo, la riminizzazione senza cadere nell’individualismo sovrano. Quanto ai ritardi di Vieste, li vediamo un po’ tutti, ma provate a raccontarla con un discorso diverso: siete gli ultimi in fila alla vecchia cassa assistenzialista, ma se state attenti, sarete i primi appena se ne apre una nuova. Non alludo alla cassa per il mezzogiorno. Fuor di metafora: i vostri ritardi in materia di servizi e di modernizzazione, paradossalmente, potrebbero diventare un’opportunità ora che il turismo italiano stà virando verso un modello postmoderno e postindustriale. Il terziario, i servizi, la tecnologia, il lavoro a casa, la creatività, l’accoglienza dei turismi, la ricerca di campi inesplorati, la cultura, la natura, il culto del bio……

Ci vorrebbe un altro Enrico Mattei…

No, Vieste e il Gargano hanno bisogno di professionisti preparati e competenti, ma anche appassionati e sensibili. Il potere si è spostato dalle mani dei produttori e dei rivenditori direttamente a quelle dei consumatori, dotati ora di informazioni, scelta e capacità di connessione. Vantaggi di prezzo, servizio, qualità non sono più sufficienti. A determinare il successo di una località o azienda turistica è ciò che i consumatori provano per essa, il legame affettivo che immaginano prima e che dopo stabiliscono. Meno cartoline, più emozioni, più miti fino a creare una” marca” di successo capace di far sognare la gente. L’ospitalità è un’arte raffinata che va molto oltre la proposta di una camera. Tenendo ben presente che viviamo in un mondo globalizzato e ciò che si aspetta un inglese da una vacanza a Vieste o sul Gargano è diverso da quello che chiede un tedesco, un ciociaro o un napoletano. L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono. Il Gargano ha urgente bisogno di un’agenda che comprenda azioni e interventi su: riqualificazione dei prodotti turistici, destagionalizzazione dei flussi, overtourism per evitare sovraffollamento e disagi delle destinazioni turistiche, politiche attive per l’occupazione per garantire lavoro stabile che vada oltre i tre mesi l’anno, formazione professionale, coordinamento tra Comuni e assessorati regionali di competenza sulle politiche della mobilità, dell’igiene e della sanità pubbliche. Cos’è il turismo se non vendita di bellezze ed emozioni?  Ora…se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non deve andare perduto; è quello il luogo dove devono essere. Ora il vostro compito è di costruire a quei castelli le fondamenta… e poi non ci perderete ad aspettarli foss’anche per cent’anni…

…volevo aggiungere…una chiosa che forse non piacerà

prego Presidente…

..che la sfida sarà tra il problema delle competenze, la progressiva accelerazione dell’innovazione nel corso del tempo, potete aspettarvi che le prossime generazioni, nell’arco della loro vita, faranno esperienza di almeno tre o quattro invenzioni capaci di rivoluzionare profili professionali e organizzazione del lavoro; e chi non saprà adattarsi sarà lasciato indietro. Purtroppo la corsa verso il primato tecnologico nella digitalizzazione determinerà la nuova gerarchia in tutti campi e cambierà i rapporti umani. Sarà una variante determinate anche se si è consapevoli che così la “coscienza” è finita. Tocca alla tecnica purtroppo… con il timore che quei “giocattoli” digitali siano prototipi di armi. Quando c’è l’uomo di mezzo, tutto è possibile, anche che le userete per annientarvi… ma forse siete già fuori tempo.

Grazie, Presidente.

n.