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LA CALZETTA DEI MORTI

La leggenda narra che la notte del 2 novembre le anime dei defunti escono in libertà per far ritorno il 6 gennaio, controvoglia, ai loro cimiteri.

Per l’occasione s’illuminano le strade con lumini posti in zucche svuotate per riparare la fiammella dal vento e si imbandiscono le tavole per nutrire i parenti defunti al loro passaggio. Si prepara per l’occasione “ il dolce dei morti”.

I defunti, arrivati nei pressi dei camini dei parenti, destinano ai piccini buoni la calzetta piena di dolci e a quelli cattivi la calzetta piena di cenere e carbone.

L’ultima notte di libertà, il 6 Gennaio, per evitare perdite di tempo, la più vecchia dei morti, nota comunemente come befana, a cavallo di una scopa s’incarica di radunare le anime e procede, personalmente, alla distribuzione di doni.

“La calzetta” è tradizione in Italia ancora in uso, attivata a seconda della località, in date differenti”:

-La notte del 2 Novembre Festa dei Morti (uscita in libertà dai loro cimiteri)

-La notte del 8 Dicembre Immacolata Concezione

-La notte del 13 Dicembre Santa Lucia

-La notte del 25 Dicembre Natale

-La notte del 1 Gennaio Capodanno

-La notte del 6 Gennaio La befana (rientro nei loro cimiteri).

Lo scopo di questa tradizione è quello di mantenere e rinnovare nei bambini il legame di affetto con i parenti scomparsi.

2 Novembre “ La calzetta dei Morti “

Tempo fa per questa ricorrenza si portava rispetto e riverenza alle persone a lutto e ai morti innanzitutto.

Ognuno provvedeva ai fiori e al cero per ornare a festa il cimitero tornavano i contadini dagli orti per far visita ai loro morti.

Curvi e stanchi rientravano i cafoni guidando le bestie coi bastoni muli cavalli ed asinelli carichi di legna e carbonella.

Con lo sguardo sincero e la dentiera disastrata davano la buona sera con mezza risata.

Le famiglie li accoglievano unite e composte ognuno al proprio posto col camino acceso il lumino sulla finestra il lardo appeso per condir la minestra.

In un sol piatto si consumavano fave e pancotto ed era il braciere a far da salotto fatto di stagno su un tondo tavolato per appoggiare i piedi ed essere riscaldati.

Teneva unita la famiglia s’impartivano i consigli il culto del rispetto riscaldava l’entusiasmo e l’affetto.

Intorno a quel fuoco tutte le donne erano operose con aghi telai e fusi preparavano il corredo per le spose.

All’imbrunire si andava in comitiva a bussare l’uscio del vicino e del parente a chiedere con voce prepotente ‘’Dammi dammi l’Anema dei morti se no ti sfascio la porta’’.

Apriva la vecchierella che si privava della scorta offrendo frutta secca di ogni sorta e qualche caramella fatta in casa anche quella.

A letto presto quella sera per dire tanta preghiera si diventava umili e buoni per ricevere ricchi doni.

Ci raccontavano che a portarli erano i parenti morti che tornavano puntuali a mezzanotte tutti liberi e risorti.

Pare che siano stati visti davvero uscire dal cimitero in fila e in corteo davanti i piccini dietro i grandicelli gli adulti e poi i vecchierelli.

Al mattino si andava in fretta dietro la porta a ritirare la calzetta tempo fa non c’era la televisione ma tanta ingenuità la calzetta piena metteva felicità.

Antonio Monte