Come spiegarlo a chi non l’ha visto giocare. Oggi scocca il suo ottantesimo compleanno… Tra i migliori giocatori viestani di sempre. Natale Di Terlizzi poteva giocare in tre ruoli: era geometrico e goleador, carismatico e corretto, lineare e imprevedibile. Tutto in un solo giocatore.
Descrivere Di Terlizzi a un bambino che adesso si avvicina al calcio è abbastanza semplice. Lo si prende da parte e gli si dice: “Natalino era uno che faceva cose che gli altri neanche immaginavano”. Il bambino, magari, vi guarderà stupito e incuriosito, e domanderà: “Che cosa faceva?”.
Tutto. Dribbling. Passaggi precisi. Cross. Tiri. Gol.
A quel punto il bambino, sempre più coinvolto nella storia, vi chiederà a chi assomiglia dei giocatori di oggi e allora per voi sarà difficile proseguire nella spiegazione, perché Natalino non è paragonabile a nessuno: ha molte caratteristiche di uno o dell’altro, ma la differenza è che lui le univa in uno stile.
Dall’arbitro: Di Terlizzi….Natale 10
Semplicemente Natalino. Leggenda vivente, nato a Vieste ma è universale. Il migliore di sempre della nostra cittadina. Bravo dentro e fuori dal campo. Ottimo anche come insegnate di lingue. Che brividi quelle sue lezioni di francese che m’impartiva, a casa sua, da diligente studente universitario….e subito dopo giù in spiaggia a giocare!
Sì, Natalino non aveva niente della primadonna e molto del primo della classe, che passava il compito all’ultimo e gli dava una mano agli orali. Ha già superato i sessant’anni (ndr 80), ma è candidato all’eternità. Dire Natalino, per quelli della mia generazione è un altro modo per dire calcio. Non ho dubbi: se Natalino non fosse nato uomo, sarebbe nato pallone.
Invece è nato uomo, il 1° dicembre 1943, per la gioia dei palloni che si sono arresi ai suoi piedi, per noi che abbiamo giocato con lui, per gli spettatori che ha riempito di meraviglia e del calcio stesso…..ma non per suo padre che non voleva che giocasse al calcio! Sin da giovanissimo ai “quattro palazzi” comandava lui.
Quando giocava e anche quando non giocava influiva su tutti noi, sugli avversari, sull’arbitro, sul pubblico, sul pallone, sulle bandierine del corner e perfino su Ciccill venditore di lupini al cinema. Come tutti i grandi impartiva lezioni di felicità. Il suo corpo si muoveva a tempo, si adattava armoniosamente al movimento capriccioso della sfera. Era tecnico e nel calcio la tecnica è cultura.
Sapeva leggere e scrivere e se giocava oggi saprebbe anche “navigare”.
Le sue qualità muscolari gli permettevano di compiere qualsiasi prodezza; non sapremo mai, per esempio, se Natalino saliva dalla terra o scendeva dal cielo per colpire il pallone in piena fronte o di collo sinistro, con il portiere come vittima e la rete come destinazione finale. Un’altra possibilità era che addomesticasse il pallone con il petto, atterrasse con i piedi a terra, e solo dopo aver atteso un paio di secondi, scegliesse un angolo dove segnare il gol. Mancino ma che usava benissimo il destro. Sappiamo, questo sì, che il pallone era dalla sua parte, che esisteva un patto di mutua lealtà, di obbedienza. Un uomo e un oggetto che sono andati così spropositatamente d’accordo, che solo la logica umoristica di Nicola Mantuano, prima di una partita a Monte Sant’Angelo ha provato a spiegarlo in qualche modo: «Non ho mai raggiunto con mia moglie, l’intimità che Natalino ha raggiunto col pallone».
Mi sono divertito. In questi che sono tempi di sondaggi, a sentire gli amici che abbiamo giocato con lui. La domanda era secca: quanti gol ha segnato Natalino? Difficile dirlo. Impossibile. E, allora ho ribaltato la domanda: ricordi una partita giocata con Natalino che non abbia fatto gol? Risposta unanime. No. Pensi a Natalino e vedi solo gol. «Natalino era il riflesso del riflesso». Prima d’iniziare la partita, come se volesse non dare fastidio diceva: <<Stò dietro. Tu, tu e tu giocate avanti>>.
Dopo il fischio d’inizio te lo ritrovavi dove più serviva, cioè a fare gol. Se dovessi scegliere una sua qualità, non saprei quale indicare; se dovessi trovargli un difetto, non potrei. Talento, più tecnica, più coraggio, più l’espressività fisica di un corpo dai movimenti allegri, più la passione per il gioco. Tanta passione e amore. Mitica quella partita a Mirabella Eclano proprio il giorno di quella S. Maria del 1968.
Eredità culturale di un periodo del nostro paese che amava il calcio “spassionatamente”. Rammento un episodio accaduto nel corso di un torneo estivo al Riccardo Spina. Comparve nello spogliatoio una lavagna e mentre scimmiottavamo alcuni schemi il nostro allenatore chiese a Michele Vescera come si poteva marcare Natalino: «Con il gesso, alla lavagna» – rispose.
Certo che la vita continua!
Ma, a Vieste, da quando ha smesso di giocare è un ostacolo in meno per il progresso della mediocrità…..
IN LETTERATURA
Omerico, e con questo è tutto. Natalino è la leggenda che si è fatta carne, il sogno che batte la realtà dieci a zero, la fanciullezza che vince l’adultità. Guardi Natalino e pensi che forse la specie umana non è del tutto spacciata. Soprattutto, iliadico. Per intenderci: Natale Di Terlizzi è Achille e non Ulisse, è il baciato dagli dèi, è l’uomo del destino, non quello del grande viaggio e del gran ritorno; è l’uomo della schiettezza e non quello dell’astuzia. Per il resto, ogni epiteto omerico è suo: bello in campo come un dio, signore distinto e pulito, signore delle genti. Ilio, lui, è da anni, anche oggi sessantenne (ndr. 80enne), che continua ad assediarla e a conquistarla.
Da CAMPANILE SERA
Il calcio all’alba dell’Atletico Vieste
ediz. la ricotta – 2010
n.b.
grande non stai invecchiando… stai semplicemente aumentando di valore.
Buon compleanno!
ninì