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TREMITI LANCIA IL SUO ALLARME FORTE E CHIARO: IL COMPLESSO DI SAN NICOLA NON È DA OGGI CHE PIANGE IL SUO STATO DI ABBANDONO.

Secondo alcune leggende, il mare è la dimora di tutto ciò che abbiamo perduto”, sentenziava il filosofo W indiano Osho. E sì che nel mare si perde qualcosa, nientemeno che, nel nostro caso, pezzi di muro del chiostro. Siamo alle Isole Tremiti, vero e proprio paradiso che possiamo vantare a livello internazionale.

Da non crederci, ma quell’abbazia-fortezza, simbolo stesso dell’isola di San Nicola, ha visto sbriciolarsi e andar giù una parte di se stessa. Ora l’area è opportunamente recintata, ma la foto, impietosa, la dice lunga su quello che un tempo fu un insediamento ellenistico e poi un convento-castello, fortificato soprattutto grazie a Carlo d’Angiò, e che da sempre suggestiona e affascina i turisti.

Ora, complice senz’altro l’ancora bassa stagione, ha un che di spettrale. Altro che Montecassino in mezzo al mare, così detta perché i be­nedettini, a’ridosso dell’anno 1000, costruirono una chiesa sulle basi di una struttura preesistente.

La Riserva Marina delle Isole Tremiti ha lanciato il suo allarme forte e chiaro, tanto più perché il complesso di San Nicola non è da oggi che piange il suo stato di abbandono. Sembra quasi si avverta l’eco dolorosa del vagabondo e solitario eroe Diomede che in queste spiagge ri­parò, andando incontro alla morte proprio su San Nicola. Se­condo la leggenda, Afrodite, desiderosa di vendicarsi dell’offesa subita durante la guerra, fece in modo che né sua moglie Egialea, né i suoi sudditi, si ricordassero più di lui.

Come l’eroe, così il luogo. Abbandonati entrambi. Ma noi, che alle leggende (tristi) non ci arrendiamo, confidiamo nel lieto fine. Dopotutto è ancora la vicenda mitologica a dirlo.

La stessa Afrodite, impietosita dalla morte dell’eroe, trasformò i suoi compagni in uccelli affinché vegliassero sulla tomba di Diomede. Da allora questi uccelli sono conosciuti come Diomedee, e ancora oggi l’isola è chiamata anche così. Hanno una particolarità questi gabbiani, e cioè di accogliere i greci e attaccare i barbari, conservando così la memoria degli uomini valorosi che erano stati un tempo.

Ci auguriamo che tante Diomedee moderne possano salvare que­sto sito che conserva ancora intatta la sua selvaggia e brada bellezza. E che non pianga solitudine come l’eroe acheo.

Ci crediamo perché il mare è sacro, sì dimora di ciò che abbiamo perduto e di ciò che non abbiamo avuto, ma anche luogo di cura, come ci ricorda la scrittrice danese Karen Blixen. “La cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime, o il mare”.