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MAFIA GARGANO/ LIBERANTONIO AZZARONE DETTO “ANTONY” NUOVO PENTITO

Ha deciso di collaborare con la giustizia anche Liberantonio Azzarone detto “Antony”, nipote del boss Marco Raduano alias “Pallone”. Crolla così il “castello” mafioso a Vieste, città per anni sotto lo scacco della criminalità organizzata. Stanno infatti già collaborando con gli inquirenti lo stesso Raduano, il suo ex braccio destro Danilo Della Malva detto “Il meticcio” e i sodali Orazio Coda alias “Balboa” e Giovanni Surano detto “Lupin”.

La decisione di Azzarone, 34 anni, è giunta circa un mese fa. Nel frattempo ha già dato un prezioso apporto agli inquirenti nell’inchiesta sull’omicidio di Giambattista Notarangelo che proprio oggi ha portato all’arresto di cinque persone: Marco Raduano stesso, Danilo Della Malva, Michele Notarangelo, Orazio Coda e Michele Lapacciana.

In un recente interrogatorio, “Antony” Azzarone ha indicato in Della Malva, Coda, Notarangelo e nel defunto Antonio Fabbiano gli autori dell’omicidio ricostruendo le vicissitudini successive all’esecuzione dell’agguato, che lo videro destinatario di sospetti da parte delle forze di polizia e sottoposto, per tale ragione, alla prova dello stub, insieme a suo zio Marco.

Proprio da quest’ultimo “avrebbe appreso, il giorno dopo l’omicidio – riportano le carte degli inquirenti -, che sarebbe stato Della Malva a ferire mortalmente la vittima ed averlo fatto per ragioni di ordine personale (“Notarangelo Giambattista era sposato con la sorella di Prencipe Raffaele, ex marito di Gala Valeria; Danilo aveva una frequentazione con Gala quando ancora era coniugata con Prencipe; la moglie di Notarangelo mise al corrente il marito della situazione e questi disse che avrebbe dovuto uccidere Danilo Della Malva.

Perciò, durante uno dei giri per cercare gli lannoli e Pecorelli, andarono in campagna da Notarangelo per minacciarlo”), utilizzando armi fornite dal Raduano per andare ad uccidere i cugini lannoli o Pecorelli Gianmarco e coinvolgendo in quella deliberazione e attuazione criminosa anche il commando che era stato comandato di compiere tale delitto (“trovato in campagna avrebbero dovuto solo spaventarlo. Alla reazione di Notarangelo e trovandolo lì lo hanno sparato”)”.

A parere degli inquirenti, “la genuinità dell’Azzarone si apprezza a fronte dei motivi a base della scelta collaborativa, delle caratteristiche obiettive delle sue dichiarazioni (sotto il profilo della verosimiglianza, articolazione in molteplici contenuti descrittivi, coerenza interna, chiarezza, completezza della narrazione dei fatti), dell’assenza di preventive intese con altri chiamanti, della mancata conoscenza processuale degli atti di indagine e della loro portata in rapporto al contesto criminale di provenienza”.