Il capoclan della mafia garganica ora collaboratore di giustizia.
La corte d’assise di Foggia ha accolto la richiesta del pm Ettore Cardinali della Dda e disposto per l’udienza del 31 maggio rinterrogatorio dell’ex boss Marco Raduano, pentitosi a marzo, nel processo a Giovanni Iannoli, 38 armi, viestano accusato dell’omicidio premeditato e aggravato anche dalla mafiosità di Antonio Fabbiano e del tentato omicidio di Michele Notarangelo, avvenuti a Vieste nella tarda serata del 25 aprile 2018.
Tre killer fecero fuoco con mitra Kalashnikov e pistola: Fabbiano fu colpito e morì poche ore dopo in ospedale, Notarangelo scappò, rimanendo illeso.
Iannoli si dice innocente, assiste alle udienze in videoconferenza dal carcere: è difeso dagli avv. Giulio Treggiari e Michele Arena; la madre di Fabbiano si è costituita parte civile con l’avv. Diego Petroni. Ieri la corte d’assise ha sciolto le riserve sulle richieste avanzate da accusa e difesa: ammessi gli interrogatori del neo pentito Raduano e di un teste a discarico; mentre il 24 maggio il perito fonico sarà incaricato di trascrivere un’ulteriore intercettazione, come chiesto dal pm Cardinali.
L’agguato che costò la vita a Fabbiano è collegato alla guerra di mafia viestana tra il clan Raduano e i rivali del gruppo Perna/Iannoli: dal 2015 al 2022 a Vieste ben 19 fatti di sangue con 10 morti, 1 lupara bianca e una serie di agguati falliti. Secondo l’accusa, Fabbiano e Notarangelo finirono nel mirino di Iannoli, Gianmarco Pecorelli (ucciso il 19 giugno 2018) e di un terzo complice rimasto ignoto, per vendicare l’omicidio di Giambattista Notarangelo assassinato a colpi di pistola e di fucile il pomeriggio del 6 aprile 2018 mentre in campagna dava da mangiare ai maiali.
Per l’omicidio di Giambattista Notarangelo lo scorso 12 aprile sono stati arrestati 5 viestani: Michele Notarangelo e i pentiti Danilo Pietro Della Malva e Orazio Coda ritenuti gli autori materiali del delitto proprio insieme a Fabbiano; il pentito Marco Raduano accusato di aver fornito armi e auto ai sicari; e Michele Lapacciana, indiziato “solo” di favoreggiamento perché avrebbe ricevuto dopo l’omicidio le armi usate dal commando.
Giovanni Iannoli è detenuto dal 21 agosto 2018: al momento è stato condannato in via definitiva a 20 anni nel blitz antidroga “Agosto di fuoco”; a 14 anni e 6 mesi per il tentato omicidio di Marco Raduano del 21 marzo 2018.
E’ sotto processo in corte d’assise sia per l’omicidio di Marino Solitro ucciso a Vieste il 29 aprile 2015; sia per l’omicidio Fabbiano/tentato omicidio Michele Notarangelo. Era quindi già detenuto Iannoli quando il 9 agosto 2021 gli venne notificata in cella l’ordinanza del gip di Bari chiesta dalla Dda per l’omicidio Fabbiano.
L’accusa sino a oggi si basava essenzialmente su intercettazioni e sulle dichiarazioni di Danilo Pietro Della Malva, ex esponente di spicco del clan Raduano, pentitosi a maggio 2021; raccontò che all’epoca della morte di Fabbiano, era latitante, la sera del delitto ricevette la visita del cugino Michele Notarangelo sfuggito all’agguato che gli fece i nomi di Giovanni Iannoli e Gianmarco Pecorelli quali autori della sparatoria.
RADUANO: “ECCO CHI SPARÒ” Sostanzialmente le stesse circostanze ha riferito adesso Marco Raduano, 40 anni, ex capo dell’omonimo clan, catturato a Bastia in Francia il 2 febbraio 2024 dopo un anno di latitanza per essere evaso dal carcere di Nuoro il 24 febbraio 2023 mentre scontava 19 anni per traffico di droga e armi aggravato dalla mafiosità, e condannato all’ergastolo in primo grado nel processo “Omnia nostra” per mafia, 2 omicidi (Giuseppe Silvestri a Monte il 21 marzo 2017 e Omar Trotta a Vieste il 27 luglio successivo) e un tentato omicidio (Giovanni Caterino a Manfredonia il 18 febbraio 2018).
Si è pentito a marzo, confessando d’essere un mafioso, un trafficante di droga, il coinvolgimento in oltre 10 omicidi, di cui 5/6 compiuti materialmente. A dire di Raduano i killer di Fabbiano furono Iannoli e Pecorelli: glielo avrebbe confidato Michele Notarangelo che li riconobbe.