È legittima la proroga delle concessioni balneari disposta a seguito di una procedura a evidenza pubblica. È un caso particolare, ma molto importante, quello su cui si sono pronunciati i giudici del Tar di Bari sconfessando l’operato – o meglio il ripensamento – del Comune di Barletta.
La vicenda è simile a quella relativa alle spiagge di Monopoli e riguarda quattro imprese nei cui confronti l’amministra-zione comunale barlettana, nello scorso dicembre, ha disposto la riduzione della durata delle concessioni al 2024, dopo che (nel dicembre 2020) le stesse concessioni erano state prorogate al 2033. Una decisione, quella dell’«accorciamento», che il Comune ha motivato con l’intervento dell’Autorità garante della concorrenza: a inizio 2020 l’Antitrust aveva infatti contestato la proroga, ritenendola contraria ai principi delle norme comunitarie (la direttiva Bolkestein).
La particolarità sta nel fatto che i quattro gestori di storici stabilimenti balneari barlettani (tutti assistiti dagli avvocati Emanuele Tomasicchio, Giacomo Tarantini, Roberto Ventura e Francesco Tomasicchio) avevano conseguito la proroga a seguito di una procedura prevista dal Codice della navigazione, cioè attraverso la pubblicazione di un «rende noto» che permetteva agli eventuali interessati di partecipare a una gara per l’assegnazione della concessione.
Questo passaggio basta, secondo i giudici baresi (Terza sezione, presidente ed estensore Carlo Dibello), a ritenere «scongiurata» la «proroga automatica delle concessioni demaniali, più volte stigmatizzata dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria. E può quindi ragionevolmente concludersi che la procedura comparativa in forza della quale la ricorrente ha ottenuto la proroga dell’efficacia delle proprie concessioni è tutt’altro che automatica e, quindi, appare del tutto legittima e in linea con il diritto dell’Unione europea».
Le procedure seguite in questo caso sono considerate equivalenti a quelle previste dal Codice degli appalti. Il Comune di Barletta aveva però motivato la sua «resipiscenza» spiegando che, in realtà, il «rènde noto» era stato pubblicato all’albo pretorio per meno di 20 giorni. Il Codice della navigazione, ha però osservato il Tribunale, «non impone affatto un termine di pubblicazione di venti giorni dell’avviso in oggetto.
Viceversa, detto termine è indicato, al comma 4, quale termine minimo prima del quale non è possibile procedere alla stipula». In questa cornice (con una procedura pubblica) non si può dunque parlare di proroghe automatiche, bensì -dice il Tar – «di una vera e propria proroga di carattere procedimentale ben lontana da qualunque automatismo dettato dal legislatore».
La pronuncia del Tar di Bari non è in contrasto con quella del Consiglio di Stato che, lunedì, in tre sentenze gemelle riguardanti il Comune di Lecce, ha ribadito l’illegittimità delle proroghe «generalizzate» volute dal governo Meloni (ma anche dal governo Conte fino al 2018 e da Draghi fino al 2020) perché incompatibili con la direttiva europea.
Da qui l’obbligo per le amministrazioni comunali «di bandire immediatamente procedure di gara imparziali e trasparenti per l’assegnazione delle concessioni ormai scadute il 31 dicembre 2023»: Tunica proroga possibile è quella – tecnica – al 31 dicembre prossimo, prevista soltanto nei Comuni in cui è stato già deciso di avviare le gare.