«Il Gargano», questo vessillo della nostra passione e delle nostre battaglie, non potrà non avere un posto onorevole nella storia del giornalismo dauno non solamente perchè organo ufficiale della ”Rinanascita Garganica” — che mi onoro di presiedere —, sempre prima nell’intuire, nello studiare, nel prospettare tutte le legittime aspirazioni dei nostri paesi, e nel collaborare alla soluzione dei relativi problemi, quant’anche perchè ha costituito e costituisce un’accogliente palestra per tutti gli scrittori garganici di ogni tendenza ed età, i quali trasfondono nelle sue colonne con fresco entusiasmo l’apporto del loro sapere e del loro grande amore per la Terra natia. Ma noi vogliamo che di tali scritti qualcuno superi la breve ed efímera vita del giornale e rimanga, nel tempo, a prova del nostro fervore, e forse anche per proficuo diletto di chi negli anni venturi avrà, come noi, il culto ed il gusto dello studio dei vari aspetti e della storia di questa Terra. Come per noi è stata ed è argomento di grande gioia rintracciare tra le polverose carte paesane qualche copia superstite di uno scritto garganico vecchio di decenni o di secoli, così, sicuri che dopo di noi, nei decenni e nei secoli, non potrà mancare qualcuno che avrà la stessa passione nostra e in questi studi vorrà fare e saprà fare come noi e meglio di noi, per lui, ed anche per qualche studioso che gradisca avere tra i suoi libri traccia di questi scritti, riteniamo opportuno riprodurre in opuscoli a parte gli articoli che stimiamo più idonei a sfidare, sia pure in umiltà, il tempo.
Gli opuscoli costituiscono sempre una preziosa cornice di ogni biblioteca specializzata ed acquistano invecchiandosi un valore sempre maggiore.
Ci auguriamo che questi nostri opuscoli possano avere un degno rilievo nelle collezioni del genere.
Michele Vocino
La difficoltà di rintracciare le fonti, sparse nei luoghi più impensati, rende difficile una precisa ricostruzione storica della stampa garganica. Pur tuttavia, convinti che l’opera dei suoi figli assegna al nostro Promontorio un posto non ultimo nella cultura dauna, ci siamo accinti al lavoro, animati non solo dalla passione che ci lega alla nostra terra, ma anche dal desiderio di rievocare le figure più note di scrittori, poeti e letterati garganici che alla stampa hanno dato il loro prezioso contributo.
I PUBBLICISTI DELL’OTTOCENTO
Il sorgere di periodici garganici fu preceduto da un’attività pubblicistica, piuttosto che veramente giornalistica, da parte dei nostri uomini più eruditi, essendo stato, nel secolo scorso e più precisamente durante il dominio borbonico, limitatissimo, se non addirittura nullo, il giornalismo professionale nel Mezzogiorno.
Nella Daunia i più antichi periodici furono: il Giornale fisico-agrario sorto nel 1830, il Poligrafo che vide la luce nel 1831 (entrambi di vita breve) e il Giornale della reale società economica di Capitanata che iniziò le sue pubblicazioni — con periodicità trimestrale — nel 1835 e sicuramente visse a tutto il 1847.
Successivamente apparvero a Foggia: «La Lucciola» (1846) «Il Cittadino», (1848), «Lo Stella di Garibaldi» (1860) e probabilmente qualche altro, come opina M. Menduni («il Gargano» A. II, n. 5, 1951, fino a «La Capitanata» del 1867. Nel 1866 vide la luce la «Gazzetta delle Puglie» gestita e stampata da Giuseppe Ciampitti alla quale, sebbene posteriore ai primi tre ebdomadari, bisogna attribuire una importanza maggiore perchè mentre quelli sembrano occasionali e di parte, questa aveva carattere veramente indipendente e costituisce per la Daunia il primo periodico d’informazione vero a proprio come oggi si intente. (M. Menduni in «Il Gargano» A. III n. 5). La stampa ufficiale invece, aveva fin dall’8 maggio 1808 il Giornale dell’Intendenza di Capitanata, che continuò le sue pubblicazioni fino al 1860, anno in cui prese il nome
di Giornale del Governo di Capitanata e durò fino al 1866. Nel 1866, stampato nella tipografia di Salvatore Cardone di Poggia, uscì il Bollettino della Prefettura di Capitanata e nel 1877 vide la luce il Foglio periodico della prefettura di Capitanata, che ebbe vita sicuramente fino al 1896.
Per rintracciare quindi iniziative giornalistiche private più notevoli, dobbiamo giungere a dopo la fine del regno borbonico. Ma anche negli anni precedenti, i nostri più eruditi conterranei avevano svolto una attività pubblicistica, come i seguenti dati valgono a dimostrare.
Il primo articolo di uno scrittore garganico apparso su un periodico dauno, pare sia quello di Giuseppe Libetta di Peschici, dal titolo: «Rapido sguardo su i diversi prodotti, del Monte Gargano e sul loro commercio»; fu riportato nel 1832 dal Giornale fisico-agrario di Capitanata. L’autore era socio corrispondente della Società economica di Capitanata ed il suo scritto consisteva in una memoria presentata in quell’anno alla detta società. Un altro articolo dello stesso autore, dal titolo: «Danni che provengono al Gargano dalla proibizione dell’intacco dei pini » lo troviamo nel volume settimo (1842) del Giornale degli Atti della reale società economica di Capitanata,
Questo stesso periodico, di cui abbiamo dato ragguagli ne Il Corriere di Foggia (1946, n. 22), pubblicò nel 1838 un « Cenno storico di Vico del Gargano », dovuto a Gianvincenzo Mattei, del quale autore il De Leonardis, nella sua «Monografia generale del Promontorio Garganico» (1868) dice che « più di una volta denegossi al grado luminoso d’intendente. Uomo di merito sommo, Consigliere provinciale (ed anche, per lungo tempo, Presidente dello stesso Consiglio) e socio corrispondente della Reale Società Economica di Capitanata, il quale, senza la menoma esagerazione, dir si poteva il Nicolini della Montagna, la cui morte subitamente avvenuta fu lacrimata dal Capuano con una funebre orazione e dal Montanaro con un cenno necrologico, posto a stampa sul Lucifero (A. II, pag. 234) ».
Il Capuano, nella citata orazione funebre, c’informa che il Mattei scrisse molte e bene su svariati argomenta giuridici, sul culto religioso, la cui opera rimane incompiuta, e su temi di storia naturale; inoltre compose varie orazioni panegiriche e funebri, una raccolta di epitaffi ed iscrizioni, un buon numero di epistole latine, varii scritti filosofici ecc., rimasti però tutti inediti. E lo stesso Capuano soggiunge che «se tanti preziosi manoscritti si mettessero in luce, trarrebbero certo dal sepolcro il loro autore, e gli assegnerebbero non bassa nicchia nella Repubblica delle lettere. In conclusione fu della Daunia uno dei precipui fregi, nel Gargano come il capitello corinzio fra gli architettonici ordini, e della sua patria, l’idolo adorato». Ebbe, questo nostro autore, vita non lieta nella solitudine della vedovanza, che lo colpi senza prole dopo breve tempo dal matrimonio, ed alla quale non volle sottrarsi. Morì in Vico, che gli aveva dato i natali, il 24 giugno 1839, all’ora nona, all’età di 62 anni, dopo essere stato nella mattinata al Convento dei Cappuccini a confessarsi e comunicarsi. Il Villani lo cita nella sua «Daunia incolta» (Napoli, 1890) quale uomo di merito sommo. E tale effettivamente era, a giudicare dal suo «Cenno storico di Vico del Gargano» e dalla «Orazione funebre per le esequie di Mons. Domenico Arcaroli», unici suoi scritti che abbiamo avuto l’opportunità di leggere. La sua bella villa all’Acqua del Vicario in agro di Vico, conserva ancora l’impronta della sua pacata genialità e qualche suo libro. Ma la sua biblioteca è nelle soffitte di Palazzo della Bella in Vico ed è in progetto da parte degli attuali proprietari suoi parenti ed eredi, di procedere quanto prima a riordinarla in alcune sale al primo piano. Sullo stesso Giornale degli Atti della reale società economica di Capitanata, troviamo inoltre scritti di Leonardo Giuliani, che pubblicò, nel vol. XI-1846, uno stadio sulla storia di S. Marco in Lamis, ed articoli su argomenti vari, di A. Medina di Vieste, di Antonio Bramante di Carpino, del Can. Lionardo Caruso e dell’Arcip. Matteo Zaccagnino di S. Nicandro. Di quest’ultimo il Villani dice che fu dotto ed esemplare sacerdote e che lo cita onorevolmente il Fraccacreta nel suo Teatro.
Il De Leonardis ricorda anche, fra gli « uomini distinti » D. Francescantonio Nobile di Vieste, « dottore in legge, (antiquario a pochi secondo, e scrittore dalla collezione delle leggi di tutti i tempi e di tutti i luoghi, opera monumentale sparsa nei giornali d’Italia». Tra i pubblicisti garganici (come nota lo stesso Menduni ne «Il Gargano» n. 6 – 1951) primeggia la figura del grande viestano Lorenzo Fazzini il quale era un assiduo collaboratore de «Il Poliorama Pittoresco» – Napoli 1836 – E ‘possiamo aggiungere anche Nicola d’Apolito di Gagnano Varano, genie delia chirurgia italiana, con i suoi articoli su l’Osservatore Medico ed arili giornali napoletani intorno al 1840. Inoltre fra gli stessi pubblicisti del secolo scorso va annoverato l’Avv. Giuseppe Fioritto da S. Nicandro Garganico, il quale, nella seconda lettera scritta da Foggia, il 30 marzo 1874, ad Antonio Bramante di Carpino (in cui tratta l’auspicata trasformazione del Varane in porto militare) riprodotta nell’opuscolo «Il Gargano», dice: «Mio sempre caro e prezioso amico. — A 18 marzo 1870, non a mia, ma a ben reiterate tue premure, ti diressi una lettera., la quale trovasi già pubblicata sud secondo numero del giornale Il Giannone ».
Tale periodico, come accerta Menduni, usciva a Foggia; ma non sappiamo se sia stato fondato e diretto da un garganico, nè conosciamo il suo carattere e la sua durata.
Giuseppe Fioritto fu un acceso liberale, uno dei più noti ed attivi cavalieri garganici dell’unità d’Italia. Nella prima delle due lettere contenute nel citato opuscolo (nella quale sostiene che Uria era ubicata sul monte Civita in agro di Ischitella) a pag. 9 cosi scrive: «Ed egli mi è giuoco forza quindi non tacere che fin dal luglio 1859 fui di proposito sulla montagna «la Civita », tre o quattro chilometri distante da Ischitella. La data non la dimentico, che segna un altro interessante ricordo per me; poiché quella buona creatura di Iena dei Corenei, in allora Sottintendente di S. severo, oggi (scriveva il 18 marzo 1870) fors’anche, come tanti altri, atteggiato a liberalone riformatore, non sazio delle perenni vessazioni e carcerazioni politiche da me patite dal 1848 in poi, vera Iena, coronava quegli innocenti studi e quelle mie elaborazioni, con un esilio!». Terminava la lettera pregando l’amico che stimava «patriota ed umanitario» (e tale effettivamente era perchè fra i maggiori carbonari di Carpino) «di promuovere ed incoraggiare gli scavi, della Civita, essendo risaputo che anche una nuda pietra la quale ci ricordi tremila anni, vale per lo scienziato più del gran diamante del re del Portogallo». Abbiamo rinverdito la memoria di Giuseppe Fioritto, dimenticato patriota garganico, in quattro articoli pubblicati nel «Momento sera» del 1948, nn. 244, 277, 291 e 299, in seguito a spigolature originali tratte dall’Archivio di Stato, sezione criminale di Lucerà, dal titolo: «Gli effervescenti di S. Nicandro. Il processo a Giuseppe Fioritto ed altri», e ci proponiamo di completare uno studio, già pronto in parte, su tutto il ’48 garganico. Ma per illustrare la figura del Fioritto ai fini pubblicisti, ricorderemo altri cinque opuscoli stampati dallo stesso con i seguenti titoli: «Norme per i governanti e governati», (Napoli, 1876); «Trattato di economia civile» (Foggia 1885) ; Discorso sulla pena di morte (Foggia 1875); La ragione delle lingue (Poggia 1880); Scienza vecchia di Vico nuovo (Foggia 1881) ; densi di pensiero, se pure alquanto astrusi e faticati nella forma.
I PRIMI PERIODICI DELL’OTTOCENTO
«Il Gargano»
Si giunge così al 1868, anno in cui vide alla luce «Il Gargano», che può considerarsi il primo+ periodico del Promontorio e del quale diamo le poche notizie che ci è riuscito raccogliere e riproduciamo la testata.
Debbiamo alla cortesia di Tommaso Ventrella se, come una rarità giornalistica, ne possediamo un numero rinvenuto per caso fra vecchie carte di famiglia.
Detto numero porta la data: Poggia, 14 giugno 1868; A.I. n. 4. Direttore il Prof. P. De Vecchi e gerente Giuseppe Ciampitti che ne era anche l’editore; si stampava nella «Tipografia del Gargano», che non sappiamo dove fosse ubicata, ed usciva ogni sabato.
Il suo formato è come quello degli altri giornali del tempo: 45×64, su quattro colonne; 1’ultima delle quattro pagine era dedicata alla pubblicità, mentre la prima e la seconda contenevano trattazioni di problemi generali e nella terza era piazzata le cronaca.
Altre notizie non sappiamo darne e saremo grati a chi vorrà fornircene, sia relativamente al periodico che ai suoi artefici.
«Il Veltro»
Ma di vera e propria stampa garganica, a quanto ci è stato fin qui possibile raccogliere, si può parlare dal 1888, quando cioè uscì a Carpino il primo ebdomadario ad iniziativa di Pasquale Farnese.
Questo, allora giovane poeta (era nato a Carpino il 28 giugno 1857 dove morì il 16 ottobre 1930), aveva a Napoli iniziato gli studi giuridici, rimasti poi incompiuti. In quella città si era invece dedicato ad una feconda attività letteraria e giornalistica, prima (1882) quale redattore capo de « La Bandiera » e poi quale fondatore e direttore dei « Gazzettino rosa ».
Rientrato nella nostra provincia, si era fermato a S. Severo per dar vita, nei 1885, insieme a Raffaele Fraccacreta e Luigi La Cecilia, al «Corriere di Capitanata ».
Ritornato a Carpino, nella passione della quale subiva tutto il fascino, fece sorgere nel 1888 Il Veltro. Di questo primo periodico garganico, dopo affannose ricerche, siamo recentemente riusciti a rintracciare un numero fra vecchie ed abbandonate carte di famiglia, relegate (e chi sa da quando) in soffitta. La fonte però non è esaurita e ci auguriamo di trovarne altri. Quello che possediamo — il n. 5 dell’anno I — porta la data del 24 maggio 1888.
In una corrispondenza da Foggia, a firma di“ Eùno, è detto: «Da molti giorni il simpatico Veltro, il nostro caro giornale battagliero, non si vedeva, e gli amici sempre mi domandavano con premura: Che cosa n’è del Veltro? si fosse stancato nella corsa? Non temete, io rispondevo loro; il Veltro corre, corre sempre, senza stancarsi mai: ora si riposa un poco, un pò di riposo fa sempre bene nella vita, serve a ripigliar la corsa con maggior lena. Ed ecco che il Veltro riappare giulivo, ansante, veloce, e tutti gli si avvicinano a salutarlo, a fargli mille carezze e dargli il benvenuto. Avanti sempre caro Veltro; nella tua corsa quante cose brutte e belle vedrai, quanti arlecchini che ostentano serietà, quanti furbacchioni con la maschera sul viso; e toccherà a te, caro Veltro, «svelare certe magagne nelle amministrazioni, coprire di ridicolo gli arlecchini, strappare la maschera a quegl’ipocriti, e la provincia te ne sarà grata.»
Se è certo quindi l’anno di nascita, è certo pure che la vita del settimanale carpinese fu intermittente e stentata, nel carattere battagliero e di avanguardia che gli si riconosceva.
Sulla testata che occupava un terzo della prima pagina, un levriero a testa alta era in atto di moto poggiando la zampa destra anteriore sulla parte inferiore del V e con una penna d’oca in bocca. Un complesso di figura e di caratteri del più tipico ottocento.
Il sottotitolo era: Monito settimanale delta democrazia pugliese ed usciva il giovedì a Carpino, mentre era stampato dalla tipografia Vecchi e De Girolamo in S. Severo.
Di formato 48×68, era di poco più grande de «Il Gargano» del 1868. Le tre colonne su larga giustezza (precisamente uguale a quelli che usiamo per queste note), erano in corpo 12 e 10. Riportava articoli di notissimi autori, a giudicare da quello di fondo del numero in nostro possesso, dal titolo: «Libertà di stampa » ed a firma di Matteo Renato Imbrioni – Poerio. E non mancavano, fra gli articoli combattivi e le notizie di cronaca, le battute umoristiche come questa: «In un ballo. Un giovanotto, timidissimo, non sa come intavolare la conversazione con la sua ballerina. Ad un tratto si decide facendo uno sforzo, e, con voce dolcissima; Signorina, avete veduto mai ghigliottinare?»
La quarta pagina non si utilizzava come testo, e si lasciava in bianco, come usavano tutti i periodici del tempo. L’abbonamento annuo era di cinque lire; ogni numero costava dieci centesimi.
Non abbiamo potuto ancora stabilire fino a quando durò la sua pubblicazione; pare tuttavia che non ebbe vita lunga e forse morì nello stesso anno in cui vide la luce.
Oitre ad Eùno da Foggia, troviamo altri pseudomini fra cui Mefistofele da Rodi e Fidelfo del quale abbiamo apprezzato un articolo su Pietro Giannone.
«La Rivista Garganica»
La seconda pubblicazione sorta sul Gargano, in ordine di tempo, è la Rivista Garganica, settimanale indipendente in opposizione all’allora deputato del collegio Roberto Vollaro. Probabilmente dietro le quinte vi era il Cav. Francesco Sanzone di S. Nicandro, aspirante a rappresentare in parlamento la sua terra garganica, della quale Vollaro non era figlio e che non visitava mai.
Ebbe vite nel 1894 a San Nicandro Garganico dove seguitò con certezza ad uscire fino all’aprile 1896. Non abbiamo alcun numero del 1897. Il primo dell’anno V° porta la data del 2 luglio 1898 da San Marco in Lamis, e nell’articolo di fondo, a firma del direttone R. Sallustro, è detto che la rivista riprendeva la pubblicazione dopo diversi mesi, sospesa in seguito alla querela per diffamazione sporta dal Vollaro contro il Sallustro in data 8 marzo 1897 per un articolo pubblicato nel periodico. Il giudice istruttore dichiarò di non farsi luogo a procedimento per inesistenza di reato e la lotta contro il rappresentante del collegio riprese più acre.
Con questo primo numero del ’98 il formato si riduce con la giustezza delle colonne che restano sempre quattro, ma non cambia il carattere battagliero. La quarta pagana è sempre non utilizzata come testo.
A S. Marco in Lamis il periodico fu con certezza pubblicato per tutto il 1899. Non sappiamo poi più nulla della Rivista Garganica.
Fondatrice, proprietaria, editrice e direttrice fu dal suo sorgere fino al 1° maggio 1895, Laura de Troia presso la cui tipografia in S. Nicandro, e poi in S. Marco, il giornale fu sempre stampato.
Ci mancano i numeri dal 16 al 20 dell’anno 2°; nel ventunesimo del 25 agosto 1895. appare direttore-responsabile Roberto Sallustro che nella direzione, sostituì la De Troia, e, nella gerenza, un tal Cesareo Giuseppe.
La nuova direzione impresse al periodico un carattere più combattivo e fra le altre — per la attinenza che ha con il presente lavoro — citeremo la battaglia grossa iniziata nel n. 25 del 12 ottobre 1895 con l’Apulia di S. Severo, dove la direzione dice: «Abbiamo appreso che l’Apulia ha assunto il compito (ridete) di demolire il nostro giornale, e che pertanto manda a centinaia per i paesi del Gargano i rari stentati numeri che da poche settimane ha incominciato a pubblicare».
Qualche breve interruzione nella pubblicazione del periodico si nota negli anni 1895 e ’96. Nel ’97 uscì certamente, sia pure per pochi numeri, quando si pensi che quelli del ’98 portano Anno V° e l’inizio della pubblicazione risale al 1894. Poi anche nel 1898 e ’99 vi furono brevi soste.
La Rivista pubblicò, in fogli a parte, durante la campagna elettorale dei 1895, delle lettere aperte ai suoi 950 lettori (perchè poi 950?), sostenendo a spada tratta la candidatura Sansone contro quella del Vollaro. Nella settima di queste lettere, datata da Carpino 21 maggio 1895 a firma Faust, violenta e poco delicata, si parla di «….un antico Microbo firmato non so per quale fine recondito P. F. (forse Pasquale Farnese che doveva militare in campo avverso) a capo di una corrispondenza faticata quanto inconcludente, pubblicata nel n. 137 del giornale dei due vermicciattoli adulteri….» e seguita di questo tono.
A titolo di curiosità, quale oggi appare, notiamo che alla fine del ’98. si annunziava in grassetto, una serie di articoli sulle automobili allo scopo di spiegare la costruzione, il funzionamento, le dimensioni delle vetture, l’apparecchio, la direzione ecc.; apparvero gli articoli e propugnarono anche la necessità di servizi automobilistici in provincia e specialmente sul Gargano, allora servito da lente corriere ippotrainate. Ma il Promontorio dovette attendere fino al 1912 prima che tale voto si avverasse.
Anche le quistioni sociali vi erano dibattute ed è del ‘98 un bell’articolo di Domenico Angusto Turchi dal titolo: «Il pauperismo e la questione scoiale». Questo brillante scrittore Carpinese ebbe poi modo di svolgere il suo pensiero ne «Il Vaglio» di S. Severo che diresse dal 1904 al 1907, prima di rientrare definitivamente nel suo paese d’origine dove fu l’animatore per oltre un decennio della vita politica, e che lo elesse oltre che Sindaco, Consigliere provinciale dei mandamento di Cagnano Varano. Il Consiglio provinciale lo prescelse a suo vice presidente sino all’avvento del fascismo, che lo sottopose poi ad ammonizione. Valente ed efficace come scrittore il Turchi non raggiunse nella poesia, che pure tentò se non limitati successi e solo poche composizioni si salvano da un incolore mediocrità che non si avvicina neanche a quell’arte che può costituire il minimo per essere classificato poesia e non pedante metrica.
Pure allora come oggi si dibatteva l’eterno contrasto fra nord e sud ed è notevole un articolo firmato m. t. riportato sul n. 26 del 10 dicembre 1899. Campagne contro il parlamentarismo. I soprusi, le disonestà e simili mali che affliggono l’umanità, fanno riportare l’impressione al lettore che il mondo è stato ed è sempre lo stesso nelle qualità umane e nei più difficili e fondamentali problemi che non trovano mai soluzioni adeguate. Una bella rubrica «Sui monti e per le valli» sostituita poi dall’altra: Note garganiche, che riportava e commentava i fatti di cronaca dei centri dello Sperone. Non mancava per altro, che anzi abbastanza curata era, la parte letteraria. Numerosi, ed alcuni anche illustri, erano i collaboratori della rivista
Giuseppe del Viscio nel 1895 vi pubblicava un articolo sulla «Formazione geologica del Gargano» e poi ancora nel 93 «Una gita a Monte Puccio» sulla necropoli da lui visitata.
Di queste studioso garganico (di cui il Rellini nel 1930 dimostrava errate alcune delle conclusioni a cui giunse nei suoi numerosi lavori sul Promontorio il Villani in «Scrittori ed artisti pugliesi» (Napoli 1920) a pag. 247-48 dice: «Il noto scrittore di Vico Garganico che non si stanca tuttodì d’illustrare sempre più la sua legione con persistenti e profonde indagini d’indole diversa, fu chiamato del Bertaux «un sevant modeste qui avait consacré tous ses loisirs a etudier sa montagne en naturaliste et en historieu (vedi Le mont Gargano et les iles Tremiti» in «Détour du Monde» n. 24 del 1899).»
Andrea de Ritis, ricordato anche dal Villani nell’opera citata, pubblicava nel ’95 un pregevole scritto sugli «Usi e costumi del popolo sannicandrese».
Furono riportati anche diversi componimenti in versi di Antonio Maselli di Vico, l’autore del romanzo di ambiente garganico «La figlia di Maso». Tali componimenti: «Il naso». «O tempora,». «Il Natale» non hanno invero che scarso valore.
Migliori di gran lunga sono gli articoli di Michele Vocino fecondo e valoroso scrittore nostro, del quale nella rivista del 1898 (abbiamo letto «Un castello garganico» leggenda breve che narra gli amori incestuosi del figlio di un barone saraceno con la matrigna.
Buoni gii scritti di Antonio de Filippis» da S. Marco in Lamis e di Francesco Fraccacreta, entrambi ricordati dal Villani insieme al Vocino del quale il biografo parla diffusamente e con spontanea ammirazione.
Fra gli altri collaboratori abbiamo notato le Anno di M. Russo e Francesco Paolo Gioffreda, quest’ultimo scrittole r iMieta curpinese. violentissimo nella polemica e del quale in apresso diremo.
Numerosi, ed alle volte strani, i pseudonimi. I più frequenti sono: Ombra, per gli articoli politici di fondo, Argenteo da Lucera, Sferzatutti e Piripipì dia Casalnuovo Monterotaro, Filippi da Vico, Fanfulla e Iustitia da Carpino, Bicicletta da Rodi, Fra Felice e Penombra da Viesti, Fritz da Peschici ed ancora il Bibliotecario in varie recensioni di libri Saladino che si firmava pure L. D., strenuo difensore degli interessi garganici nei vari campi. Lo Scatenato, Nicolaus Parafaragaramussa. Elmichen, Fausto, Emma, Lidia, ecc.
Quest’ultima ebbe una vivace polemica con l’Apulia che l’aveva chiamata «poetessa -bestia» ; Fausto era il più assiduo non solo con articoli politici e polemici ma anche nella parte letteraria in cui abbiamo notato un racconto dal titolo: «Monaca». Di Emma abbiamo letto la novella «Un nuovo amore».
Ci è impossibile, a tanta distanza di tempo, identificare i nomi di tutti questi amici e collaboratori della Rivista Garganica che hanno dimostrato alle volte una personalità interessante ed indubbio valore di scrittori; sotto gli pseudonimi che li hanno celati in vita, rimarranno forse per sempre sconosciuti.
Dopo il 1809 non sappiamo quale sorte sia toccata a questa benemerita «Rivista Garganica» che è senza dubbio la più importante che abbia avuto il Promontorio nell’Ottocento. Che sia morta con il secolo del romanticismo? Può darsi: ma il ricordo deve vivere, come quello di tutti gli antesignani.
Su Roberto Sallustro, Alfredo Petrucci ci ha fatto conoscere qualche suo ricordo personale. Basso e panciuto, era chiamato a S. Nicandro, don Roberto lo stampatore. Aveva la tipografia al pian terreno dei palazzo dell’Avv. Matteo Zaccagnino che fu deputato al Parlamento ed era soprannominato localmente «fratello baionetta» per la sua indomabile tendenza conservatrice, pur nella probità di una vita retta ed esemplare. Lo stesso locale fu poi sedie del Circolo Unione.
Negli anni della sua giovinezza, verso il 1906-7, Alfredo Petrucci ritrovò per caso don Roberto lo stampatore a Napoli, dove gestiva la tipografia «Il progresso del Vennero» a Via Bernini. E volle stampare il primo volumetto di versi di questo nostro poeta dal titolo «Voci del sangue», riprodotto poi in «Ruit hora».
Ma ci sorge il dubbio che questo D. Roberto lo stampatore non sia il Sallustro ma Roberto d’Auria tipografo napoletano che ebbe per qualche tempo la tipografia in S. Nicandro e che, pare, fece i primi numeri de «Il Piccolo Zuavo».
Nell’ultimo anno dello stesso secolo sorse il Gazzettino del Gargano del quale tratteremo compiutamente niella stampa del novecento in cui si nota tutta una fioritura di periodici garganici che va rimpiantata ed invidiata.
Prima di chiudere l’Ottocento, è doveroso far cenno di un altro periodico garganico, sfuggito negli appunti precedenti, del quale però nessun esemplare ci è riuscito vedere ma che, a quanto sembra, precedette «Il Veltro».
S’intitolava «Il Risveglio municipale»; vide la luce nel 1880 a Rodi Garganico come portavoce, pare, della locale fazione Grossi. Non sappiamo quanto durò. Ne era direttore l’Avv. Pasquale Scuglia e fra i collaboratori più assidui figurava Michelangelo de Grazia. Questi, nel secondo volume di «Appunti storici sul Gargano» dice: «Pasquale Scuglia, avvocato, linguista, letterato, poeta, oratore, nacque a Rodi il 21 giugno 1851. Fu collaboratore ricercato ed assiduo di diversi importanti giornali e direttore di quello locale detto «Lo Svegliarino» (che si identifichi con il Risveglio?). Tradusse parecchie opere di Victor Hugo, dal quale ebbe autorizzazione a pubblicarle, e scrisse altrettanto opere drammatiche, di cui ci sono rimaste l’Antitesi, dramma in cinque atti, ed uno scherzo comico dal titolo Fra due fuochi, che furono molto applauditi nel teatro dei Fiorentini di Napoli. Esistono altresì altre due sue pubblicazioni degne di nota: La costruzione del porto di Rodi e La crisi agrumaria che sono tesori di dottrina e di dialettica. Gli altri suoi scritti in prosa e in poesie, di grande valore, andarono perduti perche la morte immatura, avvenuta il 27 novembre 1905, non gli diede il tempo di raccoglierli in volume, ed appena si trovano, conservate dalle parti interessate, qualche poesia e qualche orazione in memoria di onesti cittadini, di cui egli soleva tessere gli elogi. Si ricordano ancora con cittadino orgoglio i discorsi da lui pronunziati nei comizi, nei congressi od altrove, con forbitezza e scioltezza di lingua, da cui spiccava quella vasta e soda cultura che gli fece meritare il nome di «cervello del paese».
Noi personalmente abbiamo viste in casa della figlia, signora Lina Africano, un facsimile esografico di una lettera autografa di Victor Hugo a Pasquale Scuglia, del precise tenore seguente: «Hauteville-house – Jersaj. 18 avril 1875 – Monsieur, C’est avec le plus vif plaisir que je vous donne l’autorisaùon que vous me demandez. Voir mes pauvres poésies, qu’il vous a piu d’appeler des chefs-oeuvre, traduites dans la langue de Dante et connues par une nation amie, a toujuurs été un des mes rèves. Recevez l’assurance dee mes sentiments très distingués. – Victor Hugo».
NEL NOVECENTO
«Il Gazzettino del Gargano»
L’11 novembre 1900 vide la luce in Monte S. Angelo Il Gazzettino del Gargano» diretto da Filippo Ungaro e stampato per i tipi della tipografia editrice Flaman.
Filippo Ungaro fu Daniele — indichiamo la paternità perché non lo si confonda con altri omonimi anche illustri avvocato, valente letterato e poeta, nativo di Monte S. Angelo è morto pochi anni fa a Trani dove si era trasferiti con la famiglia, essendo la moglie di quella città.
I suoi scritti lo presentano di ingegno vivido e di vasta cultura. Per la sua terra creò il Gazzettino di cui fece un organo vivo sia di lotta che di cultura. Accanto ai suoi articoli di fondo in cui si tratta non solo di interessi garganici ma anche provinciali (come ad esempio quello dell’acquedotto), troviamo articoli letterari e storici, notizie di cronaca garganica e del capoluogo, note scientifiche, novelle in appendice. La testata del periodico occupava un quarto di pagina con il titolo su due righe. Aveva per sottotitolo «Rivista bimensile amministrativa». Il formato era di 50×70 su quattro pagine, e la composizione su quattro larghe colonne. Nel 1901 si nota per la prima volta nei nostri periodici, l’utilizzazione della 4″ pagina per testo. Fra i collaboratori più assidui e valorosi notiamo Giovanni Tancredi (tata Giovanni), del quale diremo solo che non sappiamo quale sia stata la più grande virtù: se l’amore per la sua terra o la bontà d’animo e la passione per l’arte e il folclore garganico.
Altro Illustre collaboratore, anzi fondatore con l’Ungaro del periodico in parola, è stato Ciro Angelillis che figura con interessanti articoli e belle poesie contenute nella rubrica «Tra valli e monti» fatta da Girandolino. La rubrica occupava diverse volte quasi la metà della prima pagina con un fitto corpo sei ed aveva carattere eccletico fra il letterario ed il mondano. Sotto lo pseudonimo si nascondeva lo stesso Angelillis.
Altri collaboratori erano Andrea de Ritis di Apricena di cui abbiamo letto a puntate i «Profili e quadretti del Gargano», Michele de Meo che scriveva un brillante articolo su Nietzsche. Salvatore Donatacci di Cagnano che si occupava della malaria sul Varano.
Il periodico riportava corrispondenze da tutti i paesi del Promontorio, dove sicuramente contava lettori ed abbonati. Molti gli pseudonimi secondo l’uso del tempo: Aora da Foggia, Acci da S. Nicandro, Er da Rignano, Veritas da Peschici, Gano da Rodi, Y da Manfredonia, ecc.
Ciro Angelillis ci ha confidato che Rougan era lo stesso Ungaro, mentre Rico era lui. Si usava allora anagrammare il proprio nome per mostrare varietà di firme. Certo è che il Gazzettino si reggeva proprio sul lavoro di Filippo Ungaro, di Ciro Angelillis, di Rougan, di Girandolino e di Rico. Il periodico durò fino al 31 dicembre 1901 e poi sospese la pubblicazione per riprenderla nel 1909 come diremo in seguito.
Della tipografia era titolare Flaman — oriundo tedesco — del quale in Monte S. Angelo vi sono tuttora i discendenti.
« Pallade »
Nell’istesso periodo, diretta pure da Filippo Ungaro e stampata per i tipi di Flaman e Ciampoli, si pubblicava in Monte S. Angelo «Pallade», rassegna bimensile di lettere, scienze ed arti. A titolo di curiosità noteremo che l’abbonamento annuo era di L. 4, e quello cumulativo col Gazzettino del Gargano di L. 5. Allora si che si poteva leggere e stampare !
In testata, la dea, diritta su un cumulo di massi, reggeva nella mano sinistra, pendente al fianco, un libro; nella destra, levata in alto, una fiaccola accesa e fumosa, la cui fiamma aveva per sfondo un sole raggiante. Durò poco questa rivista. Il 23 dicembre 1900 usci un numero
di saggio che nel programma «Verso la luce» aspirava alla bonifica degli studi ed al miglioramento della scuola, in una visione nazionale dei problemi culturali. Il primo numero vide la luce il 5 febbraio 1901 (l’unico che possediamo). In esso l’articolo di apertura dal titolo «Tra l’uno e l’altro secolo» porta la firma di Giuseppe Checchia. L’ultimo numero fu pubblicato il 5 marzo dello stesso 1901.
Il compianto amico e maestro Giovanni Tancredi ci ha informati che la rivista ebbe a collaboratori eminenti letterati come Maria Pilo, Adele Galli, Lino Ferriani, Michele Mastropaolo, Lucio Bologna, L. Mazzoni, Bianca Maria Cammarano, E. Massaro, G. Ragusa-Moletti, Sante Sottile Tomaselli, Augusto Serena. Maria Antellina, Carlo Cantinieri, Arnaldo Cercesato ecc. i cui articoli venivano compensati fino a L. 200. somma considerevole per quei tempi dato il valore di acquisto della moneta.
Ciro Angelìllis, in una sua lettera dell’8 gennaio 1947 dice: «Furono pubblicati pochi fascicoli; ma l’impresa fallì perchè Filippo Ungaro pagava profumatamente i collaboratori che erano tutti scrittori di vaglia, e molto conosciuti in Italia, e non faceva che rimetterci di tasca. Fu una vera fisima, tanto più che la rivista non aveva nulla di garganico e rimase affatto estranea alla nostra regione».
Il tonnato era di 25 x 35 con 8 pagine di testo su carta consistente ed una copertina gialla che nelle pagine interne sotto il titolo: «Nell’arte e nella vita» riportava le novità bibliografiche e le notizie interessanti di scrittori italiani ed esteri, come ad esempio queste, tratte a caso dal primo numero: «Come le foglie» dì Giuseppe Giacosa al Lessling Theater di Berlino ha avuto un grandissimo successo». Ed ancora: «A Parigi in un piccolo albergo di via delle Belle Arti, sotto il finto nome di Sebastiano Meumatt morì il romanziere Oscar Wilde.
Aveva subito in ottobre un’operazione ma non si era completamente rimesso. Assisteva all’agonia il famoso Cord Douglas». Riportava anche una rassegna delle riviste italiane.
Fu certo il tentativo di un letterato che voleva dare ampio respiro alla nostra cultura; forse un tentativo presuntuoso per i tempi e per la locatità dove avveniva, ma sempre lodevole e da ammirarsi.
«Lo Sprone»
Nell’istesso primo anno del nostro secolo, si pubblicava a Rodi «Lo Sprone» che propugnava la difesa degli interessi garganici e quelli di Rodi in particolare. Travagliava allora all’agrumicultura garganica una grave crisi protrattasi per vari anni e lo Sprone se ne occupò con passione e competenza, se pure senza pratico risultato.
Al periodico collaboravano belle intelligenze locali come Michelangelo de Grazia, don Gherardo Gnozzi, don Micheleantonio Fini. Ne era Direttore Pasquale Scuglia,
Pare che la sua vita fu breve. Noi non sapremmo dare maggiori ragguagli essendo risultati vani tutti i tentativi di raccogliere altre notizie e rintracciare almeno una copia di questo giornale. Ma i rodiani, di questo periodico, come del Risveglio Municipale, dovrebbero occuparsi per rinverdirne la memoria.
Anche a Rodi, nella stessa epoca, si pubblicò per poco tempo «Il Culto» diretto da don Gherardo Gnozzi. a carattere religioso. Michelantonio Fini era fra i collaboratori.
«La Rupe»
Ai primi di settembre 1903 Pasquale Farnese si presenta ancora con un nuovo giornale, stampato questa volta a Carpino, dai titolo ” La Rupe “, Aveva egli stesso impiantata una tipografia nella sua patria nell’odierna via Palestre (sotto la cosidetta ” Madonnella ”) che i vecchi ricordano tuttora e che poi, pare, abbia seguito il proprietario quando si trasferì a Lucerà per assumere la direzione de ’’La Vampa”.
E’ questa nostra Rupe, della quale siamo riusciti a mettere insieme le annate 1903 e 1904 quasi complete, una pregevole pubblicazione sia dal lato tipografico che da quello artistico- letterario.
Nel n. 4 dell’anno I (27 settembre 1903) scrive il suo direttore: ’Intorno alla Rupe io ho chiamato a raccolta i Garganici, e come in pellegrinaggio ho visto, in ispirito, venire di ogni paese, di ogni villaggio torme di cittadini, salmodiando le parole più sincere e più sentite del cuore. Ed ho visto ancora della gente, curva per soggezione un tempo levar la fronte fiera e guardarmi fiduciosa: ho visto la ciurma degli umili scuotersi, divincolarsi, ed aggrupparsi, mentre erano dispersi, come per interrogarmi …” e più oltre : ” Fresca è la salmodia intorno alla Rupe-, l’aria n’è dolce e salutare, come limpida è la vena delle idee, che sgorgano entro di essa e come sono nitidi i panni di lino immacolati e fragranti per asciugarla e detergerla dalle brutture”. E’ questo tutto il programma che il direttore voleva assegnare al suo giornale che aveva per sottotitolo ’’Gazzetta della democrazia garganica a destra nella testata, era scritto: ” Agere et pati fortia” ’’Agire, agir sempre, agire concordi, agire a raccogliere ispirazioni, affetti di popolo, tesoro d’ire collettive, di conforti reciproci, di speranze, di giuramenti solenni, finché la coscienza della comune forza generi la fede ”. Mazzini.
Era dunque un periodo non solo di notizie e di difesa degli interessi garganici ma anche a carattere politico e di indirizzo repubblicano. Mancava però di quella densità che pure costituisce uno dei maggiori pregi degli ebdomadari.
Il 1° numero usci, se non erriamo, il 7 settembre 1903. Col numero 3 il “giornale” si mette a disposizione di tutti i commercianti che vorranno usufruire della 4° pagina per annunzi ed inserzioni”. Ma poca fortuna ebbe l’invito perchè l’ultima pagina di questo periodico è quasi sempre bianca. Praticamente quindi il testo si riduceva a tre pagine, su quattro larghe colonne in corpo 10 e 12.
Il formato del giornale era 70×50 e la testata occupava circa un quarto della prima pagina. Figurava come gerente responsabile tale Nicola De Cata fu Luigi che non era certo un collaboratore ma una qualsiasi testa di turco.
Aveva però collaboratori egregi a giudicare dalle firme e dal modo come era scritto il giornale.
L’Avv. Carlo Torelli di Apricena, Domenico Turchi di Carpino, Alfonzo de Maio da Ischitella, Michele Longo, Francesco De Perna, Luigi Pepe, Michele Cibelli. Nicola Giangualano, Raffaele Centonza, Vincenzo Malice, Michelantonio Fini, Lanciotti Gigli, R. Fraccacreta, Michelangelo de Grazia, A. Sacco F. Vergottini, Pasquale Scuglia, Giuseppe Cavallotti, e Francesco Paolo Gioffreda che oltre ad essere assiduo con articoli compilava una vivace rubrica ” Zanzare ” e si firmava ’’Sassolino
Anche numerosi erano gli pseudonimi: Papà Goriot, certamente Domenico Turchi, Kount da Vici, La Fionda da Carpino, Mimì da MS. Angelo. Veritas da Peschici, La Grue da Ischitella, Petronio che firmava buoni articoli di fondo il cui stile è farnesiano, Nurbo da S. Severo, Eden da Manfredonia, Funditor e la Gazza da Rodi, il Teppista, Etnegros, Garganus e Spartaco da Caimano, Ingenuo da Vieste, Fulcro da Foggia ed, altri.
Col 2° anno il sottotitolo di ’’Gazzetta della democrazia garganica ’’ viene mutato in quello a più ampio respiro di ”Gazzetta repubblicana delle Puglie ” per quanto si sia, anche nel passato, dato posto alle notizie di congressi repubblicani di Forlì e di altri luoghi. Ma rimase sempre, in testa alla prima facciata, la dicitura ’’Tiratura copie 2000” che probabilmente non ha mai raggiunto.
Dei problemi trattati all’inizio del secolo, come la bonifica dei comprensori dei laghi, la costituzione di consorzi economici, la costruzione di edifici scolastici, la deficienza della viabilità, la necessità dei porti ecc…. alcuni attendono ancora adeguata soluzione.
Largo spazio era dedicato alla polemica, molte volte violenta ed aspra. E combatteva Vollaro, schierandosi cosi al lato di quel movimento risorgimentale garganico che sboccò nella costituzione della ” Pro-Gargano ” scaturita anche essa, come la posteriore ’’Rinascita”, a Rodi il 26 ottobre 1903 In occasione di una riunione colà tenuta fra Sindaci e personalità dei diversi paesi, conclusasi con l’approvazione ad unanimità dell’ordine del giorno proposto dal dottor Vincenzo di Lolla, che fu poi il presidente del nuovo ente quando 1’11 febbraio 1904 i comitati comunali si riunirono di nuovo a Rodi
A titolo di curiosità ed a dimostrazione della lotta violenta che il giornale conduceva contro il deputato del tempo, rileveremo che al centro della 4° pagina tutta bianca dei n. 5 anno I – (4 ottobre 1903), a caratteri vistosi, era scritto: “La Rupe spedirà, a richiesta, i fischietti per l’On. Roberto Vollaro”.
Giusta opposizione contro un uomo, non della regione e neanche pugliese, che nulla fece mai per la nostra terra; per combattere, quando Domenico Zaccagnino propose la sua candidatura, sorse lo slogan: Il Gargano ai garganici, che vive tuttora.
Non abbiamo potuto stabilire con esattezza quando cessò le sue pubblicazioni questo settimanale garganico che usciva la domenica. L’ultimo numero in nostro possesso è del 19 giugno 1904, A.II n. 22. Probabilmente nello stesso anno.
Il suo direttore non si presenta poi più con giornali garganici, ma nel 1907 assunse a Lucerà la direzione de “La Vampa ”, chiamatovi dal partito contrario a Gaetano Pitta ed al suo ” Foglietto. Ivi ebbe vita turbinosa a giudicare dal seguente brano che riportiamo integralmente dal ” Giorno ” di Napoli, del 25 dicembre 1907: ’’Lucera, 25. (Etel): – I giornalisti locali, di ogni fede politica, hanno pubblicato, per far mantenere sempre alto il prestigio della stampa, una risentitissima protesta contro il sistema introdotto da P. Farnese, direttore della Vampa, di volgere in villane aggressioni morali ed in disgustose diatribe personali le più interessanti polemiche cittadine, ingaggiate col prof. G. Pitta, direttore del Foglietto. In essa, oltre a far notare a quali principi di onesta cavalleria debba uniformarsi ogni dibattito che mira a lumeggiare l’opinione pubblica intorno agli atti dell’amministrazione Municipale, i rappresentanti di tutti i giornali diffusi in Lucera rendono un attestato di sincera stima al prof. Pitta ingiustamente colpito nelle sua irreprensibili qualità di cittadino privato e di genitore. Il fiero e meritato monito, inflitto al garganico direttore del foglietto clerico-repubblicano non è espressione di alcuna affermazione politica! Esso ha riscosso il plauso di tutti gl’intelligenti ed i liberi, ed è firmato dai colleghi della Tribuna, della Vita, dell’Avanti, del Roma, del Giorno, del don Marzio, del Caffaro, dell’Ora, del Corriere delle Puglie, della Gazzetta delle Puglie, della Giovane Puglia. dell’Eco e del Giornale di Napoli”.
Pure nel 1904 e precisamente il 24 ottobre uscì a Carpino un altro giornale per i tipi dell’istessa tipografia, de “La Rupe” dal titolo ”Lo Montagna” Organo degli interessi garganici – che risultava diretta dall’avv. Giuseppe Bramante, ma della quale era l’anima Francesco Paolo Gioffreda.
Aveva carattere elettorale in favore di Vollero e contro Zaccagnino. Durò pochi mesi.
Fu vivacissimo ed arguto nella lotta ma non riuscì a dimostrare una sola realizzazione ottenuta da Roberto De Lieto – Vollaro a favore del Promontorio.
Gerente era lo stesso Nicola De Cata de «La Rupe».
Vi sono articoli di Domenico Turchi, Giuseppe Bramante, Achille Della Torre. Salvatore di Gregorio ed altri firmati con pseudonimi.
Si ha ragione di ritenere che cessò le pubblicazione il 6 novembre 1904 quando le urne assegnarono la vittoria a Domenico Zaccagnino.
Nel 1905 ad Ischitella uscì un periodico dal titolo «Il Gargano» su iniziativa di Tommaso Ventrella — che ce ne ha dato verbale notizia — e di Francesco Maratea. Ne furono pubblicati soltanto due o tre numeri ed in uno vi era nientedimeno che un violento attacco all’imperatore della Russia!…Fu un tentativo di due giovani che morì subito.
Veniva stampato in una piccola tipografia impiantata ad Ischitella, con poca fortuna e per breve tempo, da un sanseverese. Dopo «La Rupe» vi fu un po’ di sosta nell’attività pubblicistica garganica; interrotta solo da un numero unico, di diverse pagine intitolato: «Pro-Calabria» e stampato a Monte S. Angelo per i tipi di Flaman.
«IL PICCOLO ZUAVO»
Ma nel 1906 inizia, a S. Nicandro le sue pubblicazioni «Il Piccolo Zuavo» settimanale cattolico — , stampato in un primo tempo nella tipografia Dotoli di S. Severo e successivamente in Foggia presso Pistocchi e Arpaia. Non abbiamo i primi numeri e quindi non potremmo con certezza affermare come ci è stato riferito— se Roberto D’Auria, che pure ebbe per qualche tempo una tipografia a S. Nicandro ne abbia impresso qualche esemplare.
La direzione ed amministrazione erano in S. Nicandro presto il Circolo cattolico. (Direttore pare che sia stato Don Aristide D’Alessandro — celebre panegirista garganico — ; gerente responsabile risulta tale Tommaso Vigilante.
Dai pochi numeri in nostro possesso abbiamo desunto il suo carattere prettamente religioso, polemico contro gli avversari del cattolicesimo, con poche puntate per quanto riguarda i problemi e gli interessi della nostra terra.
Il più assiduo articolista di fondo era D. Aristide d’Alessandro ma altri buoni articoli portavano la firma di D. Giuseppe di Gennaro, Carlo Ghezzi, P. N. De Monte.
Nella testata era inserito: «… e ben di cuore impartiamo al Direttore ed a collaboratori l’Apostolica benedizione…. Roma, 18 gennaio 1907. Pio X»
L’abbonamento annuo normale costava L. 2,00 mentre quello sostenitore ascendeva a L. 3.00. ,
All’inizio del 1908 il periodico in parola usciva ancora e sembra che fu in vita per qualche altro anno. Di formato 50 x 70, la terza pagina era dedicata alla cronaca e la quarta alla pubblicità.
«il Gazzettino del Gargano»
Nel luglio 1909 riprende le sue pubblicazioni, sempre diretto da Filippo Ungaro e stampato da Flaman & C., «Il Gazzetino del Gargano»
Il 16 ottobre 1912 la direzione passa all’Avv. Angelo Donnamaria ed il periodico assume il sottotitolo «democratico amministrativo». Il 16 aprile 1913 il Gazzettino si trasforma da quindicinale in settimanale.
Era al settime anno di vita quando il 31 dicembre 1913 cessò le sue pubblicazioni e non è più apparso alla ribalta.
Vi collaborarono i più noti scrittori garganici fra i quali oltrecchè per il loro valore, anche in doveroso omaggio alla passione costante verso la nostra terra — ricordiamo ancora: Ciro Angelillis,, Michelantonio Fini. Giovanni Tancredi, Antonio Maselli, Michelangelo de Grazia e Biagio Azzarone. E’ conservata la rubrica «Tra monti e valli», ma Girandolino, che si era già trasferito a Lucera nel 1904, è sostituito da Von Heinrich e poi da Cardellino; ne è istituita un’altra, in 3° pagina, dal titolo «Corriere Garganico» ricca di notizie dai diversi centri del Promontorio, dove scrivono Athos, da Peschici, Toti e Tamiri da Mattinata, Fta e Veritas da Manfredonia, Essedi da Cagnano Varano, Micheldiavolo e Chantecler da S. Giovanni Rotondo, ecc. Ma anche vari articoli non di cronaca erano firmati con pseudonimi come L’Isotteo che ebbe una polemica con M.A. Fini a proposito del porto di Rodi, Don Pasqualino da Peschici, Effeù, Rudel e Belliger da Manfredonia, Raphael, Appulus ed altri. Pur con la interruzione di diversi armi, questo periodico conserva il primato della longevità fra tutte le effemeridi garganiche essendo giunto alla settima annata. Trattò molti dei nostri problemi ancora oggi sul tappeto sebbene parzialmente risolti e rappresentò per diversi anni l’unica fiamma nella, stampa provinciale. Risorgerà ancora il nostro glorioso Gazzettino? Qualche montanaro carezza l’idea ed auguriamoci che riesca a realizzarla.
Nell’anno successivo apparve anche in Monte S. Angelo, sempre per i tipi della Flaman. «Italia Nova», quindicinale politico letterario mondano, diretto da Romeo Giuffreda. che ebbe vita breve e precisamente dal 10 maggio al 28 giugno 1914.
Armi fortunosi sopraggiunsero. La prima guerra mondiale, il periodo burrascoso postbellico, la limitata libertà di stampa ed altre ragioni influirono, sul decadere delle pubblicazioni garganiche delle quali nessuna traccia si trova più dal 1914 al 1927.
«Il Solco»
Finalmente il 16 dicembre 1928 riappare in S. Marco in Lamis un nuovo periodico garganico. E’ «Il Solco», settimanale letterario umoristico e di cronaca garganica, diretto dal dott. Giovanni La Selva per i tipi Caputo.
Di formato 70 x 50 su cinque colonne, dedicava le prime due pagine ad argomenti letterari e«folcloristici mentre la terza ospitava la cronaca dai diversi centri garganici, una rubrica umoristica «L’Osservatorio» ed una colonna in dialetto sammarchese di carattere scherzoso redatta abitualmente da – Lu ’impicciuse — (Donato Apollonio) ma anche da Cristianuccia, Mechele e Lu ’ntrecante (Dr. Pietro Villani). Buoni articoli sui più svariati argomenti portano la firma di Giustiniano Serrilli, Luigi Guerrieri, Pasquale Soccio, Giovanni Tancredi, A. Giuliani, Dino Aureli, G. La Selva, Donalo Apollonio, Concetta Villani, Marchesani, A. De Filippis, P. Nazzaro, G. D’Alma e finanche di Alfredo Petrucci e Riccardo Bocchelli; mentre le poesie erano di A. Giuliani, Francesco Benvenuto, L. Guerrieri, E. Fiore. G. D’Alma e G. La Selva. Dura fine al dicembre 1929 e poi scompare, dopo circa un anno di vita e 32 numeri pubblicati. Limitata diffusione ebbe sul Promontorio.
«La Fionda»
Anche in S Marco in Lamis, il 1 gennaio 1933 si pubblicò «La Fionda» rivista mensile di lettere ed arti. Il Comitato di direzione era composto da: Luigi Guerrieri, Luigi Martino e Donato Apollonio, il quale ultimo era il direttore responsabile. Editore Giovanni Caputo, presso la cui tipografia in S. Marco in Lamis si stampava il periodico. Ad otto pagine, di formato 64×44, dedicava l’ottava alla pubblicità e nella settima era localizzata la bibliografia, un notiziario letterario e la rubrica «Tiro a segno» vivace e caustica, che redigeva il fiondista.
Vi collaboravano quasi tutti gli scrittori de II Solco con l’aggiunta di: Luigi Martino, Desiderio Altamura, Francesco Odoardi, Sisifo, Donato Di Malia, Edmondo Fusca, Nicola Fabiano, Lino Colaneri, Filippo Maria Pugliese, Michele Bevilacqua, Luigi Saponaro, N. W. Magnani, Spartaco Balestrieri, Giuseppe Colucci, Emilio Fiore, Antonio Manuppelli. Anselmo Ghezzi ed altri; e per le poesie, di Umberto Fraccacreta, Luigi Martino, Mario Campanella, Aldo Taronna, Pasquale Soccio, Andrea Belli, M. Luisa Magnini – Tamborino ecc. Si era inserita coraggiosamente tra i fogli di battaglia che in quegli anni tenevano accese le più vivaci polemiche intorno al «contenutismo» ed al «calligrafismo», richiamando l’attenzione di critici e letterati di fama. «La Fionda» contribuì anche alla migliore conoscenza, del nostro Gargano, volgarizzandone le bellezze. Nel suo ciclo di vita, dette impulso a varie iniziative culturali, organizzando conferenze e convegni. Rilevante successo conseguì la «Fiera del Libro», allestita nel 1934 negli ampi giardini comunali di S. Marco in Lamis. Col numero di ottobre 1934 cessò le sue pubblicazioni.
Il Solco, e più La Fionda, si riallacciano al carattere letterario di Pallade, pur con intenti meno arditi e rappresentano una palestra di giovani scrittori, in gran parte garganici, in un nobile tentativo culturale a largo raggio.
« Il Santuario dell’Arcangelo S. Michele»
Con il 1° marzo 1934 inizia le sue pubblicazioni « Il Santuario dell’Arcangelo S. Michele sul Monte Gargano», bollettino mensile che dura fino a tutto il 1936. Nel primo anno fu direttore responsabile D. Giuseppe Alfonso Marinelli, Arcidiacono della Basilica, nel secondo e terzo il Can. D. Giuseppe D’Apolito e dal 1° settembre 1936 Giovanni Tancredi. Fu questa senza dubbio una interessante pubblicazione e meritava di essere sostenuta. Ma negli ultimi tempi deviò dal suo carattere di stretta costrizione cattolica per cui vennero meno le finalità e le possibilità di vita.Sorta con un numeroso comitato redazionale formato da ecclesiastici e laici e sorretta da un più numeroso elenco di collaboratori ordinari, in effetti troviamo fra i più assidui: Giovanni Tancredi, Ciro Angelillis, Giuseppe Alfonso Marinelli, Giuseppe Palladino, Biagio Azzarone. Nicolino Muscettola, Matteo Renzulli. Michelantonto Fini con buoni appunti letterari poi raccolti in fascicolo, Francesco Paolo Fischetti, e Federico Scambino. Ma vi scrissero pure Filippo Maria Pugliese. Domenico Pasqua, Francesco Rinaldi ed altri. Umberto Fraccacreta, il poeta del Tavoliere, intervenne con belle poesie.Predominava la parte storica e folcloristica con particolare riguardo al Santuario di S. Michele Arcangelo ed a Monte S. Angelo, e pochissimo spazio si dedicava al resto del Promontorio.D’altra parte è da notare che la rivista si proponeva di far conoscere “in forma piana, accessibile a tutti, non soltanto la vita di oggi del Santuario, ma quella che è stata la sua vita nel passato, attraverso i secoli della cristianità, in cui esso ha brillato come stella di prima grandezza, luminosissima tra le più luminose “. Così era scritto nella presentazione. La pubblicazione riscosse molti consensi a giudicare dal numero degli abbonati elencati nella terza pagina della copertina e fu stampato sempre da G. Ciampoli in M. S. Angelo.
Numerose, se non pregevoli, illustrazioni arricchivano la rivista la quale non presenta soste nella raccolta che, con l’aiuto di Ciro Angelillis, siamo riusciti a mettere insieme.
L’ultima voce, prima della seconda guerra mondiale, sebbene a carattere di bollettino parrocchiale di Mattinata, è ’’La Voce del Pastore ” redatta dall’Abate Arciprete D. Salvatore Prencipe e stampata dallo stab. G. Martano di Chieri. Ha vissuto dal gennaio 1938 al luglio 1943: ha poi ripreso la pubblicazione dopo la guerra nel febbraio 1946 ed esce ancora puntualmente ogni mese.
STAMPA ATTUALE
La fine della seconda guerra mondiale trovò la stampa garganica in profonda crisi. Ma gli scrittori del Promontorio iniziarono subito la loro attività sui giornali provinciali e nazionali, ed in un’ansia di rinnovamento ricominciarono ad agitare i vecchi problemi e ad impostarne di nuovi.
Si costituiva intanto, il 13 aprile 1947 in Rodi, l’Associazione per la Rinascita Garganica con programma unitario, che dava nuovo impulso alle rivendicazioni della nostra terra in un rinnovato spirito di volontà e di lotta.
Fu in tutto il Gargano un rinascere di energie e di iniziale ed anche la stampa garganica risorse.
Dei periodici attualmente in vita, diamo brevi cenni.
«Michael e il Gargano»
La prima pubblicazione che vide la luce nel dopoguerra fu Michael e il Gargano fondata e diretta da Mons. Prof, Nicola Quitadamo, Arcidiacono della Celeste Basilica.
Con una vistosa copertina raffigurante sull’intero frontespizio il busto dell’Arcangelo, uscì il 1° settembre 1947 con periodicità bimestrale. Però tale periodicità non è stata sempre rispettata tanto che ai due fascicoli del primo anno ne sono seguiti due nel secondo, sei nel terzo, cinque nel quarto e tre soli nel quinto. Dall’agosto 1951 nessun altro numero e stato pubblicato.
Di sedici pagine di testo e quattro di copertina, ogni fascicolo è diviso in due parti. Nella prima ospita quanto riguarda il Santuario e M. S. Angelo dal lato religioso, storico, folcloristico e sui problemi da risolvere per lo sviluppo dell’importante centro, mentre la seconda, breve, è dedicata all’intero Gargano con prevalente carattere letterario. Molte ed interessanti illustrazioni arricchiscono il testo.
Ha pubblicato articoli di eminenti prelati come i Cardinali Alessio Ascalesi e A. F. Schuster, degli Arcivescoli e Vescovi Andrea Cesarano, Domenico Vendola, Donato Pafundi, Francesco Orlando, Giuseppe Ruotolo e Giuseppe Di Donna; e di molti scrittori garganici fra i quali citeremo Giovanni Trancredi, Michele Vocino, Ciro Angelillis; D. Francesco Ciuffreda, Can. Silvestro Mastrobuoni, Alfredo Petrucci, Mario Ciampi. Giuseppe d’Addetta, Renato Aveta, Giuseppe Andretta, Gennaro Ricciardi ed altri.
Dal suo sorgere fino a tutto il 1950 (A. IV) è stata stampata dalle Grafiche Ciampoli in Monte S. Angelo. I tre numeri dell’anno V li ha impressi lo Stab. tip. G. Genovese di Napoli.
«Casa Sollievo della Sofferenza»
Il 16 dicembre 1949 iniziò le sue pubblicazioni in San Giovanni Rotondo il mensile Casa Sollievo della Sofferenza con il precipuo scopo di affiancare l’imponente ospedale colà sorto nei pressi del Convento di S. Maria delle Grazie che ospita lo Stigmatizzato Padre Pio da Pietrelcina.
Da una tiratura iniziale di 2000 copie è ora salito a 100 mila esemplari modificando in quindicinale la sua periodicità. Và ora in tutto il mondo cattolico diffondendo la fama del Santo Cappuccino e del Gargano.
Stampato alternativamente nel primo periodo dalle tipografie Coppetta di Foggia e Ciampoli di Monte S. Angelo, col n.4 del 1951 è passato allo Stab. tip. Giacomaniello di Roma. Direttore ne è stato sempre il Dr. G. Sanguinetti.
Ha lo stesse carattere della universalità della precedente rivista per i precipui scopi che entrambe si prefiggono nella divulgazione dei motivi a carattere internazionale del Promontorio garganico, montagna sacra nei secoli.
Pochissimi garganici appaiono fra i collaboratori di questa pubblicazione probabilmente per l’origine lombarda del suo direttore. Notiamo Renato Aveta, G.P. Siena, Gennaro Ricciardi, Antonio Tancredi, tutti da. S. Giovanni Rotondo e pochissimi altri. Il formato è di 50 x 35 su un variabile «numero di colonne e tipi di caratteri. Riproduce interessantissime zingografie raffiguranti P. Pio.
«Il Faro di Vieste»
Anche nel dicembre 1949 e precisamente il 31, usci «Il Faro di Vieste», mensile indipendente, con il preciso proposito di difendere gli interessi di quella graziosa cittadina gorganica Il limitato orizzonte prefissosi non ha consentito un lancio a largo raggio di questa pubblicazione.
E’ redatta principalmente da giovani viestani, edita dalla Associazione filodrammatica “A. Mastropasqua” di Vieste e diretta da Mario Romano che ne è il responsabile. Condirettore Giovanni Medina e direttore amministrativo Michele Mendolicchio.
Esce alla fine di ogni mese in buone veste tipografica per i tipi Coppetta di Foggia mentre dall’Inizio sino a tutto il 1950 l’impresse S. Pescatore pure di Foggia. Il formato è di 70 x 50 su sei colonne in corpo 10.
Nel 1949 e ’50 si ebbero a S. Giovanni Rotondo ed a San Marco in Lamis dei vivaci e briosi numeri unici, compilati dagli Universitari in occasione della Festa della Matricola che portavano rispettivamente i titoli Gargana Tellus e La Torre di Babele.
«Il Gargano»
Sorto il 30 luglio 1950 con redazione ed amministrazione in S. Marco in Lamis e periodicità mensile, ha per sottotitolo ’’Organo di Rinascita Garganica” e per scopo la rinascita dell’intero Promontorio in una visione unitaria.
Di forniate dei comuni quotidiani (60 x 88). nella più ortodossa apoliticità, si batte per la risoluzione dei gravi e secolari problemi garganici. E’ così riuscito a riunire intorno a sè le forze più vive e sensibili della nostra terra ed è onorato dalla collaborazione di tutti gli scrittori garganici.
Direttore fin dal suo sorgere è l’autore delle presenti note e redattore capo Agostino Ricucci.
Stampato dalla Tip. Coppetta di Foggia, è attualmente al suo terzo anno di vita quale organo ufficiale dell’Associazione per la Rinascita Garganica.
Dal marzo 1951 ha trasferito la direzione in Carpino e la redazione ed amministrazione in Rodi Garganico.
Theionoros (La Sacra Montagna), è al suo primo numero con Uffici in S. Giovanni Rotondo.
La dirige Giovanni Siena e la stampa Atena di Roma.
I GIORNALISTI E PUBBLICISTI CONTEMPORANEI
La fine dell’ottocento ha cominciato a dare dei garganici al giornalismo professionale ed uomini della nostra terra hanno raggiunto posizioni eminenti in questa importante branca di attività umana.
Alessandro Mastrovalerio, nato a S. Nicandro, emigrato in America in tenera età e morto a Napoli pochi anni addietro, fonda a Chicago nel 1897 “La Tribuna italiana transatlantica” che dirige per circa quarantanni fin quando non ritorna definitivamente in Patria.
Era un settimanale che usciva il sabato, scritto quasi completamente in italiano, con una testata tipicamente ottocentesca che occupava all’incirca un quarto della prima pagina, dove in un riquadro rettangolare erano disegnate a destra del lettore l’Europa e dal lato opposto gli Stati Uniti d’America; nella parte centrale l’oceano solcato da caravelle e transatlantici e sorvolato da dirigibili ed aerei, come appare dalle uniche due prime pagine che possediamo, una del 1927 e l’altra del 1930 (A. XXXIII). Probabilmente qualche elemento fu aggiunto alla testata originaria perchè nel 1897 gli aerei non ancora sorvolavano gli oceani.
Da amici abbiamo appreso che il periodico aveva anche una simpaticissima rubrica scritta nel dialetto particolare degli italiani in America,
li Mastrovalerio era di sentimenti italianissimi e durante la seconda guerra mondiale, mentre dimorava a S. Menaio presso suoi parenti, attendeva con ansia la vittoria dell’Italia pure essendo legato agli Stati Uniti ancora da rilevanti interessi per avervi trascorso la maggior parte della sua vita.
Noi lo ricordiamo alto e distinto, sempre con un fascio di giornali in mano, vagabondare per il deserto borgo dove i risiedeva dal 1938. In tale anno fu delegato dalla Camera di Commercio italo-americana di Chicago a rappresentarla alla Fiera del Levante.
Garganico sempre memore ed appassionato, varie volte parlò del Promontorio nel suo giornale. Su “La Rupe” del 3 gennaio 1904, è riportato che ne “La Tribuna italiana transatlantica” del 20 agosto 1903, il Mastrovalerio sosteneva l’opportunità di innalzare ad Ischitella un monumento a Pietro Giannone e ricordava: “Quando 15 anni or sono si parlava di erigergli un degno monumento nella bella cittadina ove vide la luce, noi concorremmo al fondo del medesimo con la modesta somma di doll.5 e per mezzo dei gentili colleghi della stampa italiana degli Stati Uniti, Messico e Canada, esortammo i garganici, i pugliesi e tutti gli italiani in genere a mandare simili offerte.”
Altri accenni alla sua terra d’origine, troviamo nei numeri innanzi ricordati; in uno dei quali pubblicava il clichè del Leopardi di A. Petrucci in testa all’elenco degli espositori partecipanti alla mostra italiana di bianco e nero organizzata nel 1927 a Chicago, e nell’altro, riportava le impressioni del re Vittorio Emanuele III sul Gargano, visitato durante la guerra 1915-18. Un altro illustre giornalista nostro, spentosi a Napoli il 28 marzo 1952, è stato Francesco dell’Erba. Era nato a Vieste il 6 gennaio 1863.
Poeta delicato e sensibile, veniva notato da Salvatore di Giacomo che lo volle vicino nella città partenopea. Giovanissimo entrò al Pungolo di cui fu per molti anni redattore capo. Dalle colonne di questo giornale sostenne le sue prime magnifiche battaglie che gli procurarono larghe simpatie e larghi consensi nell’epoca in cui il giornalismo napoletano era dominato dalla gigantesca figura di Edoardo Scarfoglio. Corrispondente da Napoli del Corriere della Sera dal 1899 al 1919, della Gazzetta del Popolo, della Gazzetta delle Puglie, direttore e compilatore del Bollettino del Comune di Napoli, Francesco dell’Erba dedicò al giornalismo le sue migliori doti di polemista efficace ed accorto.
Nel Giornale d’Italia per cinquantanni ha scritto ed ha cantato di Napoli, con l’affetto del figlio e la esuberante passionalità dell’artista. Una specialmente, fra le sue pubblicazioni, Napoli, un quarto di secolo riscosse notevole successo. Ebbe fraterna amicizia da Giustino Fortunato, Benedetto Croce, Edoardo Scarfoglio, Roberto Bracco, Ferdinando Russo e da tutta quella schiera di gagliardi ingegni fatta di artisti, di Storici, di musicisti, tempo fa in onore a Napoli e che ora sì sta estinguendo.
Ma una, delle sue più belle pagine Francesco dell’Erba la scrisse sul Gargano, quando ne tratteggiò le bellezze ed i bisogni nella conferenza tenuta al Circolo Pugliese di Napoli il 18 marzo 1906, inserendosi cosi fra gli interpreti più delicati e commossi della terra d’origine. Brani di tale conferenza si leggono spesso riportati da vari scrittori come documento di passione garganica e di esempio di scrivere lindo e chiaro che fu una delle maggiori prerogative di questo nostro grande giornalista. Non siamo mai riusciti a procurarci il testo completo di tale conferenza: ma da quello riportato dal Pungolo e riprodotto su “Il Gargano” (A. I, n. 3 -15 ottobre 1950), riteniamo che così finiva: ”Ed ogni volta, che io ritorno sul Gargano, provo un vero stringimento di cuore allo spettacolo dell’antitesi sempre più stridente e dolorosa fra tanto splendore di natura e tanta, crescente miseria. E. dolce nella memoria, il sogno carezzato dall’anima giovanile: l’avvento su questi monti di una volontà illuminata, capace di stringere in un fascio tante preziose energie, che si logorano in lotte sterili ed infeconde ed indirizzarle verso una meta comune: la conquista della civiltà e del benessere; l’avvento di una volontà, imperiosa, che ripeta a questa terra negletta le parole di Gesù a Lazzaro giacente nella tomba: Sorgi e cammina.”
Attualmente un drappello di apprezzati giornalisti garganici, comandato da Francesco Marate, e di cui fanno parte Matteo Maria de Monte e Carlo Cavalli, collabora al Messaggero di Roma. Anche a Roma, per giornali del settentrione, lavora Silvio Petrucci, già redattore capo del detto quotidiano.
Di essi dirà chi vorrà eventualmente proseguire e completare queste note, fra cento anni quanti ne auguriamo agli amici viventi innanzi pennati ed ai pubblicisti garganici seguenti: Alfredo Petrucci, Michele Vocino. Ciro Angelillis. Mario Sirnone, Donato Apollonio, Giuseppe Andretta. Cristanziano Serricchio, Costantino Vetritto, Michele Capuano, Angelo Fini, Raffaele Ventrella, Renzo Frattarolo, Giuseppe Tusiani che in America tiene alto il nome del Promontorio, Renato Aveta, Gennaro Ricciardi, Potito Lanzetta, Ciro Re Cristoforo, Luigi e Michele Martino. Luigi Capuano, Giuseppe Giuliani. Giuseppe Cristofoletti, Agostino Ricucci, già, redattore del Corriere Adriatico e, fin dal suo sorgere, redattore capo de «Il Gargano», più vicino collaboratore nell’aspra lotta che su questo foglio da anni si conduce per la rinascita della nostra terra, nonché Gino Ronghi.
Tutta una schiera di collaboratori occasionali ma valorosi, completa il panorama della attuale stampa garganica e rende possibile la pubblicazione contemporanea di ben cinque periodici.
In questi nostri incompleti appunti abbiamo dato maggior rilievo ai periodici più antichi, riducendoci a pochi cenni su quelli attualmente in vita.
Non riteniamo di aver trattato compiutamente la materia ma solo di avere tracciato un profilo della nostra stampa, quale primo tentativo per un’ampia cronaca della stampa dauna che qualche anno addietro proponemmo.
Ma pure da queste manchevoli note risulta che in meno di novant’anni si sano avuti sul Promontorio oltre venti periodici, ad quali hanno collaborato i nostri migliori ingegni con scritti, alle volte, di grande valore.
Utilizzando questo cospicuo materiale, si potrebbe, e si dovrebbe, compilare una ricchissima antologia garganica che varrebbe a far conoscere meglio ed a fare amare di più questa nostra terra. Ma se a tanto non si potrà addivenire, si deve tendere almeno a conservare questo materiale pubblicistico con la istituzione di una emeroteca garganica in uno dei paesi del Promontorio o presso la biblioteca del capoluogo dauno. Per tale fine saremo lieti di donare quello che abbiamo, come primo nucleo dell’auspicata emerotèca, nella speranza che altri ci seguano e che la stampa garganica possa essere integralmente ricostituita dalle sue origini e nei suoi particolari.
Carpino, giugno 1952