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SUPERBONUS 110%, MAXI-TASSA PER CHI VENDE UNA CASA RISTRUTTURATA DA MENO DI DIECI ANNI: CHI SI SALVA E CHI NO

Nei giorni scorsi l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sulle modalità di applicazione dell’imposta sulle plusvalenze.

Superbonus: maxi-tassa sulle plusvalenze

La maxi tassazione che colpisce chi vende entro dieci anni immobili ristrutturati con il Superbonus è in vigore da gennaio, ma nei giorni scorsi l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sulle modalità di applicazione dell’imposta in questione, chiarendo diversi dubbi. A partire dal fatto che aver adibito l’immobile ad abitazione principale la maggior parte del tempo che intercorre tra l’acquisto e la vendita consente di salvarsi dalla maxi-tassa sulle plusvalenze. 

Quali immobili saranno tassati?

Il nuovo regime di tassazione sulle plusvalenze da cessioni di beni immobili ristrutturati con il Superbonus è stato introdotto dalla legge di Bilancio del 2024. L’Agenzia delle Entrate chiarisce che la tassa si applica a tutte le tipologie di immobili che sono state oggetto degli interventi del Superbonus, trainanti o trainati. Per far scattare la tassa è sufficiente aver eseguito dei lavori sulle parti comuni dell’edificio o del condominio. 

Chi si salva

Non saranno tassate le plusvalenze relative agli immobili acquisiti per successione e a quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione siano trascorsi meno di dieci anni.

Come viene calcolata la plusvalenza

Se si è beneficiato della cessione del credito o dello sconto in fattura non si tiene conto tra i costi delle spese beneficiate dal Superbonus del 110% se gli interventi si sono conclusi da non più di 5 anni all’atto della cessione, mentre se questo termine è trascorso verranno conteggiate al 50% sempre entro il limite temporale dei 10 anni precedenti la cessione. Se si è scelta la detrazione nella dichiarazione dei redditi, invece, tutte le spese possono essere prese in considerazione. Alle plusvalenze si applica, a scelta del contribuente, l’imposta sostitutiva del 26% o le aliquote progressive Irpef. La seconda ipotesi, come aveva spiegato Stefano Poggi Longostrevi sul Corriere della Sera, in genere è meno conveniente.

corrieredellasera