Il lungo iter processuale – condanna in primo grado per entrambi a 14 anni e 6 mesi, con rito abbreviato; conferma della sentenza in Appello nel maggio 2022, successivamente impugnata dalle difese di entrambi gli imputati e discussione del ricorso in Cassazione, con annullamento della sentenza e rinvio al nuovo processo d’Appello – ha portato al nuovo pronunciamento della Corte d’Appello di Bari (presidente Francesca La Malfa) che ha confermato per entrambi la condanna a 14 anni e 6 mesi di reclusione.
Tentarono lo ‘scacco al re’ di Vieste, ovvero l’ex boss e attuale collaboratore di giustizia Marco Raduano. Ma l’agguato, messo a segno il 21 marzo del 2018, fallì e i cugini Claudio e Giovanni Iannoli, di 46 e 36 anni, appartenenti all’allora contrapposto clan Perna, furono arrestati e rinviati a giudizio con l’accusa di tentato omicidio premeditato, aggravato dalla mafiosità.
Un agguato che non si è concretizzato perché le armi messe in campo (fucili e kalshnikov) avrebbero fatto cilecca e Raduano, seppur ferito, è riuscito a scappare rifugiandosi presso un parente.
La precedente sentenza, lo ricordiamo, fu impugnata dai legali dei due imputati; sul punto, la Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso per Giovanni Iannoli (rendendo definitiva la condanna appellata) e annullato con rinvio la posizione di Claudio Iannoli. Il nuovo processo di Appello, concluso nel pomeriggio di ieri, ha riportato il procedimento al punto precedente.
“Rinviamo ogni considerazione alla lettura delle motivazioni della sentenza, che saranno depositate entro 90 giorni, ma siamo determinati a ricorrere nuovamente in Cassazione”, spiegano i legali di Claudio Iannoli, gli avvocati Salvatore Vescera e Francesca Aricò, che ritengono le dichiarazioni su cui fonda il procedimento, relative al coinvolgimento del loro assistito, “contraddittorie e a tratti inattendibili”.
Durante il processo di primo grado, infatti, Giovanni Iannoli – attualmente detenuto nel carcere di Siracusa e imputato reo-confesso in altri due procedimenti per omicidi di mafia – fece pervenire una lettera-confessione al gup nella quale ripercorreva le fasi del progetto (fallito) per uccidere il boss Marco Raduano; un piano ordito e realizzato – sostiene – insieme al defunto Gianmarco Pecorelli. Una circostanza, questa, che scagionerebbe, di fatto, il cugino Claudio Iannoli, insieme al quale era stato arrestato all’esito dell’operazione