La CClAA di Foggia ogni anno, in occasione della redazione del bilancio, pubblica alcuni dati relativi alle imprese iscritte commentando le variazioni più significative rispetto agli anni precedenti.
Il primo dato interessante è il valore della produzione realizzato dalle imprese di Capitanata pari a Euro 9.394 min, per un numero di dipendenti pari a 153.084. il rapporto tra Valore della Produzione e numero di addetti è uno degli indicatori di produttività del sistema economico, e nei caso della provincia di Foggia è pari a Euro 61 ml., in altre parole abbiamo un valore della produzione per addetto pari a Euro 61 ml, troppo basso per remunerare tutti gli altri fattori della produzione, e questo spiega il non valore del lavoro, difatti in Capitanata il 56,59% (208.108) dei lavoratori dipendenti vive con un reddito medio annuo lordo di Euro 6.893 (Euro 574 mensili).
Se il costo del personale fosse di Euro 60 ml (media paesi UE), pari al fatturato medio delle imprese, come è facile intuire, non ci sarebbe alcun valore ulteriore per remunerare tutti gli altri costi esterni, il capitale proprio e di terzi e le imposte e tasse.
Questo spiega in maniera inequivocabile perché il lavoro non ha più valore in Capitanata, se le imprese dovessero dare il giusto valore al lavoro per soddisfarei bisogni primari, (salute, fame, sete, riposo e qualche sicurezza) pari a Euro 1.800 mensili netti la stragrande maggioranza delle imprese non potrebbe sopravvivere.
In economia questo vuol dire che il sistema produttivo del territorio è a bassissima produttività, poiché maturo, poco innovativo e di piccolissime dimensioni, numero di addetti per impresa in media 2,39, per poter creare economie di scala e investimenti in ricerca e sviluppo.
In altre parole, le imprese per poter sopravvivere devono sfruttare il lavoro e evitare di pagare le imposte oltre a non rispettare alcuna legge in materia di sicurezza del lavoro e di prevenzione.
La totale inadeguatezza del sistema produttivo porta come conseguenza drammatica che 146.104 nuclei familiari (39,80%) vive con un reddito medio annuo lordo pari a Euro4,4 mila (Euro 379 mensili).
Non ho alcun imbarazzo a dire che le condizioni sono molto peggiori del salario di sussistenza rilevato da Marx nelle fabbriche di Manchester nella rivoluzione industriale dell’800. L’aspetto impressionante è che nella provincia di Foggia risultano iscritte 71.057 imprese, di cui attive 62.946, ovvero 10 imprese ogni 100 abitanti con un indice di imprenditorialità superiore a tutte le provincie della Puglia, Bari compresa. 23.864 sono le imprese agricole (33,58%), 9.557 quelle manufatturiere (15%), 7.343 (11,66%) le imprese di costruzioni e 22.182 (35,24%) quelle che operano nei servizi (commercio, ristorazione e alloggi, sanità e istruzione etc).
Come si spiega povertà dilagante con redditi inferiori a quelli della Bosnia, Albania, Ucraina e Moldavia, e numero di imprese iscritte alla CCIlA cosi numeroso tale da avere un indice imprenditoriale superiore alla provincia di Bari?
Lo stesso rapporto così basso tra numero di imprese attive e occupati (2,39) rispetto ad una media nazionale di circa cinque, non convince. Da studioso ho voluto verificare il numero di imprese attive iscritte alla CCIIA di Foggia con le dichiarazioni dei redditi di impresa 2022 pubblicate dal MEF, e il risultato è a dir poco sconcertante.
A fronte di 40.289 mila imprese attive (al netto delle agricole che dichiarano redditi fondiari e non di impresa) solo 12.427 hanno nel 2022 presentato la dichiarazione dei redditi con risultati reddituali positivi.
Come si spiega questa abissale differenza (27.862 pari al 69,18%) tra imprese apparentemente attive e imprese che producono reddito?
Le spiegazioni possibili sono;
a) ci sono 27.862 imprese che non generano reddito ma perdite economiche,
b) non presentano la dichiarazione dei redditi (molto improbabile);
c) sono imprese inesistenti (zombie), ovvero iscritte alla CCIlA ma di fatto non operative;
d) l’insieme delle tre.
È del tutto evidente che i dati sulla povertà, sull’emigrazione e sullo spopolamento, dimostrano inequivocabilmente la totale inadeguatezza del sistema produttivo a garantire un livello di benessere accettabile e dignitoso.
A supporto ulteriore della tesi di un sistema produttivo reale diverso da quello risultante dalla CCIIA, e che le città più povere della Capitanata sono quelle a più alto indice di imprenditorialità.
La città di Cerignola, la più industriale della provincia, risulta la più povera in assoluto con un reddito medio annuo lordo per abitante pari a Euro 7.962.
Vieste e Peschici, capitali del turismo balneare con oltre 2,5 milioni di presenze annue, hanno rispettivamente redditi medi annui per abitante pari a Euro 9.870 e 8.945, praticamente identici a quelli di Bosnia, Moldavia, Albania e Ucraina.
Di contro la città di San Giovanni Rotondo è la più ricca con un reddito annuo lordo per abitante di Euro 12.326, seguono Foggia con Euro 12.201, San Marco in Lamis con Euro 11.021 e Monte S. Angelo con Euro 10.718.
Come si spiega questo vero e proprio paradosso, ovvero le città che dovrebbero essere, secondi i paradigmi dell’economia, le più ricche (Cerignola, Vieste, Peschici etc) perché più imprenditoriali, sono invece le più povere, di contro San Giovanni Rotondo, Foggia, San Marco in Lamis e Monte S. Angelo le più benestanti?
La spiegazione è che in queste ultime il lavoro dipendente pubblico assume un forte rilievo, meglio retribuito rispetto a quello privato, invece nei comuni a forte vocazione industriale e turistica il sistema produttivo sopravvive e vive grazie allo sfruttamento del lavoro, al lavoro nero e ad una gigantesca evasione fiscale.
E’del tutto evidente che un’economia caratterizzata da imprese piccolissime (2-3addetti in media per impresa, se sono veri i dati pubblicati dalla CCIIA) per niente innovative e senza adeguati assetti organizzativi e manageriali, non ha alcuna possibilità di sopravvivenza nel medio e lungo periodo in un economia globalizzata nella quale predomina ormai dell’intelligenza artificiale.
La causa dell’emigrazione di massa dei giovani soprattutto i più istruiti e ambiziosi e tutta in questi numeri, se non apporteremo aggiustamenti radicali al sistema produttivo e imprenditoriale immaginando un nuovo modello di sviluppo economico basato su conoscenza, innovazione, maggiore dimensione, legalità e partecipazione, requisiti indispensabili per dare giusto valore al lavoro e sostenibilità al sistema, allora si che siamo tutti condannati ad un futuro nefasto fatto di povertà, di solitudine ed emarginazione, e coinvolgerà tutti, nessuno è escluso.
l’attacco