Per rendersi conto della falsa ubicazione della città di Troia del poeta Omero dapprima a Burnabashi, poi spostata dal 1870 ad Hissarlik per specifici interessi economici del commerciante d’oro di seconda mano Schliemann, che ha comprato una collina destinata a remota cremazione di cadaveri spacciandola per Troia e, venendo osannato da tutti, in una località che si trova nella regione Nord-orientale della Turchia, facente parte della Grecia. Per smentire il tutto basta interpretare nel modo giusto i passi di Omero seguenti:
1- l’indispettito Achille minaccia di rientrare in patria. Omero (Iliade. Libro IX, vs. 360-363) scrive: “sull’Ellesponto pescoso navigare all’Aurora le mie navi, e dentro uomini ardenti a remare; e se il buon viaggio ci dona Ennosigeo (appellativo del dio greco dei cavalloni e delle tempeste marine Poseidone!) glorioso, al terzo giorno saremo a Ftia fertile zolla”. Ftia, secondo l’indice dei nomi in Iliade, Einaudi Tascabili, sarebbe giustamente, anche se solo istintivamente, una regione della Grecia Occidentale, tenuto conto dei tre giorni di navigazione a remi verso l’Aurora, anche se è una contraddizione perché l’Ellesponto parte dalla spiaggia troiana che erroneamente e tuttora si trova da sempre sul Bosforo, cioè ad Oriente della Grecia e non al suo Occidente.
Un dato di fatto che esclude l’Ellesponto dall’attuale Grecia, anche perché inizialmente per greco si intendeva esclusivamente per tutto ciò che si trovava sul percorso del Sole il giorno del solstizio d’Estate (21 Giugno), tutto il resto era considerato barbaro. Quest’unico percorso del Sole nel giorno del solstizio estivo compare pure nel termine latino aestus indicante, tra l’altro, il sentiero solstiziale estivo. Estus che si trova tuttora nei Vestesène, nomignolo di origine greco romana dei soli Viestani per indicare essi stessi come figli dell’estus più alto, o più antico, e da cui il nome dell’attuale Vieste che dal greco Ui(os)-este, da Eos, diventa la figlia dell’Aurora, dell’Oriente, del Greco e quindi prima città Greca che automaticamente la fa diventare la primitiva Megale Ellas, poi latina Magna Greca, da cui la Magna, ma soltanto per età, Grecia per l’Italia, inizialmente non solo meridionale. Come pure Vieste figlia dell’Eternità, dell’Immortalità, poiché il disco del Sole nel giorno solstiziale estivo continua imperterrito a sorgere ancora frontalmente a Vieste, esattamente da dietro la punta nord occidentale dello Scoglio viestano che è la stessa direzione di provenienza del freddo vento detto Grecale, lo stesso di del Greco di Vieste, proveniente dai Monti Balcani;
2- l’Ellesponto veniva chiuso dalla Tracia poiché lo stesso Omero (Iliade. Libro II. vs. 144-146) scrive: “Acàmante e l’eroe Piròo guidavano i Traci, quelli che l’Ellesponto flutto gagliardo chiude”. La parte della Tracia, che per Omero chiude l’Ellesponto andando verso l’Aurora, l’Oriente, in realtà è l’attuale costa occidentale della Penisola Balcanica, poi in parte detta Illyria, cioè di fronte a Yria, nome polivalente e polifunzionale imposto per quasi sei secoli a Vieste dai Romani. Nell’Iliade i Traci sono alleati dei Troiani, mentre gli Elleni prendono il naturale nome da elles dell’Ellesponto diventando un altro nome omerico dei Viestani, che vengono capeggiati da Achille (= di fronte alla punta – del promontorio del Gargano in cui c’è sempre stata Vieste!), che è il più forte guerriero degli Achei, che a loro volta prendono il nome omerico dalle due punte, greco acis, dei corni del Montarone viestano. Inoltre, letterariamente e testualmente per Omero, l’Ellesponto è l’antico (gr. elles) sentiero del largo, vasto, esteso, aperto e profondo mare (gr. pontos) che è lo stesso della via stretta che, oltre altri nomi di diversi poeti e scrittori storici sempre per questo stretto sentiero del mare, veniva chiamato da Livio col nome di Laurento.
Ma sentiero del mare che è stato erroneamente individuato fin dal 7° sec. a.C. (vedi indice dei nomi Einaudi Tascabili, Iliade, voce Elleni) con il canale marittimo stretto tra due terre chiamato Bosforo, detto pure Stretto dei Dardanelli, da Dardania, la primitiva Troia che, secondo Omero, è stata distrutta dal solitario Eracle per un diverbio commerciale di cavalli (di Troia) che nell’Iliade durante la sua fuga per salvarsi si attacca a un bastione di pietra viestano al quale in un secondo tempo, nell’Odissea, si attacca pure Odisseo sempre per salvarsi durante le sue peripezie prima di giungere a Skeria, la portuale Vieste. Bastione di pietra detto dai Viestani di qualche decennio fa “u Puzmume”. Toponimo di origine greca che da pougx (leggi punx)-momos conduce ad un bastione di ammonimento, che secondo Omero viene minacciato di essere vomitato dal vendicativo Poseidone, ma che è già presente naturalmente e per i fatti precedenti riguardanti Eracle ed Odisseo, quindi realmente vomitato per avere accompagnato Odisseo a Itaca, sempre Vieste, senza chiedere il permesso a nessuna divinità. Da qui, unitamente alla parte dell’adiacente Rupe del Montarone, che Omero descrive come levigata e alta fino al Cielo e che nessun mortale sarebbe stato in grado di scavalcare neppure se avesse avuto 20 mani e 20 piedi, nascono le poi mitiche e realmente viestane Colonne d’Eracle, mentre tutto il resto del possente Montarone, diventail Monte Atlante, infaticabile sinonimo di possente, di cui scrive Platone nel Crizia. Monte Atlante da tempo erroneamente situato dai sapientoni di turno sullo Stretto di Gibilterra come punto fermo di separazione, ma in lunghezza e non in spessore, o larghezza, del Mare Mediterraneo e l’Oceano Atlantico, sinonimo di Adriatico, in si cerca tuttora, ma vanamente, il Continente Atlantide di Platone.
Un errore nato per avere erroneamente identificato quanto scrive Platone di “un mare che non si può dire vero mare”, il Golfo Adriatico pure intasato con circa 2000 isole ora tutte Croate e un “mare che si può dire vero mare”, il Mare Ionio, con un punto fermo, secondo Platone e presente nel sisto di Istia, antico nome greco di Vieste, e nel latino aestus presente tuttora nei Viestani quando si autocertificano come Vestesène, in questo caso di punto fermo, o sisto, di separazione di questi due mari le viestane Colonne d’Eracle come riferimento specifico di Platone. La cui verità viene detta dal geografo Dircèo, di poco contemporaneo di Platone. Dircèo infatti testualmentescrive: “dal Peloponneso è più lontana la fine dell’Adriatico di quanto non lo siano le Colonne d’Eracle”, che quindi si trovano prima della fine dell’Adriatico. Punto fermo delle Colonne d’Eracle che invece di separare il Golfo Adriatico dal Mare Ionio viene identificato con lo Stretto di Gibilterra che separa il Mare Mediterraneo dall’Oceano Atlantico. Errore ripetuto con l’altrettanto erroneamente individuato Ellesponto di Omero situato da sempre nel Bosforo, un canale che separa l’attuale Grecia dalla Turchia e che, procedendo verso l’Oriente e con una inclinazione verso il Meridione, e non verso il punto nord orientale in cui sorge il Sole, l’Aurora, a Vieste, conduce al Mar d’Azov e successivamente al Mare Nero e, quindi non verso la costa occidentale della Tracia, l’attuale Penisola Balcanica, in cui si trova la Ftia di Omero. Tutto questo fa sì che realizzando idealmente un chiarificatore percorso inverso dell’Ellesponto, questa precisa ubicazione di Omero, partendo dalla costa occidentale della Penisola Balcanica in cui si trova Ftia, conduce esclusivamente alla sola Italia, dove situare inequivocabilmente pure la città di Troia di Omero avente come luogo di partenza di Achille la sua spiaggia, ora detta di Scialmarino, spiaggia di Merinofacente parte di Vieste;
3- Alcinòo, re di Skeria, nel presentare Odisseo al suo popolo (Odissea. Libro VIII, vs. 26-30) afferma: “Ascoltatemi, o principi e capi feaci, ch’io dica quello che il cuore nel petto comanda: questo straniero, chi sia non so, naufrago in casa mi è giunto, o dalle genti eonion (orientali, da cui il Mare Ionio, detto dai ragazzi viestani di qualche decennio fa il Mare Grande), o dalle esperion”, occidentali, il Golfo Adriatico detto dagli stessi ragazzi viestani il Mare Piccolo e da cui il nome Esperia per la sola Italia econ la logica esclusione totale dell’Ellesponto di Omero dall’attuale Grecia. Italia detta da Aristotile Gargaria, derivante dal nome Gargaros di Omero, ma sempre Vieste per i gargarozzi, o gole, che tuttora gargarizzano davanti alle spiagge viestane. La divisione da Vieste di questi due mari si trova pure nel geografo Tolomeo che nel VII sec. a.C. pone Apeneste, per Vieste, come estremità (apen-euthe) orientale (este) del Gargano ed ultima città del Mare Ionio, mentre Hyrium, sempre Vieste, si trova adiacente il Golfo Adriatico.
L’omerica Skeria è un nome che nasce dall’approdo (indeur. sker) nei due porti naturali viestani generati dalla continuità delle rupi (gr. skeros) del Montarone di Vieste, i cui abitanti chiamati da Omero Feaci (Faiaces) prendono il nome dalla luminosità (fai) delle punte (acis) dei corni della penisoletta del Montarone su cui poggia il centro storico di Vieste. Montarone, infatti, è un toponimo di origine greca che da mounaz-tauros-onem indica la sua realtà di un “peduncolo isolato ma non distaccato dalla forma di corna di un toro possente”. Mentre da monios di monos, latino unus, questo isolamento conduce al latino singularis e quindi tradizionalmente rapportato a un cinghiale, greco capros, e nel nostro caso alla sua femmina detta Troia (vedi vocab. Greco Rocci voce monios e monos). Lo stesso vale per l’identità dell’isolato Scoglio viestano appena affiorante dal mare che veniva paragonato ad un solitario delfino e tradizionalmente rapportato a un cinghiale, greco capros, e nel nostro caso a una Troia (vedi isola di Capri). L’attuale Vieste si confonde naturalmente con Troia anche perché, dopo essere stata bruciata, la Troia di Omero viene fatta sprofondare sott’acqua in una notte e un giorno, dopo nove giorni di incessante pioggia. Stesso tempo e modalità di sprofondamento di Vieste col nome di Uria, di Adria e ancora con altri nomi.
Infatti Adria era situata sulla più profonda insenatura dell’Adriatico che non è il Golfo di Venezia ma quella determinata dalla sporgenza sul mare del Monte Gargano, quindi Vieste. Città di Adria che scompare sott’acqua in una notte e un giorno con tutto il territorio di dimensioni continentali sia mitologicamente e sia storicamente (Strabone. Italia) da Annibale che discendendo dalla Francia e dalla regione degli Umbri si sistemò a Vieste col nome di Adria per due anni consecutivi pure per curare i cavalli e gli elefanti affetti dalla scabbia della fame, compromettendo le loro pelli, facendoli disinfestare nelle correnti di acqua salmastra di Vieste, che per riconoscenza venne interamente distrutta prima di affrontare la Battaglia di Canne contro i Romani.
Anche perché la Troia di Omero in effetti si trova tuttora in parte nella sprofondata sottoterra città ora detta di Merino che si trova in territorio di Vieste ed in cui l’attuale Merino è l’italianizzazione della molto balzante Myrina che, per Omero, aveva un altare davanti a Troia, che è tuttora lo stesso di quello attuale di S. Maria di Merino. Parte di questa Troia di Omero si trova tuttora sepolta sottoterra davanti al viestano Piano della Battaglia, toponimo scaturito da quella definitiva combattuta nella guerra Troia descritta da Omero nell’Iliade. All’interno del Piano della Battaglia si trova il letto del Canale della Macchia, che dal greco make indica la battaglia, luogo di battaglia, che quindi diventa lo Scamandro, o Xanto di Omero, sede della più cruenta battaglia della guerra di Troia e la cui piena ha sepolto sia Troia e sia Merino pure secondo il viestano dr. Giuliani (Memorie storiche di Vieste). Il nome Troia si trova precisamente sulla sovrastante Merino detta la rocca di Caprareza, toponimo di origine greca che dal greco capra e dalla sua derivata capra(ina)-rezò conduce a una Troia sacrificata, o data in sacrificio.
Quindi una Troia poeticamente sacrificata pure come capro espiatorio, concetto presente in Omero e da tutti sottovalutato ma del tutto valido se si considerano le numerose città che sono nate con riferimenti specifici alla distruzione pure sacrificale di Troia. A cominciare, per richiamare le principali, da Trojanova per la primitiva Londra; del troiano Paris, italiano Paride, per Parigi; Roma che nasce dalla discendenza dell’unico figlio del troiano Enea, Iulo, da Ilio, o Ylo, altro nome omerico della paludosa Troia, da cui la Gente Giulia dei Romani. A metà della strada per salire sulla rocca di Caprareza, o Troia, sulla quale, secondo Omero, c’era il Pergamo di Priamo, Elena identificava a Priamo, padre di Paride, i principali eroi Achei. Questa residenza di Priamo viene segnalata da Seneca (V sec. a.C.) come l’unica Torre rimasta in piedi della grande Troia. Sempre su questa rocca A. Russi in una relazione tenutasi a Rodi Garganico ricorda la presenza nel 1600 di un Castellum Marini presentato come uno dei punti di confine dei territori di Vieste e Peschici. Il Giuliani nel 1780 di questa rocca scrive di resti di un grande fabbricato, di cisterne connesse e dei resti di una comoda strada per salire su Caprareza. Dalla base di questa strada e parimenti a Vieste, il mare che si trova frontalmente sulla loro sinistra veniva identificato dai pescatori viestani di qualche tempo fa come le Acque de Fore (mano!), cioè della mano sinistra, o mancina, che è pure il toponimo del lato sinistro del corno di sinistra del Montarone viestano visto da terra e dal quale nasceva il primitivo molo viestano. Quindi da intendersi nel senso di mare occidentale che porta al Golfo Adriatico che veniva separato con l’Ellesponto di Omero dal Mare Ionio. Mentre al restante territorio occidentale dell’antico Continente Apeira, aperta, ora Europa, vasta vista, sinonimo di aperta, si entrava mediante le omeriche Porte Scèe (scaiai), di sinistra, occidentali.
Tra il Golfo Adriatico, nome derivante dal greco adros: forte, da cui pure il nome di Vieste come Adria, derivante dal possente Montarone rivestito di forti rupi da cui pure il nome romano di Ves-ta, per Vieste, che dall’indeuropeo fes, o ves-ta indica una forte estremità, in sostituzione dei nomi greci di Vieste come Istia, indicante un sisto, un punto fermo anche orbitale del Sole da cui il suo essere la primitiva città greca, ora per logica conseguenza diventata città Pizzomunno, e dell’altro suo precedente nome greco ufficiale di Estia, derivante dalla remota (da circa il IX° millennio a.C.) venerazione dei Viestani per la molto balzante Myrina di Omero, come pure dall’essere la casa comune di tutti i viandanti per mare che quivi giunti ricevevano la dovuta accoglienza ospitale. Il simulacro di S. Maria di Merino, nome ripetitivo, viene annualmente e tuttora condotto a mano prioritariamente su una collinetta bassa ed accessibile da ogni lato che si trova davanti alla città di Troia, secondo Omero, e che trova la sua realtà nel viestano “Munduncidde”, una dunetta, o un piccolo tumulo, che diventa la tomba, sacrario, altare (gr. sema) della molto balzante Myrina, sul quale, secondo Omero, i Troiani ed i suoi alleati aspettavano lo scontro con gli Achei. Da questa dunetta, o tumulo, come pure dalla protuberanza dell’isolato Montarone, dal greco mounaz e monios da monos, tuttora entrambi altari di S. Maria, nome etimologicamente derivante dalla Myrina di Omero, come pure dall’isolato Scoglio viestano, tutti nell’identità di Troia, nasce il nome di origine greca di Ia-pygah Mes-apia, da cui i soli Pugliesi remotamente identificati come Iapigi Mesapi. Nomi che indicano un’ “unico tumulo – centro dell’antichità”, lo stesso di un’unica Troia al centro dell’antichità perché l’inglese pig significa porco, lo stesso di cinghiale, gr. capros, e in questo caso la sua femmina detta Troia. Puglia che proviene dal greco pulhe, porta, ma che parte sempre da Vieste, città nella quale viene fatto nascere il mitico Pilunno, portone, poi re del Gargano ed in seguito il romano Giano, che da ianua indica una porta e da ianus un passaggio, che con l’epiteto di matutino conduce ad una porta, o un passaggio aperti verso il mattino, lo stesso di Aurora, che quindi è un’altra maniera per sottintendere il reale percorso dell’Ellesponto di Omero che in ogni caso iniziava da Vieste in quanto pure Troia.
L’omerica Bellacollina è il viestano “Muntincidde”, Montincello, che si trova adiacente il Canale della Macchia, sul Piano della Battaglia e toponimo che indica un monte piccolo e bello, sinonimo della bella collina di Omero. Inoltre e per farla breve, nel territorio della viestana Merino e a pochi metri dal mare c’è la Necropoli della Salata che è il Regno dei Morti di Omero, poiché ci sono tre anonime sorgenti che danno luogo al finale fiume che tuttora sfocia in mare. Sorgenti qui presentate in ordine di origine, dette da Omero Stige nel quale si getta il Cocìto, ora canalizzati in un grosso tubo per fare posto a un campeggio, ma acque che una volta insieme si fondono con il Piriflegetonte le cui acque sgorgano davanti ad un’altura, pure secondo Omero, dando luogo al finale Acheronte che tuttora sfocia nel mare. A prova del territorio di Vieste come unità di luogo, di tempo e di azione dei Poemi di Omero, questo Regno dei Morti viene visitato due volte da Odisseo: la prima in nave da Circe; che abitava in territorio di Vieste e di cui lo scrivente non aggiunge altro per non dilungare troppo questa relazione; la seconda a piedi da Itaca, sempre Vieste per diversi altri motivi a cominciare dal suo porto, il Pantanella, come è più giusto che sia avvenuto nella creazione di una grande poesia scritta da un unico poeta.
Dei due antichi porti naturali viestani situati ai lati dell’istmo del Montarone e presenti pure in Skeria unitamente ad una polla d’acqua come specifico riferimento a quello del Pantanella con all’interno l’unica corrente di acqua buona chiamato dai Viestani il Canale della Chiatà. Il Pantanella è un toponimo di origine greca che da panta-nea-elos-laos, o làas, indica un “completamente nave approdo (indeuropeo sker da cui Skeria) rupe, o maggiormente, dall’entrata stretta” perché il Pantanella veniva di fatto socchiuso da due contrapposte prominenze rocciose, o rupestri, partenti da quelle del Montarone tra le quali fluisce tuttora il predetto Canale della Chiatà, che veniva usato pure per facilitare l’entrata e l’uscita delle navi prima di sfociare in mare. Da una parte la Chianghe de l’Orne, per la presenza dell’ornello, ora in parte smussata per esigenze abitative ed ignoranza della storia passata, e dall’altra dalla Chianghe de l’Onne, per una roccia levigata dalle onde, sulla quale è stata da poco tempo impiantata un’antenna satellitare. Entrata stretta con all’interno una polla d’acqua buona che oltre ad uno dei due porti di Skeria, gli stessi di Vieste situati ai lati dell’istmo del Montarone, repetita iuvant et adiuvant, si trova pure nel porto dall’entrata stretta dei Lestrigoni con all’interno la corrente d’acqua buona chiamata Artachia.
Corrente d’acqua buona che, come prova del territorio di Vieste come unità di luogo, di tempo e di azione dei poemi di Omero, si trova pure nel porto di Itaca in cui scorre la corrente d’acqua buona chiamata Aretusa. Nel porto dei Ciclopi con all’interno una polla d’acqua buona, similmente a quello di uno dei due porti di Skeria ed in cui Odisseo non entra con la sua nave per motivi precauzionali. Nel porto dell’Isola di Trinachia, o delle Vacche del Sole, che veniva traboccato d’acqua dolce ed in cui Odisseo e compagni trascinano a mano la loro nave per condurla in una grotta che si trovava nella sua profondità. Uno dei tanti motivi a sostegno che il poeta Omero è da identificare come un nativo di Vieste.
Questo porto dall’entrata stretta che Pomponio Mela descrive nel modo seguente: “Sinus est continuo Apulo litore incinctus, nomine Uria, pleraque asper accessu”, cioè: c’è un golfo cinto dalla continuità del litorale Apulo di nome Uria, per lo più di difficile entrata, incinto che si trova nel greco ouròs, da cui Uria per Vieste, indicante un alveo, o canale per trarre le navi da e per il mare, quindi il Pantanella. Mentre Plinio (I° sec. d.C.), citando il Portus Aggasus, punta del Monte Gargano, quindi il Pantanella, che dal greco aggos, radice di aggasus tra l’altro conduce ad un utero, per la reale emissione di acqua al suo interno. Premesso che Plinio scrive elencando i luoghi in ordine alfabetico, citando più volte lo stesso luogo, in questo caso e per Vieste pure con il nome di Portus Garnae: porto per davvero navale, e di Lacus Pantanus sempre il Pantanella traboccato d’acqua dolce e anche per la sua natura paludosa che l’ha condotto alla sua sparizione nel tempo, cominciato con i due bradisismi storici avvenuti nel 1600 e nel 1620 consistenti nell’innalzamento della costa pugliese e molisana con l’insabbiamento pure del porto di Brindisi. Ultimamente dal Giuliani che nel 1780 circa lo chiama Pantanino e che veniva descritto come un porto incapace di contenere grossi vascelli per la sua poca acqua interna, che infine è stato interrato artificialmente con lavori durati 6 anni, dal 6 Settembre 1868 al 5 Giugno 1874, per la putrescenza delle sue acque interne che comprometteva la salute dei Viestani (A. Perrone.
Giornali Domestici): L’entrata stretta del Pantanella diventa pure quella del porto del Continente Atlantide del filosofo ateniese Platone nel Crizia (V sec. a.C.), ma ignorando che atlante è un sinonimo di pizzo di Vieste come città Pizzomunno, cioè punto di origine di tutta la geografia e la storia dell’antico Mondo, o dell’antica Terra, che per Omero è il Continente Apeira, aperta, con capitale Skeria, identificata come una città isolata in mezzo al mare grandi flutti, quindi non isola, e all’estremo del mondo, da cui la prima identità del Montarone e di Vieste come città Pizzomunno, ora Europa, vasta vista, che quindi sono sinonimi, ma senza che nessuno finora si sia accorto di nulla. Di fatto questa antica Terra, o Continente, aveva inizio da subito dopo il Pantanella in cui c’è tuttora la località detta la Gioia. Toponimo che dal latino Gaia, greco Gèa, diventa la Dea della Madre Terra, anche nell’identità di Demetra che, quindi, partiva realmente da Vieste.
A conforto di ciò si aggiunge che a Vieste è stata trovata una pietra scritta in lingua greca arcaica riportante il testo seguente: Deiva dama tira agol zon ve nana, interpretata dal dr. Michele Petrone, ma senza immaginare che si trattasse di un Inno a Vieste, e traducendola nel modo seguente: Porta della Divina Grande Madre Terra (che) fa sgorgare dalla Cinta Acqua Sorgiva, per la sua remota funzione di città Madre della Terra, dama tira per Demetra, capitale dell’antico Continente, ora città Pizzomunno, anche per la presenza delle numerose correnti d’acqua storiche e poetiche che sgorgano e scorrono sui suoi litorali alimentando il mare, secondo Omero e confermato da Strabone (Italia) e nel 1907 dal Beltramelli, unitamente ai numerosi pozzi e cisterne d’acqua sorgiva presenti e funzionanti ancora nel passato recente di Vieste, che come porta viene citata da Omero come Telepilo: la lontana porta, e città dei Lestìgoni che era situata su una rupe marinara davanti al suo porto.
Che oltre il porto si trova proprio come l’antica Vieste situata sul mare e sul Montarone. Vieste nell’identità di Porta di accesso dei popoli indeuropei e dell’Asia Minore che poi, in cerca di nuova ricchezze, trasmigrarono (Seneca) nel resto dell’Italia come popoli Cittei, poi Pugliesi e Italiani, nome derivante dal greco cytos, ciato, strumento per attingere acqua buona dal Canale della Chiatà, con tutti i nomi di Omero, e più recentemente dal Pozzo della Chiatà, dal greco cyathos, mentre nel resto dell’Europa venivano identificati col nome di Celtici sempre derivanti dal porto del Pantanella che in questo caso proviene dal greco cella, o dal verbo cellò, da identificare in modo analogo all’aggos del Portus Aggasus di Plinio.
Oltre che nell’identità di Troia, Uria, Adria e Atlantide, Vieste come Porta, greco thura, indeuropeo turah, all’origine dell’isola triangolare detta Thyrrenia, la stessa di Italia, e del Mare Tirreno che, quindi, ha pure origini Viestane, con al suo angolo orientale lo Stretto Ionico e subito di seguito il Golfo Adriatico, secondo Polibio (2° sec. a.C.) che diventa un altro tacito modo di identificare la via stretta del Laurento di Livio e il sentiero del vasto mare dell’Ellesponto di Omero, da cui la biblica Turah, italiano Tiro, che secondo i profeti Ezechiele ed Isaia viene fatta sprofondare sott’acqua in una notte e un giorno da un cataclisma provocato da Dio per punire la superbia dei suoi abitanti (Bibbia). Ma per esaltare la loro città di Tiro. La Thyrrenia viene sostituita dall’Etruria, nome che indica l’altra parte di Uria, A questa si aggiunge la Liguria, indicante la piega del territorio, quindi il golfo, di Uria, sempre antico territorio di Vieste.
A tutto questo si aggiunge che il veggente francese, secondo alcuni di origine italiana Nostradamus che nel 1500 aveva previsto in maniera del tutto realizzata, ora soltanto per lo scrivente, quando scrive: “nell’anno 1999, settimo mese, improvvisamente giungerà un grande ciclo (rou, abbreviazione di route) di fatti madornali (d’effraieur). Risuscitare il Regno (Roy, abbreviazione di royume) dell’Angoloculla e che dopo una tornata di polemiche (Mars per Marte) rivivrà con buona pace di tutti”. L’angolo culla per Vieste è presente nel toponimo di (S.) Eufemia, per la sua buona fama e soprattutto di (S.) Eugenia, indicante la buona genìa, toponimo quest’ultimo appartenente pure alla punta del corno di sinistra del Montarone visto da terra, ma anche come punto di origine da Vieste dei nomi di nuovi popoli poi trasmigrati nel resto del Continente (Seneca).
Per la sua forma questo Scoglio diventa l’Arca di Deucalione e Pirra che dopo il Diluvio Greco di nove giorni, gli stessi per affondare sott’acqua l’omerica Troia, approdano sul Parnaso, ora dato erroneamente come monte dell’attuale Grecia, mentre per il viestano Omero si tratta dello stesso monte, il Montarone solo poeticamente trasferito a Itaca, sul quale Odisseo viene ferito al ginocchio sinistro dalla zanna di un cinghiale da cui il nome Ulisse, ferito. Da questo Parnaso rinasce la popolazione mondiale, sterminata dal Diluvio Greco, con i sassi lanciati da Deucalione, personaggio omerico, per i nuovi maschi, e da quelli lanciati da Pirra per le nuove femmine. In seguito e per continuità questo Scoglio diventa pure l’Arca di Noè che dopo il Diluvio Universale di 40 giorni approda in un luogo in cui muore improvvisamente la moglie, Vesta, e in suo onore Noè fonda la città col nome di lei, Vesta (Bibbia), nome romano di Vieste. Per la cronaca si fa presente che l’Arca di Noè ha le stesse analoghe dimensioni dello Scoglio viestano: (m 156 di lungh., m 25 di largh. m 15 di altez. (Bibbia). Lo stesso Scoglio diventa pure l’omerica nave Argo, bianca, nome derivante dalla falesia bianco calcarea del Montarone, pure come luogo di nascita dell’argivo Diomede, secondo Omero. Nave famosa, presente in Eufemia, in cui si imbarcano gli Argonauti in cerca del Vello d’Oro e che, secondo Omero, fu l’unica nave a superare indenne le omeriche Rupi Erranti, che sono le viestane Murge Scuffelète, o Rupi Lesionate, che con il solo movimento del mare sottostante sembrano tuttora erranti.
La nave degli Argonauti finisce sott’acqua con la chiglia all’insù, similmente al denudato Scoglio. Inoltre e secondo Omero lo Scoglio è pure la nave dei Feaci che dopo l’accompagno di Odisseo a Itaca, sempre Vieste, il vendicativo Poseidone ha affondato e pietrificato con una manata quando era già in vista di Skeria. Infine va tenuto presente che l’angolo del Regno dell’Angoloculla e atlante del Continente Atlantide sono sinonimi di Pizzo di Pizzomunno per Vieste, anche come Porta della Terra. Città di Vieste che viene identificata nel 1800 dal Gregorovius.come la Perduta del Mondo e dal Beltramelli nel 1907 come la Sperduta del Gargano.
Prof. Giuseppe CALDERISI, nato a Vieste il 01.02.1943