Sa di sale la morte improvvisa. Come il mare. E nel suo bel mezzo può capitare che quella distesa – fino al momento precedente un dolce abbraccio – diventi una stretta fatale. Da acqua di vita a acqua di morte senza soluzione di continuità.
Non il refrigerio di temperature proibitive ma freddo di morte. Deve averlo realizzato forse solo per qualche istante Savina Disanti, libraia di Vieste, una vita tra impegni familiari e culturali, in quei concitati minuti in cui ha fatto di tutto per sospingere la nipotina verso la riva prima di annegare.
Ci é riuscita, ma lo sforzo deve essere stato forte e non ce l’ha fatta a mettersi in salvo anche lei. Ha ceduto alle onde di quell’acqua che tutti amiamo, ma quando diventa assassina vorremmo prosciugarla in un attimo o fenderla con le nostre braccia. In evidente difficoltà si sono trovati anche altri ragazzi, ed è prontamente intervenuto il marito della donna.
Questa la cronaca, come se fosse poco il crudo resoconto. E in attesa di ima dinamica da ricostruire nel dettaglio benché non ci siano dubbi sulla vicenda, resta l’amara constatazione del giorno dopo, anzi, del minuto dopo.
È storia tragica e struggente, di quelle che neanche si vorrebbero leggere in un romanzo o in una favola; anche in quest’ultima, del resto, dove alla fine si salvano tutti, malgrado il pericolo sia sempre in agguato.
Una vita che si preserva, un’altra che se ne va; e se la legge di natura o altre superiori hanno decretato che a salvarsi fosse una vita giovane, piangiamo questa donna che con estremo sacrificio ha donato la sua vita.
Come un’eroina greca, come quell’Alcesti che sacrificò la sua vita a favore del marito Admeto lì dove nessuno si era detto disponibile, neanche i suoi genitori. Lo fece lei, salutando la luce del sole e piangendo il suo destino.
Gli dèi, la Sorte, decisero diversamente: fu Eracle stesso a riportarla dell’Ade in vita, pentito per quella punizione troppo capricciosa e a scapito di una innocente. “Molte sono le forme del divino; molte cose gli dèi compiono contro le nostre speranze; e quello che si aspettava non si verificò, a quello che non ci si aspettava diede compimento il dio”, scriveva Euripide in quella che è sì una tragedia, ma Tunica con un finale che anche nel nostro caso avremmo voluto in questa storia non mitologica ma reale, tanto reale. Cara Savina, che la terra ti sia lieve, a fronte del tuo dono così generoso.
rossella palmieri
gazzettacapitanata