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L’ASSESSORE LOPANE SMONTA LA POLEMICA: “IN PUGLIA NESSUNO SPECULA SUI TURISTI. I NUMERI SONO DALLA NOSTRA PARTE”

«La qualità non corrisponde al prezzo? È questa l’accusa? A me sembra un po’ ingenerosa e carica di un filo di risentimento. Io vedo un’industria del turismo pugliese che, dopo aver retto bene alla sfida del Covid e delle crisi geopolitiche degli ultimi anni, sta continuando nel per­corso di crescita e di maturità». Gianfranco Lopane, assessore regionale al Turismo, dalla sua postazione osserva il panorama completo dell’accoglienza e dei servizi che la Puglia offre a va­canzieri, turisti e viaggiatori, italiani e stranieri.

Lei ha seguito in questi giorni il dibattito su pregi e di­fetti del turismo pugliese?

«Qualcosa ho letto».

Le pare possibile chiedere 65 euro per una bottiglia di vi­no che ne costa 5?

«Senta, può anche esserci chi specula, è fisiologico a qualsiasi latitudine e in qualsiasi busi­ness, ma non si può fare un di­scorso generale. Io credo che ormai nell’industria del turi­smo gli operatori abbiano capi­to che la reputazione è il primo driver di cui tenere conto e sono attenti alle recensioni del turi­sta. Forse si pensa che la Puglia, dal punto di vista enogastronomico, sia quella di 50 anni fa e allora si pensa anche di poter pagare il vino 5 euro».

La polemica sul caro prezzi però è nata da tempo.

«Certo, abbiamo visto i tor­mentoni dell’anno scorso come si sono gonfiati e sgonfiati d’un tratto. Ad esempio non abbia­mo avuto traccia di quell’asso­ciazione di consumatori alla quale chiedevamo sulla base di cosa avesse decretato che i prez­zi in Puglia fossero i più alti. Non ha mai risposto mentre le nostre indagini si fondano su una seria base metodologica al­trimenti sarebbero aria fritta come la boutade che un personaggio in cerca di autore lancia per avere momenti notorietà».

Nancy dell’Olio sostiene che la Puglia è stata capace di atti­rare i turisti ma di non saperli accogliere.

«Non è per niente vero per­ché altrimenti il flusso turistico si sarebbe già fermato alcuni anni fa. I dati del primo seme­stre (+11,8% negli arrivi e + 7,3% nelle presenze, ndr) confutano

questa tesi. Tra l’altro sono si­gnificativi i dati qualitativi che saranno sempre più il nostro metro di giudizio e che si riferi­scono alle tracce digitali lasciate da turisti e cittadini nei loro

commenti».

Qual è la strategia della Re­gione per il turismo?

«È stata già definita alcuni anni fa e in seguito aggiornata dopo il Covid. Individuava due focus: i processi di internalizzazione e le azioni da mettere in campo per ampliare la stagione turistica. In seguito, attraverso la partecipazione degli operato­ri, abbiamo aggiunto un ulte­riore caposaldo, la qualificazio­ne dell’offerta individuando con precisione i prodotti turistici della nostra regione ai quali la comunicazione e la promozio­ne si sono adeguate».

Secondo lei qual è la forma più forte di turismo in Puglia?

«Abbiamo individuato cin­que prodotti turistici principa­li, con vari sottoprodotti e sfac­cettature. Il principale, storica­mente riconosciuto, è il mare, ormai diventato un poliprodotto turistico. Si va oltre il sempli­ce prodotto balneare, mare si­gnifica anche nautica da dipor­to, crociere, acque marine pro­tette e sport acquatici. Poi c’è la cultura, che ci permette di am­pliare la stagione turistica e contempla pure l’artigianato ar­tistico – vedi le first lady al quar­tiere delle ceramiche di Grottaglie – i grandi eventi, le tradizio­ni e le feste, la riscoperta dei borghi. Poi mettiamo l’enogastronomia, quindi le attività al­l’aperto, con l’opportunità dei cammini, ne abbiamo per 2.200 chilometri, il cicloturi­smo, il camping. C’è anche il wedding, che richiama al lavo­ro una catena composita fatta da moltissime aziende, e la convegnistica.

La Puglia corre il rischio dell’overturism, con i residen­ti che si lamentano dell’inva­sione dei turisti e della caren­za di case per abitazioni tutte trasformate in case vacanza?

«È un grande tema di cui di­scutiamo a tutti i livelli. Posso dire che da noi ancora non pos­siamo parlare di overturism. Però non si può dire che sia questa la causa principale della mancanza di alloggi per resi­denti. Noi abbiamo bisogno di alberghi. In ogni caso teniamo il fenomeno sotto controllo. Ab­biamo censito 53 mila codici identificativi, cioè di strutture ricettive con licenza. L’abusivi­smo c’è, lo ammettiamo, e sap­piamo che l’abusivo è un nemi­co giurato del turismo».

corrieremezzogiorno