Dev’esserci una perversione alla base del rapporto tra il Gargano e la sua gente.
Qualcosa che non si può interpretare, figurarsi comprendere. Per esempio non si può comprendere la barbarie che a un anno dall’incendio di baia San Felice ha celebrato questa scadenza con la stessa atrocità, mandando in fumo – oggi come allora -centinaia di ettari di macchia mediterranea. Non si può comprendere la tribale coazione a ripetersi di una terra già devastata nel 2007, quando il rogo doloso della baia di San Nicola causò quattro morti, decine di feriti e migliaia di sfollati.
Una perversione, dicevamo. Non può esserci altra spiegazione. Se da una parte si insiste per reclamare il primato turistico di un promontorio che fa fatica a uscire dall’epica maliosa e dall’altra si assiste all’inesorabile scempio del parco naturale più antropizzato d’Europa; se da una parte si arriva a rivendicare un aeroporto che possa determinarne il definitivo salto di qualità e dall’altra si continua a trattare questa terra come un residuato bellico senza alcuna importanza che vada oltre il mare.
La fragilità del Gargano comincia dall’evanescenza istituzionale degli incarichi che avrebbero dovuto rappresentarlo, difenderlo, valorizzarlo, e che invece l’hanno tradito con la mediocrità di chi è stato chiamato a rappresentarlo. A cominciare dalla presidenza del Parco del Gargano, un temo al lotto giocato sulla prepotenza e non sulla competenza.
Proseguendo con la mobilità in un territorio senza strade e senza vie d’uscita, che sembra fatto apposta per appiccare fuochi e schiacciare nell’angolo chi sopporta viaggi scomodi e interminabili per assistere ad altri spettacoli e non all’estinzione di un paradiso. Nessuno degli incendi che hanno divorato e ancora divoreranno – è solo questione di tempo, purtroppo – è scoppiato per ragioni diverse dal dolo, ima vocazione ad autoannientarsi che il Gargano potrebbe insegnare al resto del mondo.
Non ci saranno leggi, provvedimenti e restrizioni che tengano fino a quando la gente del Gargano non supererà l’abominevole istinto a distruggere la propria bellezza, a cancellare il dono offertogli dalla natura: così bello da non poterci credere, da accartocciarlo tutte le volte che può. Prima che l’inconsapevole complicità del vento alimentasse l’incendio di baia San Felice, ci avevano già provato almeno ima dozzina di volte. A conferma di una dannazione che va oltre ogni interpretazione, offrendo questo incomprensibile gesto al solo commento possibile. Il Gargano è un posto sorvolato da un karma impossibile da sfatare. Distruggersi, per poi piangersi addosso.
corrieredelmezzogiorno