Torre San Felice a Vieste, Torre Pietra a Margherita di Savoia, Torre Calderina a Molfetta, il Faro di San Cataldo di Bari, il Faro di Punta Palasela a Otranto e la Torre-Faro Carlo V a Ugento, sono fari e torri che la Regione Puglia ha ristrutturato e riaperto per consentire la realizzazione di un itinerario costiero tra Adriatico e Ionio, con i fondi del CoHeN-Coastal Heritage Network, finanziato dal Programma Interreg Grecia-Italia 2014/2020.
Su questi luoghi, che sorvegliano le coste, la Fondazione Pino Pascali (in collaborazione con il Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio della Regione Puglia) ha promosso un progetto di residenze confluito nella mostra «Fari e torri del fuoco segreto», nella sede della Fondazione a Polignano a Mare.
Una prima tappa che precede la successiva collocazione nei rispettivi siti, nelle more del loro definitivo completamento. L’obiettivo è valorizzare i recuperati edifici costieri con l’arte contemporanea che può aiutare a ridefinire le identità delle geografie periferiche con interventi orientati alla conversione di ciò che è marginale in ciò che è unico.
Per rintracciare significati, memorie e storie scomparse o non sufficientemente espresse, il progetto si affida a sei artisti, Gea Casolaro, Serena Fineschi, Claudia Giannuli, Francesco Lametta, Isabella Mongelli e Virginia Zanetti, alla curatela di Christian Caliandro e Nicola Zito, e a un titolo dove «il fuoco segreto» fa riferimento ai testi di J.R.R. Tolkien e dunque alla capacità delle fiamme di generare idee e azioni.
Differenti i linguaggi utilizzati. Per esempio, video e performance con Isabella Mongelli che immagina un solstizio d’estate fuori stagione, destinato al faro di Punta Palasela, recuperando suggestioni iconografiche dal mosaico pavimentale della cattedrale di Otranto.
Ancora rimescolamenti da un altro immaginario artistico, questa volta a tema balneare, con spunti da Cézanne a Hockney, per l’installazione pittorica di Francesco destinata al primo piano del faro di Bari.
A Margherita di Savoia, le saline sono protagoniste del lavoro di Virginia Zanetti che, alla documentazione sui processi estrattivi, unisce antropologie locali intorno a riti e liturgie del sale.
Un monito provocatorio, «Non tutti i mari vengono per nuocere», arriva da Gea Casolaro, in un’opera in cui le singole lettere che lo compongono, di alluminio illuminato, aiutano a risvegliare aneliti green.
Sarà ospitata a Molfetta per unirsi a molteplici allarmi in materia di riscaldamento dei mari, problematica di cui non è esente nemmeno l’Adriatico che gli fa da orizzonte.
Omaggio al paesaggio meridiano, luminoso e multicromatico, negli assemblaggi di matite colorate di Serena Fineschi a Vieste; infine, per Ugento, Claudia Giannuli consente a tronchi di mandorlo potati di accedere a innaturali fioriture, con gli innesti dei suoi realistici fiori in porcellana Ming.
Una pratica contraria a ogni norma botanica, aggressiva e nella logica dello sfruttamento intensivo della natura, e per tanto, secondo il credo ecofemminista, apparentata a violenze e discriminazioni sulla donna.