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S. MARCO IN LAMIS/ LA MATTANZA DEL 9 AGOSTO 2017 RACCONTATA DA BOSS E KILLER DEL GARGANO ADESSO PENTITI. IL COINVOLGIMENTO DI ESPONENTI MAFIOSI DI VIESTE E DI MATTINATA

Cinque pentiti hanno parlato della strage del 9 agosto 2017 nelle campagne di San Marco in Lamis: il manfredoniano Carlo Magno; il mattinatese Antonio Quitadamo; i viestani Marco Raduano e Danilo Pietro Della Malva; il sammarchese Patrizio Villani, anagraficamente del Gargano ma affiliato al clan Sinesi/Francavilla della “Società foggiana”.

CARLO MAGNO – Uccise a Amsterdam in Olanda nell’ottobre 2017 il manfredoniano Saverio Tucci, alias “Faccia d’Angelo”, per contrasti legati al narcotraffico: fece subito ritrovare il corpo, si pentì, fu interrogato il 4 novembre 2019 in corte d’assise a Foggia nel processo a Caterino. “Qualche giorno dopo la strage, Tucci mi disse d’essere associato col gruppo del quadruplice omicidio: mi disse che c’erano persone che erano amiche di Romito e poi non stavano più d’accordo con lui, si sono girate e lui Tucci faceva parte di questo gruppo”. Chissà se sulla scorta di queste dichiarazioni si sarebbe mai arrivati a ipotizzare un coinvolgimento processuale di Tucci nella strage.

DANILO DELLA MALVA – Pentitosi a marzo 2021, ex affiliato del clan viestano Raduano alleato del gruppo Romito e quindi in guerra anche con i Libergolis, fu sentito il 27 maggio 2022 nel processo in corte d’assise d’appello che confermò l’ergastolo a Caterino. “Dopo la strage ci fu mi summit nel bosco di Mattinata presenti io, Raduano, Matteo Lombardi, Pasquale Ricucci: immaginammo che i responsabili fossero i Libergolis e la loro fazione. Mi dissero che Caterino era uno che stava vicino a Enzo Miucci” (reggente del clan Libergolis) “e che aveva partecipato all’omicidio di Mario Luciano Romito: era facile da uccidere perché era quello più reperibile, diciamo. Mi chiesero di ammazzarlo ma a me interessava solo Vieste, non volevo andare fuori paese a commettere gli omicidi, così me ne andai in Spagna. Quando tornai a Vieste, Marco Raduano mi confidò d’aver partecipato al tentato omicidio di Caterino” (sfuggito alla morte il 18 febbraio 2018) “dicendomi: ‘tu te ne sei andato in Spagna, te la sei scappottata e hanno mandato me a Manfredonia a sparargli’”.

ANDREA OLMI ADAMO – Mattinatese detto “Baffino, pentitosi a gennaio 2022, ex appartenente al clan Romito, fu interrogato sempre nel processo d’appello a Bari nell’udienza del 27 maggio 2022. “Mario Luciano Romito era il capo del nostro gruppo, io e altri eravamo i soldati. In carcere Tommaso Tomaiuolo” (che nega quanto affermato dal collaboratore di Giustizia) “mi disse di non voler più stare nel gruppo Libergolis e di voler passare nel gruppo nostro perché non veniva pagato bene; mi disse che l’auto della strage erano andati a prenderla lui e Caterino due o tre giorni prima a Trani. Quelli del mio gruppo vennero a sapere che Caterino aveva fatto da bacchetta, ossia il basista, pedinando Romito: così tesero un agguato a Caterino per vendicare la morte di Mario Luciano ma andò male perché l’auto del commando si ruppe”.

MARCO RADUANO – Ex capo dell’omonimo clan viestano, alleato dei Romito, pentitosi a marzo 2024, reo confesso di una dozzina di omicidi. Non è stato sentito nei processi a Caterino, è stato condannato all’ergastolo in primo grado nel processo Omnia nostra per mafia, due omicidi e l’agguato fallito a Caterino, reati confessati. “Io appartenevo inizialmente ai Libergolis poi dopo l’omicidio di mio cognato a settembre 2016, passai con l’ex gruppo Romito: per guadagnarmi la fiducia li informai di una serie di cose che non sapevano. Caterino era un insospettabile che gravitava nel mondo dei Romito, attingeva informazioni e le riferiva a Enzo Miucci. Loro” (riferito al gruppo Romito) “non lo sapevano, quando entrai nel gruppo gli svelai cosa facesse questo soggetto. Prim’ancora che Caterino venisse arrestato, sapevamo che aveva partecipato alla strage, ne avevamo certezza”.

PATRIZIO VILLANI – Killer di San Marco in Lamis e del clan foggiano Sinesi/Francavilla, pentitosi a maggio 2022 dopo la condanna a 30 anni per un omicidio legato alla guerra tra clan della “Società”. Non è stato sentito nei processi a Caterino. “Ero detenuto e appresi in carcere della strage, conoscevo i fratelli Luciani perché erano di San Marco in Lamis come me: loro lavoravano, chi li ha ammazzati è uno che non li conosceva. Ai killer evidentemente è stato detto: ‘se vedete a quello col Fiorino sparate anche a quello’ perché pensavano che fosse ima persona vicina a Romito. Invece ironia della sorte si sono trovati a passare i Luciani, quei due poveretti” che viaggiavano proprio su un “Fiat Fiorino”.

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