La Procura della Magistratura Contabile ha chiesto alla Regione la documentazione relativa ai comuni: nel mirino la mancata riscossione dei canoni.
C’è un’ipotesi di danno erariale dietro la mancata riscossione dei canoni relativi alle concessioni dei beni demaniali marittimi a uso turistico da parte dei Comuni della Puglia. Un’eventualità su cui indaga la Procura regionale della Corte dei conti, che vuole capire se gli stabilimenti balneari e le strutture turistiche paghino quanto dovuto allo Stato per l’occupazione delle spiagge.
Una questione di grande attualità, che incrocia da un lato quella delle imminenti gare imposte dall’Unione europea per mettere al bando le concessioni e dall’altro il tema degli spazi sempre più ristretti in cui sono confinate le aree libere. Anche a causa delle occupazioni abusive. Su queste ultime lavora da anni la Guardia costiera. In questo 2024 ha effettuato 3mila 600 controlli, elevando 53 verbali a chi ha posizionato illegalmente ombrelloni, sdraio e lettini e restituendo alla libera fruizione 4mila 800 metri quadrati di arenili.
Canoni e guadagni
In Puglia, stando ai dati presentati da Legambiente con il suo Rapporto spiagge, il 39 per cento della costa risulta occupata tramite concessioni demaniali da 1.100 stabilimenti e 109 tra campeggi e strutture ricettive. Ma di tutti questi imprenditori che vivono grazie allo sfruttamento delle spiagge, non è chiaro chi paghi e quanto.
La Corte dei conti
Già nel 2021 la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato ha approvato una delibera in cui evidenziava la mala gestione delle entrate derivanti dai beni demaniali marittimi. All’epoca in tutta Italia c’erano 12mila 166 beni in concessione per uso turistico, ma dei canoni previsti per 111 milioni ne erano stati incassati soltanto 101. Le mancate riscossioni, avevano rimarcato i giudici, erano da attribuire soprattutto alle amministrazioni del Sud. E la Puglia non faceva eccezione.
L’indagine
Parallelamente a quanto accaduto in altre parti della Penisola, la magistratura contabile della Puglia ha deciso di capire se esistano canoni non riscossi e di chi siano le responsabilità. Ma le verifiche non sono facili, perché in Italia sul tema concessioni esiste una stratificazione di competenze amministrative, sia in merito al rilascio che alla riscossione dei canoni, che partono dallo Stato e arrivano all’Agenzia del demanio, passando per i Comuni e le Regioni.
A queste ultime, di fatto, lo Stato ha delegato la gestione dell’intricata materia e quindi è da loro che devono passare tutte le informazioni. Non è un caso che alcuni mesi fa la Procura regionale della Corte dei conti abbia scritto al dipartimento regionale Infrastrutture per conoscere lo stato dell’arte. E la Regione abbia, a propria volta, sollecitato lo Guardia costiera affinché faccia il punto con i Comuni sulle concessioni. Al momento pare non sia chiarissimo quante siano le autorizzazioni attive, perché le informazioni che arrivano dai 69 Comuni costieri pugliesi sono in alcuni casi frammentarie. Ma se non si sa quante concessioni esistono, non si può stabilire neanche quanto dalla Puglia debba arrivare annualmente allo Stato sotto forma di canone e nemmeno capire chi abbia pagato e chi no.
Il cane che si morde la coda
La Regione fa pressing, ma gli uffici comunali sono oberati di lavoro e, in molti casi, a corto di personale. Ad alimentare ulteriore confusione c’è inoltre il balletto fra le decisioni dei Governi italiani che si succedono, pressati dall’Ue (che da anni ha imposto di mettere al bando le concessioni), e i ricorsi che i balneari presentano senza sosta alla giustizia amministrativa, le cui decisioni hanno spesso modificato la geografia delle concessioni.
Su tutto l’evidenza di prezzi applicati agli utilizzatori finali, cioè i bagnanti, che continuano a salire inesorabilmente e con essi i guadagni degli imprenditori, che – non a caso – stanno conducendo una battaglia contro le gare pubbliche.
Le proteste
Mentre la magistratura porta avanti le sue verifiche, i balneari alzano le barricate. In Puglia lo sciopero nazionale del 9 agosto ha avuto un’adesione tra il 70 e l’80 per cento. Per due ore i lidi sono stati chiusi in segno di protesta contro il passaggio, ormai obbligato per il Governo dopo la stretta dell’Antitrust, che vede avvicinarsi il momento dell’indizione delle gare comunitarie. A seguire, gli stessi operatori turistici hanno approfittato della presenza della premier Giorgia Meloni a Ceglie per chiederle un incontro, annunciando la volontà di organizzare anche un sit-in davanti alla struttura.
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