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BONUS RISTRUTTURAZIONE, DAL 2025 L’AGEVOLAZIONE PIÙ AMATA SCENDERÀ DAL 50 AL 36%: I CONTI DA FARE PER I LAVORI IN CASA

È il bonus più amato dagli italiani. Ma se la Legge di Bilancio 2025 non modificherà le norme previste a partire dal 1° gennaio prossimo la più vecchia agevolazione fiscale sull’edilizia, il bonus ristrutturazione, perderà molto del suo fascino, perché fuor di metafora qui non si parla di sentimenti ma di soldi e ricorrervi sarà parecchio meno conveniente dal 1998 al 2021.

Del successo di questo bonus parlano i numeri: dal 1998, anno della sua istituzione da parte del primo governo Prodi, a oggi vi hanno fatto ricorso almeno 19 milioni di contribuenti; o, per essere più precisi l’agevolazione è stata richiesta almeno 19 milioni di volte (nulla vieta infatti che nel tempo ne abbia più volte usufruito lo stesso soggetto).

Ma come siamo arrivati a questo numero? Per gli anni dal 1998 al 2012 siamo ricorsi a uno studio del Cresme su dati Mef che faceva ammontare il totale del periodo a 6.222.729 domande. Per gli anni dal 2013 al 2022 la fonte è direttamente il Mef: le statistiche sulle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2023 indicano 10.758.288 richieste di detrazione, che coprono tutto l’arco di un decennio visto che il bonus è spalmato su dieci annualità. Si arriva così a quasi 17 milioni di domande. Con una stima prudenziale se ne possono aggiungere altre 2 milioni per il 2023-2024 e si arriva a quota 19.

Che cosa significhi il bonus per l’economia ce lo dicono sempre le statistiche del Mef: nelle dichiarazioni 2023, relative al 2022, l’importo delle detrazioni era pari a 8,8 miliardi di euro. Siccome la detrazione è del 50% spalmato su 10 anni gli 8,8 miliardi equivalgono al 5% della spesa complessiva del decennio, e così si arriva a una stima di almeno 176miliardi di euro per i lavori agevolati, cui aggiungere le spese non detraibili.

Il successo del bonus è dovuto anche alla quasi assenza di burocrazia. Bisogna ovviamente che i lavori siano fatturati e poi basta avere l’accortezza di pagare con il cosiddetto bonifico parlante, indicando gli estremi del beneficiario, del contribuente e della fattura; inoltre in condominio il bonus copre una vastissima gamma di interventi, a partire dalla manutenzione ordinaria.

Che cosa succede il 1°gennaio prossimo? Senza modifiche legislative il bonus scenderà al 36%, spalmato sempre su dieci anni, e dal 2028 la quota si ridurrà al 30%. Non solo: il bonus ristrutturazione comprenderà anche l’ecobonus e il sisma bonus ordinario, che attualmente hanno aliquote molto più convenienti, fino all’85% per le ristrutturazioni condominiali, e dal 2026, sempre senza ulteriori modifiche, ricomprenderà il bonus barriere architettoniche e il Superbonus.

Il taglio drastico dei bonus rischia di scontrarsi con la realtà. Da una parte incombono gli adempimenti sulla riqualificazione energetica della direttiva europea case green, che potranno essere realizzati solo con incentivi molto forti ai proprietari. Dall’altra la storia del bonus ristrutturazione mostra che le domande sono aumentate e molto quando l’aliquota è stata alzata al 50%. Probabilmente con il 36% si faranno meno lavori e parte di quelli che verranno fatti, nelle unità immobiliari private, saranno solo parzialmente fatturati. L’evasione in condominio è invece impossibile, ma deliberare nuovi lavori non è obbligatorio se non c’è convenienza.

Qualcosa si sta muovendo per modificare le norme. Ne abbiamo parlato qui:  Bonus edilizi, stop agli incentivi per le seconde case: resta l’ecobonus (ma solo se migliora la classe energetica) | Corriere.it.

Il progetto di limitare gli incentivi solo alle prime case è improntato apparentemente da equità ma va bene per i lavori nelle singole case, mentre appare inapplicabile in condominio.

Lo stesso vale per l’idea di legare gli incentivi al reddito: in assemblea chi non potrebbe ottenere il bonus difficilmente darebbe il via libera ai lavori. I ricchi saranno anche egoisti, ma in genere sono ricchi proprio perché sanno fare i conti.

Infine anche il progetto di mantenere l’ecobonus legandolo al miglioramento di classi energetiche può funzionare solo se le aliquote sono alte e soprattutto se c’è la cessione del credito.

I dati sull’ecobonus precedenti all’istituzione del Superbonus mostrano che il ricorso all’incentivo per la riqualificazione integrale di edifici aveva percentuali trascurabili e che il bonus in pratica serviva solo per cambiare infissi e caldaie.

corrieredellasera