Nelle carte di “Mari e Monti” emergono particolari sulla morte di Angelo Notarangelo, storico boss di Vieste. I pentiti indicano “U’ Criatur” come mandante dell’agguato.
I montanari Li Bergolis-Miucci dietro all’omicidio di Angelo Notarangelo detto “Cintaridd”? È ciò che emerge dalla maxi ordinanza “Mari e Monti”, blitz contro l’organizzazione criminale di Monte Sant’Angelo guidata dal boss 41enne Enzo Miucci detto “U’ Criatur”, nipote del patriarca defunto, Ciccillo Li Bergolis.
Il lungo documento firmato dalla gip Valenzi riporta numerose dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, su tutti Marco Raduano detto “Pallone”, ex boss di Vieste, un tempo alleato a Miucci prima di passare nei rivali Lombardi-Scirpoli. Sarebbe stato proprio Raduano, insieme a Miucci, ad eliminare Notarangelo, trucidato a colpi d’arma da fuoco il 26 gennaio 2015 sulla litoranea viestana. All’epoca, Notarangelo era il capomafia incontrastato nella città del Pizzomunno.
Così Raduano agli inquirenti: “Sono stato detenuto in cella con Enzo Miucci e Angelo Grilli, presso il carcere di Foggia, nel 2011-2012, Iato destro, alta sicurezza, a seguito del mio arresto per l’operazione Medioevo. Grilli era detenuto per un omicidio, mentre Miucci per il favoreggiamento della latitanza di Franco Li Bergolis (il capo assoluto dei montanari insieme ai fratelli Armando e Matteo, tutti in galera dopo la sentenza “Iscaro-Saburo”, ndr). In carcere tendiamo a creare la cella tra garganici o comunque corregionali. Con noi è stato detenuto anche Pietro Tarantino, zio di Angelo Tarantino. Durante la detenzione mi sono avvicinato a loro. In quel periodo, per motivi di interessi legati allo spaccio su Vieste, Miucci, Grilli e Notarangelo hanno avuto un alterco in carcere, al quale ho personalmente assistito, e sono quasi arrivati alle mani. Io sono stato interpellato in quanto mi ritenevano uomo di fiducia di Notarangelo. Miucci e Grilli rivendicavano una sorta di diritto sulla gestione dello spaccio a Vieste, mentre Notarangelo voleva mantenere tutto per sé”.
Stando al racconto di Raduano, il boss montanaro Miucci fece “riferimento al mantenimento in carcere che dava ai fratelli Li Bergolis e recriminava per aver aperto la strada allo stesso Notarangelo. Miucci si alterò molto durante questo alterco e affrontò Notarangelo viso a viso. Questa discussione avvenne in un angolo appartato del carcere; non credo che altri se ne siano accorti. Furono anche fatte minacce con cui si alludeva al fatto che la questione sarebbe continuata fuori. In seguito a questa discussione i rapporti tra di loro si incrinarono. Mentre eravamo detenuti, fui invitato a rivedere la mia vicinanza a Notarangelo e mi fecero intendere che lo avrebbero eliminato. lo stesso, poi, ebbi una serie di problemi con Notarangelo; pretendeva parte del denaro che guadagnavo con le rapine; non mi faceva partecipare alle gestioni dello spaccio; diceva di dover sostenere le spese per soggetti detenuti; quindi ho iniziato a frequentare Miucci ed abbiamo concordato di uccidere Notarangelo”.
E ancora: “Tutta la situazione si è evoluta dal momento della mia scarcerazione fino all’omicidio di Notarangelo. Dopo la mia scarcerazione sono stato un anno ai domiciliari in Abruzzo, a Montesilvano. Poi sono rientrato su Vieste, per un periodo ai domiciliari. In questo periodo, 2012-2013, Miucci, che era a sua volta detenuto ai domiciliari, mi mandò Giovanni Caterino detto ‘Pò pò”‘ (basista della strage di San Marco, condannato all’ergastolo, ndr), dicendomi che era una persona di sua fiducia, conosciuta solo a pochi. Lui venne a nome di Miucci e mi anticipò qualcosa sul progetto di eliminare Notarangelo Angelo e volle capire le mie intenzioni. Parlammo anche della situazione della criminalità su Vieste e dei soggetti che erano vicini a me o a Notarangelo. Caterino era a conoscenza della discussione avvenuta in carcere; mi fu chiesto se fossi interessato, in caso di eliminazione di Notarangelo, a subentrargli a capo di Vieste. lo e loro avevamo gli stessi interessi. Tra l’altro temevo che Notarangelo avrebbe potuto eliminarmi. Caterino credo sia venuto da me due o tre volte ed abbiamo sempre parlato nel portone. Ciò di cui parlavamo veniva sicuramente riportato a Miucci. In seguito alla mia scarcerazione, ho iniziato ad andare a casa di Miucci, benché lui fosse ancora ai domiciliari. Dopo la morte di Notarangelo andavo a casa sua quasi tutte le settimane. Miucci ha due figli maschi, il più grande si chiama Antonio. Quest’ultimo era sempre presente ai nostri incontri e Miucci non aveva problemi a parlare in sua presenza. Durante gli incontri abbiamo parlato dell’organizzazione dell’omicidio di Angelo Notarangelo, ma anche di quelli di Mario Romito e di Pasquale Ricucci”. Entrambi poi ammazzati rispettivamente nella strage di San Marco del 2017 e a Macchia nel 2019.
“Quando ci incontravamo con Miucci abbiamo sempre parlato di reati, scambio di armi, controllo del territorio, droga, omicidi, estorsioni. Lui aveva persone di fiducia che gestivano queste cose. Agli incontri, spesso c’erano anche altre persone; tra questi Caterino ed altri che erano parenti di Ciccillo Li Bergolis; uno era il genero, colui che portava avanti le masserie (Giuseppe Pio Mazzamurro); degli altri mi diceva che facevano parte del gruppo; c’era qualcuno di Manfredonia che accompagnava Caterino; ho conosciuto un ragazzo di San Marco che ha subito un tentativo di omicidio in una macelleria. Miucci ha cercato di fissarmi un incontro con Angelo Tarantino che non è mai avvenuto perché dimorava fuori regione in quel momento; me lo indicava come una persona valida, perché si occupava anche di omicidi. Tutte queste persone avevano nella loro disponibilità armi e droga. Ogni volta che abbiamo scambiato armi e droga lo abbiamo fatto sempre in località Montagna, una frazione di Monte Sant’Angelo; ci portava tutto Roberto Prencipe (detto “Roberto della Montagna”, ndr),era un uomo di fiducia di Miucci. In una occasione ha portato due fucili calibro 12 che sarebbero stati utilizzati per compiere omicidi, ed in un’altra hashish. Con uno di quei fucili, poi, abbiamo compiuto l’attentato a Finaldi Emanuele che voleva portare avanti le attività illecite di Notarangelo e vendicarsi della sua morte”.
Raduano un fiume in piena: “In un’altra occasione, nel 2015-2016, Prencipe mi ha consegnato 10-15 chili di hashish; altri scambi sono avvenuti, sempre in quella frazione, con Perna e Vescera. Prencipe deteneva per Miucci droga ed armi. Fu Miucci a chiedermi la cortesia di vendere quell’hashish perché loro non riuscivano a piazzarlo, poiché su Manfredonia c’era il controllo di La Torre, Ricucci e Lombardi. Per questo quantitativo ho pagato un prezzo maggiore all’acquisto; poi, siccome loro avevano partecipato all’omicidio di Notarangelo aiutandomi a prendere il controllo su Vieste, come forma di riguardo, ogni mese lasciavamo 2-3mila euro a Miucci“.
Conferme sullo screzio Notarangelo-Miucci anche dal pentito Giovanni Surano detto “Lupin”: “Avevano avuto una discussione e Miucci gli aveva detto: ‘Tu devi morire’ e Notarangelo si era preso gli schiaffi in faccia, era anche presente Raduano”. A dire del collaboratore di giustizia Surano, i mandanti dell’omicidio di “Cintaridd” furono proprio Raduano e Miucci. “Raduano aveva preso l’accordo con Miucci, ha detto: ‘Togliete a quello e al posto suo comandi tu’ che anche Miucci e Notarangelo, quando erano detenuti nel carcere, avevano avuto una discussione ed aveva detto: ‘Tu devi morire!’. Mi ha detto tutto Vincenzo Vescera indicando il movente nella volontà del clan Li Bergolis, a cui si erano affiliati soggetti un tempo collaboratori del Notarangelo, di riprendere in maniera più incisiva il controllo dei traffici illeciti su Vieste“.
Ulteriori informazioni da un altro collaboratore di giustizia, Danilo Della Malva alias “U’ Meticcio”: “So che è stato il mandante Raduano insieme a Miucci. Perché si era preso lui il comando di Vieste. Venne a casa Raduano e Perna, dice: ‘Comunque hai visto il fatto di Angioletto, dice ‘là siamo stati noi’”.
Anche Andrea Quitadamo, ennesimo pentito, ha dato indicazioni sull’omicidio di Angelo Notarangelo pur inserendo nuovi nomi come quello di Pasquale Notarangelo, nipote di “Cintaridd”, a sua volta vittima di lupara bianca nel 2016: “So che è stato ucciso da Enzo Miucci con Pasquale Notarangelo, il nipote di Notarangelo. Enzo Miucci con Pasquale Notarangelo, Roberto ‘della Montagna’ (Prencipe), Girolamo Perna e Marco Raduano”.
Sulla stessa vicenda ci sono le affermazioni di Antonio Quitadamo detto “Baffino”, fratello maggiore di Andrea: “Si diceva che Renzo ha dato l’okay su Angelo (Notarangelo, ndr). Perché che è successo nel carcere di Foggia? Renzo ha dato uno schiaffo ad Angelo Notarangelo nel carcere di Foggia davanti a Raduano. Questo fatto me l’ha ammesso Marco, ha detto: ‘Mo’ che vengo a Vieste mi vengo a prendere a te e a tutto Vieste’. Queste sono parole di Renzo Miucci a Raduano”.
E ancora: “So che Notarangelo dava 10 mila euro al mese a Monte Sant’Angelo a Miucci, gli dava 10mila euro al mese. Poi non glieli ha dati più, però queste cose qua nei particolari non sono mai entrato perché non mi interessava. Miucci ha preteso questi soldi, però di conferma… sono sempre cose che ho sentito nel contesto”.
Dopo l’iniziale alleanza, Marco Raduano passò con il clan Lombardi-Scirpoli, fazione contrapposta ai Li Bergolis, decisione presa dopo l’omicidio del cognato Gianpiero Vescera. Una volta con i rivali, Raduano e soci avrebbero studiato un modo per ammazzare Miucci: “Avremmo dovuto piazzare quella bomba sotto il sedile di un’auto che aveva preso a noleggio. L’ordigno era contenuto in uno zaino nero della Invicta. La Torre (Pietro La Torre detto “U’ Muntaner”, ndr) portò quella bomba in campagna da Scirpoli (Francesco Scirpoli detto “Il lungo”, ndr) dove solitamente ci incontravamo. Poi il progetto è saltato. Il gruppo di Miucci è ancora operante. Durante la mia latitanza, e comunque fino al mio arresto, ho dovuto fronteggiare le loro ingerenze sul territorio di Vieste. Già dal carcere avevo informazioni e sapevo che tramite Marco Piemontese (detto “U’ Re”) e Pesante (Nicola, ndr), il gruppo di Miucci, faceva imposizione su Vieste, soprattutto per la cocaina. Sapevo che Miucci riusciva a comunicare tramite telefoni e pizzini affidati anche a sua moglie. I fatti me li hanno riferiti i miei uomini su Vieste”.
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