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MONTE S. ANGELO/ COSÌ MINACCIAVANO I COMMERCIANTI: “VOI MANGIATE? E DEVONO MANGIARE ANCHE GLI ALTRI. BISOGNA AIUTARE CHI STA IN GALERA”

“Dobbiamo aiutare chi sta in ga­lera. Devi portare 4 pacchi? Ne porti tre, uno lo portiamo noi. Vuoi vedere che non ti faccio più venire qua, che ti vuoi giocare? Voi mangiate? Devono mangiare pure gli altri, dobbiamo mangia­re un po’ tutti e scagionare gente in prigione.

Passami la pistola che gli sparo”. Così lo scorso 21 ottobre Michele La Torre, 34 anni di Monte Sant’Angelo, detto “Muscolin”, alla presenza del presun­to complice e compaesano Miche­le Pellegrino, diciottenne, avreb­be intimato a un commerciante ambulante giunto a Monte Sant’Angelo per lavoro, di ven­dere meno prodotti per favorire altri commercianti, in modo da contribuire alle spese legali di boss e picciotti del clan Li Bergolis arrestati il 15 ottobre nel blitz antimafia “Mari e monti” contrassegnato dall’emissione di 39 ordinanze cautelari per mafia,’ droga, rapine, furti, armi e altri reati.

Analoghe minacce La Tor­re sempre in compagnia di Pel­legrino le avrebbe rivolto sempre il21 ottobre a un altro negoziante, pretendendo che acquistasse merce da persone contigue al clan, o comunque versasse men­silmente 20 euro per sostenere le spese dei detenuti, dicendogli: “ma che cosa sono per te 20 euro al mese?”.

Così l’atto d’accusa della Dda di Bari nell’indagine dei carabi­nieri sfociata il 28 ottobre nell’ar­resto di La Torre e Pellegrino su ordinanza del gip di Bari Isabella Valeria Valenzi per 2 tentativi di estorsione aggravati dall’aver agito con metodo mafioso e per agevolare il clan Li Bergolis/Miucci. Nel primo caso il commerciante sarebbe stato mi­nacciato per vendere meno pro­dotti a favore di altre persone contigue al clan; in alternativa avrebbe dovuto versare un con­tributo per le spese legali degli arrestati del blitz. Nel secondo episodio contestato, invece, la ri­chiesta alla vittima sarebbe stata di approvvigionarsi delle buste di plastica necessarie alla sua at­tività commerciale da soggetti vi­cini al clan mafioso e con lo stesso scopo: aiutare i carcerati.

Procura antimafia e gip sospet­tano 1’esistenza di altre vittime. Lo rimarca nelle 17 pagine dell’ordinanza il giudice Valenzi: “deve evidenziarsi la carenza di denunce, nonostante il nutrito numero di vittime avvicinate, che riflette per l’ennesima volta il clima di omertà che suscita il clan Li Bergolis sul territorio”. Il giudice Valenzi è lo stesso che ha spiccato i 39 provvedimenti di cattura in “Mari e monti”. Pel­legrino difeso dall’avv. Gianfran­co Di Sabato e La Torre, assistito dall’aw. Matteo Ognissanti, han­no respinto le accuse d’aver ten­tato di estorcere soldi e d’aver agito per favorire il clan Li Bergolis/Miucci, negli interrogatori di garanzia davanti al gip del Tri­bunale di Foggia Carlo Protano che li ha sentiti su rogatoria della collega di Bari.

“Questa indagine nasce da una informativa dei carabinieri” annota il gip “in cui si rappresenta che dopo l’operazione “Mare e Monti” del 15 ottobre, La Torre e Pellegrino soggetti contigui alla squadra di Raffaele Palena, hanno iniziato a chiedere a commercianti di Monte S. Angelo di sostenere le spese per la de­tenzione dei Toro amici’, sia im­ponendo il subentro nel commer­cio delle buste di plastica, sia con indebite pretese di denaro”. Raf­faele Palena, 31 anni di Monte, è stato arrestato in “Mari e monti” quale presunto luogotenente del­la cellula montanara del clan Libergolis, che rispondeva diretta- mente al boss Enzino Miucci.

“Mi hanno avvicinato in piaz­za due ragazzi che non conosco” il racconto del commerciante am­bulante “dicendomi: ‘con te dob­biamo ragionare’. Siccome dove­vano uscire dal carcere loro ami­ci, stavano organizzando un’im­presa commerciale per cui pro­dotti casalinghi dovevano essere acquistati da loro; io dovevo vendere un quantitativo inferiore di merce, il che avrebbe favorito la loro futura attività”. Frasi segui­te da minacce: “passami la pi­stola che lo sparo; e ti sbatto con la testa a terra”. Nel secondo caso ancora La Torre nel chiedere sol­di a un negoziante gli avrebbe detto: “a te che ti costa una cosa mese mese”.

Il gip nel concordare con la Dda sulla sussistenza dell’aggravante maliosa, ha rimarcato “l’estrema spregiudicatezza dei due indaga­ti che meno di una settimana do­po l’operazione ‘Mari e monti’ hanno scandagliato a tappeto la piazza di Monte Sant’Angelo per reperire le risorse necessarie agli associati, ricorrendo a violenza fisica e minaccia esplicita, com­portandosi come due mafiosi.”

gazzettadicapitanata