Menu Chiudi

MANFREDONIA/ LEONARDO MIUCCI: «NON SONO UN MAFIOSO E NON SONO INFILTRATO DEL CLAN NEGLI APPALTI»

Non è un mafioso; non è l’uomo del clan Li Bergolis/Miucci infiltrato nel set­tore degli appalti; non ha mai im­posto il pizzo; non ha problemi con la Giustizia da 25 anni; si è rifatto una vita come imprenditore edile; non ha rapporti coi coindagati, anche con quelli con cui è im­parentato; insomma non è l’uomo descritto dai pentiti e dall’accusa. Così Leonardo Miucci, 46 anni, detto Dino, imprenditore manfredoniano, accusato di mafia e con­corso in 3 estorsioni nell’inchiesta “Mari e monti”, si è difeso ieri nel carcere di Foggia davanti al gip del Tribunale dauno Rita Benigno che l’ha interrogato su rogatoria della collega di Bari Isabella Va­leria Valenzi, firmataria delle 1007 pagine dell’ordinanza caute­lare “Mari e monti”.

Leonardo Miucci, assistito dagli avv. Fran­cesco Santangelo e Innocenza Sta­race, si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice, ma ha reso lunghe dichia­razioni spontanee per respingere le accuse che poggiano molto sulle dichiarazioni di vari pentiti. Vie­ne ritenuto un esponente defilato ma di peso del clan al cui vertice ci sarebbe il fratello minore Enzino Miucci detto “u criatur”, ritenuto il reggente del gruppo vista la de­tenzione dal 2004 dei cugini Ar­mando, Matteo e Franco Libergolis che scontano pesanti con­danne (26 anni i primi due, l’er­gastolo il terzo) inflitte nel 2009 nel maxi-processo alla mafia garganica.

Il blitz interforze “Mari e mon­ti” contro il clan Li Bergo­lis/Miucci coinvolto nella guerra di mafia contro gli ex alleati Ro­mito ora denominato gruppo Lombardi/Riucci/La Torre, è scattato il 15 ottobre con 39 or­dinanze cautelari per mafia, estorsioni, droga, rapine, furti e

altri reati. Leonardo Miucci sfug­gì alla cattura; tre giorni fa si è costituito ai carabinieri. La Dda gli contesta l’appartenenza al clan e il coinvolgimento in 3 ricatti: tentata estorsione a una società destinataria di una serie di av­vertimenti nell’estate/autunno 2021 (molotov) per far assumere due affiliati e pagare un pizzo im­precisato; le estorsioni nel 2020/2021 a due società costrette a stipulare contratto di fornitura di 16mila euro e di 20mila euro con una coop agricola nel primo caso e un’impresa edile nel secondo, ri­tenute riconducibile a persone vi­cine al clan Li Bergolis.

Leonardo Miucci al gip ha detto di non aver mai fatto parte di un’associazione mafiosa; che il suo unico precedente è datato ’99 per un reato minore, per il quale peraltro ottenne il beneficio dell’affidamento in prova ai ser­vizi sociali, con successiva riabi­litazione dal Tribunale di sorve­glianza.

Per cui da 25 anni – ha rimarcato l’indagato – non ha pro­blemi con la Giustizia; a fatica si è costruito un’immagine diversa la­vorando duramente: inizialmente come dipendente di una impresa di costruzioni, poi aprendo una sua ditta nel settore edile che ha un fatturato annuo intorno ai 700mila euro, lavorando soprat­tutto con privati.

Quanto alle estorsioni contestate, Leonardo Miucci ha sostenuto di non aver avuto rapporti con le parti offese: solo in un’occasione si recò in un cantiere, fu ventilatala possibilità di una sua partecipazione a alcuni lavori ma non se ne fece poi nien­te.

Trattandosi di dichiarazioni spontanee, a Miucci il gip non ha rivolto domande. Una avrebbe po­tuto riguardare i suoi eventuali rapporti con Giovanni Caterino, il manfredoniano che sconta l’erga­stolo quale basista della strage di mafia del 9 agosto 2017, quando il clan Li Bergolis uccise 4 persone tra cui il capo-clan rivale Mario Luciano Romito.

Un’altra doman­da avrebbe potuto avere ad og­getto il tentato omicidio del 29 no­vembre 2019 alle porte di Man­fredonia: killer rimasti ignoti fe­cero fuoco con un mitra Kalashni­kov sforacchiando la Jeep su cui viaggiava Leonardo Miucci, mi­racolosamente illeso; agguato col­legato alla guerra tra i Li Ber­golis/Miucci e i Romito che dal 2009 a oggi ha contato una quin­dicina di fatti di sangue.

gazzettamezzogiorno