«Tutto è diventato parco a tema». La sociologa Letizia Carrera: paesini come bomboniere e centri tirati a lustro con le periferie in degrado.
«L’overtourism, l’eccesso di presenze turistiche rispetto a quella che viene considerata la tenuta di un territorio, è un fenomeno complesso in grado di avere un elevato grado di impatto sui luoghi e sulla vita delle comunità che vi sono insediate»: Letizia Carrera docente UniBa di Sociologia del territorio, non ha dubbi quando ribadisce le caratteristiche di questa nuova tendenza che sta caratterizzando la Puglia, così come – precedentemente – molte altre regioni italiane e non solo.
– «È l’esito di un progressivo processo di democratizzazione del desiderio e delle possibilità del viaggio, che porta un elevato numero di soggetti a riversarsi su un territorio consumandone le risorse e generando esternalità negative – spiega – è in grado di incidere pesantemente sulla tenuta ambientale, economica e sociale dei territori».
L’ESPERIENZA DELLE CITTÀ D’ARTE – «Fino ad alcuni decenni fa erano le grandi città d’arte a subire questo fenomeno – continua la docente universitaria – ma più di recente il cambio di prospettiva vissuto dal turismo divenuto sempre più esperienziale, con viaggiatori alla ricerca di emozioni e di atmosfere più che di monumenti e palazzi storici, ha consentito anche a paesi che avevano un patrimonio materiale e immateriale per lungo tempo definito minore di partecipare alle dinamiche del marketing territoriale e di avviare operazioni più o meno strutturate di placebranding. I paesi, e soprattutto i loro centri storici, sono diventati i luoghi delle emozioni e delle occasioni di esperienza attirando masse di turisti frettolosi, impreparati alla ricerca delle atmosfere autentiche dei luoghi». Per Carrera «il paradosso è evidente perché proprio la presenza di questo numero eccedente di turisti alla ricerca del vero altera i luoghi e li rende sempre più simili all’immagine di sé con il quale si sono proposti e venduti sul mercato turistico, esponendoli al rischio di diventare, come scrivono Judd e Fedistein, niente altro che parchi a tema». La sociologa evoca esperienze come quelle di Firenze e di Venezia «che hanno finito per essere oppresse dalla loro stessa bellezza, museificate e congelate per corrispondere alle attese dei turisti, e ora sembra essere il percorso scelto, più o meno consapevolmente, da alcuni comuni pugliesi, che li sta facendo scivolare nella stessa direzione, salvo poi cercare soluzioni tampone per frenare questo flusso, come l’aumento della tassa di soggiorno e le limitazioni per gli affitti brevi».
QUALE APPROCCIO? – Dunque Carrera precisa che «l’approccio per confrontarsi con un fenomeno complesso come l’overtourism deve saper riconoscere e incorporare quello stesso livello di complessità, a partire dal riconoscimento dell’impatto differenziato e profondo che è in grado di generare sull’intero sistema territoriale. Focalizzare, ad esempio, l’alterazione dei costi dei valori immobiliari che, a sua volta, orienta il mercato delle abitazioni in affitto verso i turisti piuttosto che verso i cittadini, con la conseguenza di costi elevati che respingono i cittadini, soprattutto giovani, coppie e famiglie, nei paesi vicini alterando le scelte di insediamento e gli stessi percorsi di vita che viene decentrata altrove rispetto al luogo che si sarebbe voluto scegliere. E con l’effetto di trasformare i centri storici e, sempre più, intere aree della città in una sorta di b&b diffuso».
LE CONSEGUENZE – Questo processo di turistificazione dell’habitat urbano «produce come ulteriore conseguenza un cambiamento sostanziale del tessuto commerciale – continua – che si tara sulle esigenze di questo particolare tipo di users urbani, contribuendo a espellere i cittadini da quei luoghi alla ricerca di migliore funzionalità e condizioni di vivibilità quotidiana. Infine, ma forse andrebbe citato per primo, il rischio è che si produca un rinforzo dei processi di frattura spaziale e sociale della città, divisa tra il salotto buono da offrire ai turisti e al loro potere di spesa e quindi da mettere in bella, da curare e da valorizzare, e il resto della città che finisce per vivere l’ombra dei riflettori accesi sul centro».
QUALI SOLUZIONI? -Fenomeno da combattere? Non proprio. Per Carrera, infatti, «non si tratta però di frenare il flusso turistico e le sue potenzialità sul piano economico, anche se ormai si moltiplicano i tentativi in questa direzione, quanto di riflettere su una diversa cultura del viaggio a cui andrebbero formati sin da subito cittadini e amministratori, e soprattutto alla necessità di riflettere sulla progettazione di operazioni di marketing territoriale in una chiave distante da quello che Trigilia definiva miope e che sappia invece valorizzare i territori all’interno di strategie di lungo periodo che coinvolgano le comunità che vi sono insediate. Si tratta, cioè – conclude – di elaborare strategie socio-territoriali virtuose che, anche basandosi su processi partecipativi diffusi, sappiano costruire le condizioni per azioni che arricchiscano i territori e che medino, operazione in verità non semplice ma certo non impossibile, tra le esigenze di cittadini e turisti sul piano dell’offerta culturale e di quella commerciale, dei piani di mobilità, della sostenibilità ambientale, rendendo entrambi co-abitanti degli stessi luoghi».
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