“All’inizio della mia carriera 40 anni fa ero pretore a Manfredonia; pensavo che le mucche al pascolo brado fossero quelle che poi producevano i caciocavalli podolici. No, producono controllo del territorio: cioè, dove vanno le mie mucche è mio. Quarant’anni fa la mafia rurale già c’era ed è stata lungamente ignorata; è diventata una mafia moderna che ora domina la più importante delle risorse, l’unica forse vera, autentica fonte di reddito di una città intera come Manfredonia che aveva una delle flotte pescherecce più grandi del Mediterraneo. Capite di cosa stiamo parlando?
Di centinaia di famiglie che vivono del mare di Manfredonia, su cui la mafia ha messo le mani sopra. Per me è un tormento scoprire che una città bella come Manfredonia è diventata il cuore, l’epicentro dell’impresa mafìosa di mare. Dobbiamo avere la consapevolezza di star parlando di un fenomeno grande, importante che ha pervaso l’economia principale di un intero territorio dominandolo.
Perché se in un territorio che vive di questo, se io domino l’unico settore economico vitale, sto dominando quel territorio”. E’ un’accorata requisitoria quella del pg Giannicola Sinisi nel processo d’appello Omnia nostra (chieste 17 condanne per mafia, droga, omicidi, tentativi di omicidio e altri reati); una lunga analisi su una mafia peculiare.
“Questa che processiamo è un’associazione mafiosa che nasce dalla cultura della mafia agricola, rurale: parliamo di persone che vivono nei boschi, nascondono latitanti e pecore, rubano cavalli”. Una mafia arcaica che si sposa “con una mafia imprenditoriale, che si avvale di consulenti (tra gli imputati c’è un commercialista).
Avete di fronte una mafia di uno scenario bisecolare: non è una mafia piccola ma nemmeno legata a un singolo territorio. Perché questa mafia è stata capace di organizzare una rete di alleanze che ha coperto metà del Gargano. Che è stata capace di commettere in 5 anni in una cittadina come Vieste di 14mila abitanti 11 omicidi, 4 tentati omicidi, lupare bianche.
I morti in questa vicenda non si contano: Pasquale Ricucci ‘tic sicc’ non è tra gli imputati perché è stato ucciso; come Pio Francesco Gentile; come Mario Luciano Romito. E potrei continuare a dirvi quante sono le persone che sarebbero state qui oggi, nelle gabbie, e che sono state ammazzate in questa guerra che si è consumata attraverso una rete di alleanze: Vieste, Mattinata – località microscopica ma che è stata il cuore della mafia rurale del Gargano – Monte Sant’Angelo, Manfredonia città pacifica fino agli anni Ottanta”.
In questo scenario si inseriscono “i patti con la mafia foggiana; i Romito legati al clan Moretti di Foggia; e dall’altra parte lo storico clan di Monte Sant’Angelo dei Li Bergolis alleato con i foggiani Sinesi/Francavilla. Hanno continuato a consumare delitti scambiandosi favori. In questo processo voi giudici troverete delitti terribili”.
Tra i reati contestati ci sono anche “riciclaggio e interposizione fittizia nella costituzione di società con l’avvallo di consulenti. Non si tratta di un mero aiuto a eludere il fisco, pacificamente non è così” ammonisce il pg “lo dicono le intercettazioni: in nessun passaggio voi sentirete neanche accennata la questione del fisco, ma troverete la discussione su come occultare la provvista di quell’investimento”.
Nelle parole del pg torna spesso il concetto del matrimonio tra “mafia rurale e imprenditrice. I pentiti raccontano ‘io stavo nei boschi’, più mafia primitiva di così… ancora avvezza all’abigeato. Ma voi giudici dovete tradurre l’abigeato non come forma di furto di animali, ma come forma di dominio su un territorio: ‘qui facciamo quello che cogliamo fare noi e voi non potete fare niente”.
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