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VIESTE/ LA FUGA DI RADUANO DALLA CELLA UN COMPLICE FU FERMATO PRIMA

L’indagine sui fiancheggiatori del boss di Vieste: l’uomo che doveva aiutarlo a lasciare la Sardegna incappò in un controllo.

Una rete di fiancheggiatori sardi, corsi e garganici sapeva del piano di Marco Raduano per fuggire dal su­percarcere di Nuoro. Una fuga orga­nizzata nei minimi dettagli ma con una pietra d’inciampo che risulterà deci­siva sia per la cattura di Raduano in Corsica e successivamente, sulla scorta di quanto dichiarato ai magistrati della Dda di Bari dal boss di Vieste, ora pentito, per l’arresto dei suoi complici.

Il 24 febbraio 2023, quan­do Marco Raduano si calò con un lenzuolo dal muro di cinta del carcere di Badu ‘e |Carros, non trovò la staffetta che lo avrebbe dovuto prelevare e portare fuori dall’isola. Il suo favoreggia­tore, Daniele Peron di Me­stre, mandato a Nuoro da Marco Rinaldi (parente di Raduano) per aiutarlo nella fuga, era stato fermato poco prima a un posto di blocco nei pressi del carcere da un controllo predisposto dal questore di Nuoro.

Questo episodio ha co­stretto Daniel Peron ad allontanarsi e a ripartire la sera stessa in nave alla volta di casa. È quanto emerge dopo i 21 arresti della Dda. Sia Peron che Rinaldi, infatti, sono finiti in manette, nell’inchiesta con­dotta dal pm della Dda di Cagliari Danilo Tronci, tra il Gargano, il Veneto e a Corsica, con l’accusa di favoreg­giamento personale e procurata inos­servanza di pena aggravati dall’age­volazione mafiosa del clan Raduano, di stanza a Vieste ed operativo sul Gar­gano. La Dda di Cagliari ha lavorato in collegamento con la Dda di Bari e con il coordinamento dalla Direzione distret­tuale antimafia e antiterrorismo.

Oltre a Rinaldi e Peron, sono finiti in carcere l’agente penitenziario di Nuoro Salvatore Deledda, il corso Courbery Cedric, Elio, Mauro e Antonio Gusinu di Padru, Antonio Mangia e Pietro Antonio Tolu di Orane, Martino Contu e Massimiliano Demontis di Bitti, altri due corsi, Gerom Reggerti e Tommaso Ruffert, e Marco Furfaro, veneto.

È stato proprio il fermo di Daniele Peron a Nuoro, a far sospettare gli investigatori della Dda, che grazie a lui sono risaliti a Rinaldi e quindi a tutta la banda dei garganici di Vieste. Del favoreggiamento del boss sono accusati 5 viestani: Michele Gala, Michele Murgo, Antonio Germinelli, Danilo Notarangelo e Domenico Antonio Mastromatteo.

Rinaldi, Mastromatteo (arrestati nel blitz), Raduano, Troiano (indagati a piede libero) sono coinvolti nei 2 epi­sodi di spaccio oggetto dell’inchiesta. Il primo riguarda la spedizione dalla Spa­gna (dove è stato catturato Troiano quand’era latitante) a Vieste curata dai due ex latitanti, di 8 chili e mezzo di hashish e 2 chili e 300 grammi di marijuana, nascosti in un pacco: carico intercettato dalle forze dell’ordine il 25 settembre 2023 quando venne arrestato un giovane viestano. Il secondo epi­sodio riguarda la spedizione – sempre dalla Spagna sul Gargano – di 10 chili di hashish, destinati ad alimentare lo spaccio a Vieste: anche questo carico fu in parte intercettato il 13 gennaio con l’arresto di un viestano.

Raduano infine è ritenuto il mandante dell’avvertimen­to indiretto a Orazio Coda, ex affiliato al clan della mafia garganica pentitosi nel novembre 2021. Il 31 ottobre 2023 fu incendiata in paese l’auto della madre: Germinelli e Matteo Colangelo sono ritenuti gli esecutori. «Seppi che il padre – ha scritto Raduano nel me­moriale consegnato alla Dda – aveva commentato positivamente la scelta di Coda, dicendo che era stato coraggioso; ne fui infastidito e parlai con Ger­minelli. Gli dissi: “Senti, potete tappare la bocca al padre di questo Coda? Te ne puoi occupare?”.

Lui rispose “sì”». Troiano ha confermato: «Ero presente quando Raduano ordinò a Notarangelo (non indagato per questo episodio) di incendiare l’auto della madre di Coda, se ne occuparono Germinelli e Colan­gelo».

gazzettamezzogiorno