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NEL GARGANO DEI GRANDI VIAGGIATORI (9)

Flora nemorale e boschi del Gargano

1916

Della botanica forestale, il modenese Adriano Fiori (1865-1950) può essere con­siderato l’iniziatore in Italia.

Intraprende una serie di viaggi botanici in diverse regioni, tra cui il Gargano negli anni 1913 e 1915, dopo aver rilevato le lacune di conoscenza della distribuzione e, per certe aree, della composizione della flora.

Docente all’Università di Padova e poi all’Istituto superiore forestale di Firenze, costituisce con il Trotter, il Vaccari, il Pampanini, il Béguinot e altri studiosi, il comi­tato “Pro flora italiana”.

Fa dono del suo dovizioso erbario, frutto anche delle sue ricerche in Eritrea, in Etiopia e nell’isola di Rodi, all’Istituto botanico dell’Università di Firenze.

La Flora del Gargano ha sempre attirato l’attenzione tanto del botanico fiorista, per le rare e speciali entità di piante che racchiude, quanto del botanico geografo, per i problemi che si riferiscono alla sua origine ed ai suoi legami con quella del vicino Continente, delle isole Tremiti e della Dalmazia.

Dopo la pubblicazione della classica Flora Napolitana di Michele Tenore il Gargano fu ancora esplorato botanicamente dal Martelli, da Huter Porta e Rigo, da Béguinot, da Trotter e Forti e dal sottoscritto e, ad eccezione del materiale raccolto dal Martelli che rimane tuttora inedito, quello degli altri Autori fu illustrato in apposite memorie. Non mette conto di richiamare qui la bibliografia relativa, già compiutamente elencata nei lavori di Béguinot e Trotter, i soli che credo opportuno citare1.

Il Gargano, congiunto al Continente dalla pianura del Tavoliere, di recente emersione quaternaria, è giustamente considerato, dai geografi-biologi, come un’isola ed infatti tale deve essere stato in senso assoluto durante btiona parte del periodo terziario; senza escludere che, per un’altra parte di questo periodo geo­logico, fosse congiunto, direttamente o coll’interruzione di più o meno ampi canali, alla prospicente costa Dalmata. Pur ammettendo questa congiunzione,

[1] – Béguinot A., Ricordi di un’escursione botanica sul versante orientale del Gargano, in «N. Giorn. bot. it.», n. ser., XVI, 1909; Trotterà., A traverso il Gargano, in «Bull. dell’Orto Botanico di Napoli», III, 1913.

 che molti dati tendono realmente a dimostrare come esistita, resta sempre il fatto che il Promontorio garganico, e specialmente la parte più elevata di esso, si è trovata per un lunghissimo periodo di tempo isolata. Mi è quindi sembrato non privo d’interesse raccogliere in un sol quadro tutte le specie finora note della zona più elevata, di quella zona che chiamasi comunemente montana ed è carat­terizzata nel vicino Appennino dai boschi di Quercie caducifolie (Quercus Robur var., Q. Cerris e Q. Frainetto), di Castagno e di Faggio (Fagus silvatica). A tale lavoro mi accinsi dopo una escursione al Gargano compiuta nel Maggio 1913 e che mi dette occasione di soggiornare per alcuni giorni nella foresta demaniale Umbra-Jacotenente, ch’è nel centro della zona boschiva garganica ed assieme al bosco Sfilze ne costituisce il nucleo principale; parte dei risultati botanici di questa escursione furono resi noti in altro mio lavoretto. Nel Luglio 1915 ritor­nai ancora al Gargano per visitarne il versante settentrionale ed erborizzai a S. Nicandro e Cagnano, quindi ancora alla foresta Umbra-Jacotenente, per stu­diarne la flora in epoca più avanzata; dovetti però ben presto partire per ragioni d’ufficio determinate dalla guerra e così interrompere l’escursione nel momento più proficuo.

I boschi del Gargano

Le condizioni forestali passate ed attuali – Le selve Garganiche furono celebri sino dall’epoca romana e sono rimaste storiche le parole di Orazio, che, nell’Epi­stola 1 .a, libr. II, per dare un’idea dei rumori del circo, li paragona ai muggiti delle selve garganiche «Garganum mugire putes nemus» e nell’Ode IX scrisse «Aquilonibus querceta Gargani laborant». Plinio chiama «Sylvini» gli aborigeni appulo-garganici, perché abitavano nelle selve e specialmente nella Valle e nel Bosco di Umbra e, secondo Giuliani, trovansi ancora tracce delle caverne ove essi abitavano, specialmente nella «Valle delli Rigoni»2.

Di questo manto silvano, che doveva ricoprire quasi l’intero Promontorio, non rimangono ora che gli avanzi. Gli ultimi 30 anni sono stati i più funesti per la distruzione delle selve garganiche; infatti nel 1885 la superficie boscata era ancora di 40,977 ettari, mentre nel 1915 trovasi ridotta a circa 25,000 ettari3.

Che ciò debbasi a mutate condizioni climatiche non sembra verosimile, mentre segni palesi, e la storia di questa ed altre regioni, dimostrano che il diboscamento

è staro causato dall’eccessivo sfruttamento, dal mal governo e dalla trascuranza dei boschi da parte delle popolazioni. Secondo Cassitto la superficie boschiva distrutta dagli incendi nell’ultimo decennio nel solo comune di Viesti supera i 310 ettari. Il clima, come dicevo, non è contrario al bosco nella Regione garga- nica, anzi dovremo giudicarlo favorevole, se ci riferiamo al rigoglioso sviluppo di alcune delle foreste rimaste, come quelle Umbro-Jacotenente, Sfilze ecc.; certa­mente però il progressivo diboscamento deve averlo reso più secco.

Pochi dati metereologici conosciamo sul Gargano; anzi gli unici finora pub­blicati sono quelli riguardanti Viesti; della zona elevata, ch’è quella più impor­tante dal lato forestale, nulla si conosce. Per cortesia del Prof. Eredia potei esami­nare presso l’Ufficio centrale di Metereologia e Geodinamica i registri di 7 anni di osservazioni fatte a Vico Garganico e rilevarne i dati riferentisi alle precipita­zioni atmosferiche ed alle temperature massime e minime. Questi dati, i più importanti dal lato geobotanico e forestale, sono esposti nelle seguenti tabelle:

Vico Garganico (altitudine m. 465). Pioggia (Q. = quantità – F. = frequenz

Vico trovasi a 465 metri sopra il livello del mare e tra la piovosità di Vico (597.5 mm.) e quella di Viesti (307.1 mm.) si ha una differenza in più pel primo di 290.4 mm. Ora, dato che l’Altipiano garganico va dagli 800 ai 1000 m. circa d’altitudine e tenendo conto della nota legge che col crescere dell’altitudine si abbassa la temperatura e crescono le precipitazioni atmosferiche, si può valutare che l’Altipiano goda di una piovosità aggirantesi intorno ai 1000 mm. Esso ha poi geli invernali piuttosto forti e persistenti e qualche forte nevicata, specialmente sui versanti esposti ai venti nordici, venti che prevalgono nel basso Adriatico.

La temperatura massima ha un andamento assai differente a Vico in con­fronto di Viesti; a Vico in agosto essa supera frequentemente i 30° e nel 1902 giunse a 34.8, mentre a Viesti in 11 anni si ebbe una sol volta la massima di 29,8. La media massima d’agosto a Viesti è di 22, quindi assai inferiore a quella di Vico; evidentemente Viesti risente assai dell’azione mitigante del mare. E ciò è comprovato anche dall’esame delle temperature minime di gennaio che a Viesti danno in undici anni una minima di + 3.9, mentre a Vico si scende sino a -5.2 4.

La natura carsica del Gargano fa sì che le acque di pioggia scompaiano nei meandri della roccia, tanto che non vi troviamo sorgenti, eccettuato il versante d’Ischitella e di Rodi. Gli alberi, colle loro profonde radici, possono però utiliz­zare l’acqua d’infiltrazione e ciò spiega il loro rigoglioso sviluppo, massime nel versante nordico. Del resto, mentre a Viesti la piovosità estiva è bassissima (24.4 mm.), a Vico è circa tripla (71.5 mm.), e sull’Altipiano raggiunge certamente, come dissi, una intensità tale da permettere alla vegetazione arborea una regola­re attività di accrescimento. Ciò deducesi anche dal fatto che il Laggio, nel ver-

[1] – Nel complesso risulta che i dati metereologici riferentisi alla vera zona forestale del Gargano ci mancano e debbonsi dedurre per analogia; sarebbe quindi utilissimo di far eseguire (per es. ad Umbra) una serie decennale di osservazioni e ciò nell’interesse delFAmministrazione forestale stessa.

sante nordico verso Vico, scende sino a 600 m, nel luogo detto il Parchetto, cioè assai più basso di quanto generalmente osservasi nell’Appennino meridionale. Le figure qui unite dimostrano quanto esso cresca rigoglioso e gigantesco.

Ad Umbra i Faggi hanno in media tronchi del diam. di 60-90 cm., ma arri­vano sino ad un massimo di m. 1,50 e sino a 34-35 m. d’altezza. Oltre che ad Umbra e nei boschi finitimi, altre faggete trovansi pure a nord del M. Spigno, ma non ebbi opportunità di visitarle.

Un forestale tedesco, il Sig. Woldemar Karner, pretendeva che le faggete del Gargano fossero state piantate per iniziativa degli Imperatori Svevi \ ma questa idea peregrina va considerata come una manifestazione di megalomania teutonica.

Il Faggio al Gargano, come ho sopra dimostrato, costituisce una formazione vegetale naturale, similmente che nell’Appennino e suoi contrafforti, come in Sicilia e nella Penisola balcanica, ed evidentemente la sua presenza ricollegasi coll’origine della Flora di queste regioni.

La scarsità di novellarne, che attualmente deplorasi nella faggeta Umbra, non deve attribuirsi al fatto che quest’albero trovisi in condizioni non naturali o fuori della sua zona; ma unicamente al dente degli animali pascolanti. Ove questo non arriva, come nelle macchie di Rovi e di Agrifoglio, il novellarne esiste e rigoglioso. Opportunamente quindi la Direzione generale delle foreste decise l’anno scorso di togliere il pascolo nella foresta Umbra; disposizione necessaria pel rinnovamento della foresta e che deve accompagnarsi con tagli di svecchia­mento e diradamento.

Sugli stessi versanti di nord e nord-est, anche la Rovere, il Cerro, l’Acero, il Carpino bianco, la Carpinella, il Tiglio ed altri alberi ed arbusti della zona del Castagno spingonsi assai in basso. Invece in alto Acero e Carpino si mescolano al Faggio; rinomati sono i giganteschi e secolari Tassi della foresta Umbra.

Viceversa sui versanti esposti a sud la vegetazione della zona mediterranea spingesi assai in alto, tanto che ad es. sul M. Sacro il Leccio giunge sino verso la sommità, ad 850 m, e nella stessa foresta Umbra, presso la casa forestale, esiste, in mezzo ai Faggi, un secolare esemplare di Leccio, non così rigoglioso come quello del Convento dei Cappuccini a Vico, qui figurato, ma non meno colos­sale.

Del resto l’elenco precedente dimostra come numerosi elementi di flora mediterranea riescano ad infiltrarsi nelle zone superiori.

Il Cerro e la Rovere formano ancora bosco nella zona media e parte della zona superiore del Gargano, ma sono miseri avanzi delle celebri foreste d’altri tempi. Il Cerro, oltre che per combustibile, è utilizzato specialmente per raggi

5 – Vedi su ciò quanto ne scrissi nel giornale «L’Alpe», anno I, p. 195 (1914).

da ruote. La varietà di Rovere predominante è la Q. lanuginosa (= pubescens); più rara è la Q. Frainetto (= Q. conferta) nei territori di Vico e Cagnano. Gli Aceri (Acer Opalus, A. campestre), il Carpino bianco (Carpinus Betulus) e la Carpinella (Ostrya carpinifolia) crescono promiscuamente al Faggio ed alle Querce e ne esistono bellissimi e secolari esemplari ad Umbra, quivi è pure abbondantis­simo FAgrifoglio {Ilex Aquifolium)-, raro è invece il Tiglio (Tilia vulgaris) ed il Nocciolo (Corylis Avellana), più in basso cresce il Carpino rosso (Carpinus orientalis) 6.

Il Castagno è poco coltivato al Gargano, ne ho visto in certa quantità presso Vico e M. S. Angelo, e pochi esemplari alla foresta Umbra. Certo la struttura prevalentemente calcarea (in gran parte dolomie del neocomiano) del Gargano non è il terreno più propizio per questa pianta silicicola, ma ciò non toglie, che, sui detriti decalcificati o dove il calcare è più compatto, vi possa crescere rigo­gliosa. Ciò del resto si accorda colla presenza al Gargano di altre specie silicicole, e soprattutto Erica arborea che vidi rigogliosa presso Vico ed al M. Croce.

Il Gargano era rinomato per le sue foreste di Pino d’Aleppo (Pinus halepensis), attualmerrte l’estensione n’è assai ridotta. Esse occupano un’area limitata della zona media e bassa, segnatamente tra Rodi e Peschici e tra Viesti e Mattinata. Anche questa specie Mediterranea può spingersi assai in alto, però meno del Leccio. Ciò arguisco da un promettente rimboschimento fatto dall’Ispettorato forestale sopra Vico, a circa 500 m. d’altitudine.

Boschi di Leccio d’alto fusto trovansi soltanto nella zona inferiore, come presso S. Nicandro e nella Valle Carbonara sotto M. Croce; sotto M. Spigno i Lecci d’alto fusto spingonsi assai in alto, sino a circa 700 m. Anche nella duna di Lesina vidi nel 1898 un bel bosco di annosi Lecci, che non so se esista ancora.

L’avvenire forestale del Gargano — Dalle osservazioni esposte sopra risulta dunque che l’Altipiano garganico e le sue pendici settentrionali ed orientali, trovansi in condizioni favorevoli per la vegetazione arborea, tanto che vediamo consociarsi assieme alberi appartenenti a differenti zone di vegetazione. Se si aggiunge la sua favorevole ubicazione nella Puglia avida di prodotti boscherecci e la possibilità dei trasporti per via di terra e di mare, se ne deve dedurre che il Gargano può avere un grande avvenire coll’incremento delle industrie forestali.

Con giusto intuito la Direzione Generale delle foreste sta trattando per am­pliare il Demanio forestale, acquistando altre foreste confinanti coll’attuale

[1] – L’abbondanza dei Carpini nel versante settentrionale del Gargano avrà forse dato origine al nome del paese di Carpino.

inalienabile Umbra-Jacotenente. Sarà un buon affare per lo Stato e soprattutto per l’economia di quella regione. Il programma da adottarsi dovrà però essere a larghe vedute, con indirizzo diretto, non solo a sfruttare meglio e ad incremen­tare gli attuali prodotti, ma ad ottenerne di nuovi, secondo gli svariati bisogni del mercato e quindi delle popolazioni.

Attualmente le foreste del Gargano producono troppo poco legname da co­struzione e da lavoro, cioè i soli assortimenti che si possono ricavare dal Faggio, dal Cerro, dalla Rovere e dal Pino d’Aleppo ed in linea subordinata dall’Acero, dal Carpino e dal Leccio. Potrebbero darne, invece, grande e svariata quantità coll’introduzione di altre essenze, specialmente Conifere. Scartando l’Abete ros­so, il Larice ed il Pino silvestre, che ad Umbra, come in generale nell’Appenni- no, trovandosi fuori nella loro zona, non hanno dato buona prova, si dovrebbe sperimentare altre specie. Così, per la zona più elevata, l’Abete bianco, che ad Umbra promette bene, l’Abete odoroso (Pseudotsuga Douglasii), i Cedri, la Cryptomeria japonica e qualche altra specie non ancora introdotta. Giù per le valli e nelle conche fresche ed a clima più temperato dovrebbe crescere prospero­sa la Sequoia sempervirens-, nei luoghi più aridi il Pino Laricio ed il Pino d’Au­stria. Nella zona media ed inferiore al Pino d’Aleppo si potrebbero consociare il Pino domestico, il Pinus canariensis ed il Pinus brutta-, e soprattutto i Cipressi, che forniscono così ottimo legname per affissi, mobili ecc. ed anche eccellenti pali da telegrafo e per sostegno di condutture elettriche. Nei riempimenti allu­vionali non si dovrebbe trascurare la coltura dei Pioppi e degli Eucalipti.

Per quanto si può arguire dalle caratteristiche climatiche e dalla vegetazione spontanea, l’introduzione di queste specie e di altre, raccomandabili pel loro reddito o pel sollecito accrescimento, dovrebbe certamente riescire al Gargano e sarebbe una manchevolezza non tenerne conto nei nuovi rimboschimenti e nel­le trasformazioni forestali che, vogliamo sperare, si intraprenderanno al Garga­no in tempi non lontani.

Adriano Fiori (1865-1950)