“Decidemmo di uccidere Omar Trotta perché apparteneva al clan rivale, il gruppo Perna/Iannoli che era vicino al gruppo Miucci/Libergolis; mentre il mio clan era alleato sul Gargano dei Lombardi/Ricucci/La Torre e del clan Moretti di Foggia. I miei complici mi mandarono due persone per compiere l’omicidio, e io acconsentii all’azione; gli esecutori furono Angelo Bonsanto che vidi in quella circostanza per la prima volta e… Visto che i due sicari non conoscevano bene nè la vittima, né Vieste, né il percorso da fare, furono supportati da Antonio Quitadamo e Danilo Pietro Della Malva. Io mi occupai di farmi dare da Gianluigi Troiano una foto di Trotta che mostrai a Bonsanto; Troiano fu poi incaricato d’accertarsi che la vittima fosse nel proprio ristorante e d’avvertire i killer con un sms”.
Le dichiarazioni del pentito Marco Raduano – ex boss di Vieste al vertice dell’omonimo clan della mafia garganica, reo confesso di una dozzina di omicidi e che collabora con la Giustizia dal marzo 2024 dopo essere stato catturato 40 giorni prima a Bastia in Corsica dopo un anno di latitanza – sono entrate nel processo in corte d’assise a Foggia al sanseverese Angelo Bonsano e al viestano Gianluigi Troiano accusati di omicidio e tentato omicidio aggravati dalla mafiosità.
Omar Trotta venne assassinato a colpi di pistola nel suo ristorante di Vieste “L’Antica Bruschettà” il primo pomeriggio del 27 luglio 2017 mentre era a tavola con moglie, figlioletta di pochi e l’amico manfredoniano Tommaso Tomaiuolo rimasto ferito; due sicari fecero irruzione, spararono e si dileguarono con uno scooterone.
L’agguato è collegato alla guerra di mafia garganica (dal 2008 a oggi ha contato 34 fatti di sangue con 24 morti, 1 lupara bianca, 21 feriti/miracolati) che vede schierati da una parte i Libergolis/Miucci di Monte Sant’Angelo e i loro alleati viestani Perna/Iannoli; e dall’altra l’ex clan Romito di Manfredonia, ora denominato gruppo Lombardi/Ricucci/La Torre, alleato del clan viestano che faceva capo a Raduano sino al suo pentimento, e con l’appoggio anche del clan Moretti della “Società”.
Venti giorni dopo ci sarà la strage di San Marco in Lamis, con quattro morti (tra cui i fratelli Luciani, innocenti), nell’ambito di un regolamento di conti per eliminare il boss di Manfredoniano Romito, e suo cognato che nell’occasione faceva da autista.
Sotto processo in corte d’assise al tribunale di Foggia dal febbraio 2023 ci sono il sanseverese Angelo Bonsanto di 35 anni che respinge le accuse (è difeso dall’avv. Luigi Marinelli); e il viestano Gianluigi Troiano di 32 anni, pentitosi recentemente e reo confesso (assistito dall’avv. Signorile). I due presunti assassini hanno assistito ieri all’udienza in Corte d’assise in videoconferenza dalle carceri dove sono detenuti; come in videconferenza da una località segreta era collegato Raduano.
Non c’è stato però bisogno di interrogarlo, tranne rivolgergli qualche domanda di chiarimento, perché su intesa del pm della Dda Ettore Cardinali e dei difensori sono state acquisite le dichiarazioni rese da quando si è pentito. L’avv. Marinelli ha chiesto a Raduano di indicare il nome del secondo presunto killer, ma la risposta è stata stoppata dall’opposizione del pm perchè su questo sospettato sono in corso ancora indagini. Prossime udienze il 14 e 21 febbraio per interrogare i carabinieri che condussero le indagini.
Per l’omicidio Trotta ci sono state già 3 condanne nel processo abbreviato Omnia nostra (altro maxi blitz ai clan mafiosi di Manfredonia e di Vieste, ndr): a Raduano in appello lo scorso dicembre sono stati inflitti 20 anni quale mandante, avendo beneficiato della riduzione di pena per la collaborazione con la Giustizia, dopo che in primo grado quand’era latitante gli fu inflitto l’ergastolo (è stato riconosciuto colpevole anche di mafia, un secondo omicidio e un tentativo di omicidio); condanne a 11 anni e 12 anni e 4 mesi per altri 2 pentiti, Danilo Pietro Della Malva di Vieste e Antonio Quitadamo di Mattinata, riconosciuti colpevoli anche di altri reati.
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