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OMICIDIO NOTARANGELO 5 CONDANNE A 42 ANNI COINVOLTI TRE PENTITI VIESTANI: MICHELE NOTARANGELO (20 ANNI), MICHELE LAPACCIANA (3 ANNI), DANILO DELLA MALVA (9 ANNI), MARCO RADUANO (3 ANNI) E ORAZIO CODA (7 ANNI)

Cinque condanne a complessivi 42 anni e 10 mesi anni nel processo abbreviato a 5 viestani di cui 3 pentiti, accusati a vario titolo di omicidio aggra­vato da premeditazione e mafiosità, ricettazione di armi e auto, riciclaggio, favoreggiamento e spaccio nell’inchiesta sulla mor­te di Giambattista Notarangelo di 46 anni.

Fu ucciso con 15 colpi di pistola e fucile il pomeriggio del 6 aprile 2018 in campagna; agguato collegato alla guerra tra il clan Raduano e i Perna/Iannoli: tra gennaio 2015 e agosto 2022 a Vieste ci furono 19 spa­ratorie con 10 morti, 1 lupara bianca, 8 agguati falliti, di cui 3 duplici, con 14 feriti/scampati.

Il gup di Bari Vittorio Rinaldi calcolato lo sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato chiesto dalla difesa, ha inflitto 20 an­ni a Michele Notarangelo, ven­tottenne detto “Cristoforo”, omonimo della vittima, reo con­fesso, detenuto dall’ottobre 2019 per scontare 20 anni per tentato omicidio e spaccio di droga; 9 anni a Danilo Pietro Della Mal­va, 38 anni, alias “il meticcio”, pentitosi a maggio 2021, reo con­fesso di 3 omicidi; 7 anni a Orazio Coda, trentacinquenne pentitosi a novembre 2021.

I 3 garganici sono stati riconosciuti colpevoli d’omicidio aggravato dal meto­do mafioso, mentre è caduta l’ag­gravante della premeditazione; e di ricettazione delle armi e della Jeep usata per l’agguato, con as­soluzione dal riciclaggio dell’au­to che fu poi incendiata. Inflitti 3 anni a Marco Raduano, 41 anni, detto “Pallone”, ex boss pentitosi a marzo 2024 quaranta giorni do­po la cattura in Francia dopo un anno di latitanza, accusato di concorso in ricettazione di armi e Jeep: l’iniziale accusa d’essere il mandante dell’omicidio cadde durante le indagini preliminari.

Tre anni e 10 mesi infine a Mi­chele Lapacciana, ventottenne, per detenzione di marjuana ac­quistata da Coda e favoreggia­mento per aver distrutto le 2 pi­stole usate per l’omicidio. 15 vie­stani furono arrestati l’ll aprile 2024. Gli imputati dovranno ri­sarcire i danni a familiari della vittima, Comune di Vieste, Re­gione Puglia, ministeri di Inter­no e Giustizia: disposto il paga­mento di una provvisionale com­plessiva di 280mila euro.

Il pm della Dda Ettore Car­dinali chiedeva l’ergastolo per Notarangelo; 10 anni per Della Malva; 8 anni e 4 mesi per Coda; 2 anni per Raduano; 4 anni per Lapacciana. Gli avv. Valeria Maffei (Della Malva), Marina Zanivan (Coda) e Rosa Pandalone (Raduano) chiedevano il mini­mo della pena; l’avv. Angelo Pio Gaggiano per Lapacciana solle­citava l’assoluzione e in subor­dine il minimo della pena.

Gli avv. Francesco Americo e Sal­vatore Vescera per Notarangelo chiedevano esclusione delle ag­gravanti e pena ridotta, con con­cessione delle attenuanti per la confessione resa in aula; richiamandosi alle dichiarazioni di Raduano e Coda, i due legali han­no sostenuto che non fu un omicidio premeditato di mafia, per­ché il movente andrebbe cercato nel rancore di Della Malva nei confronti di Giambattista Nota­rangelo che avrebbe contrastato la relazione tra l’imputato e una donna in passato sposata a un parente della vittima.

Michele Notarangelo nell’udienza del 29 ottobre am­mise d’aver sparato alle gambe del compaesano su ordine di Del­la Malva; la vittima gli si scagliò contro; intervennero Della Mal­va e Antonio Fabbiano che fe­cero fuoco con un fucile e una pistola. Fabbiano fu poi ucciso il 25 aprile 2018 in un agguato cui sfuggì Michele Notarangelo, che fu la vendetta del clan Perna/Iannoli, omicidio per il quale in primo grado è stato condan­nato all’ergastolo Giovanni Iannoli.

Secondo la Dda quello di Giambattista Notarangelo fu un delitto premeditato e commesso “con metodo mafioso nell’area contesa tra 2 gruppi criminali”; l’omicidio fu portato a termine “in modo plateale per incutere timore ai rivali del clan Perna/Iannoli; e in risposta alle in­temperanze di Giambattista No­tarangelo che doveva essere pu­nito: la sua morte doveva essere una lezione per chi non ricono­sceva il predominio del gruppo Raduano/Della Malva”.