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REGIONE VERSO LE ELEZIONI. LE STRATEGIE DEL CENTROSINISTRA. DUBBI E MAL DI PANCIA. SETTE LISTE PER DECARO

Dubbi tanti nel centrosini­stra, mal di pancia cospicui, in­terrogativi numerosi. Una sola certezza: alle prossime elezioni regionali (probabilmente in autunno) non ci sarà la lunga teoria di liste che accompagnò la candidatura di Michele Emi­liano nel 2020.

Allora furono 15. Questa volta se ne calcola la metà più o meno: per varie ra­gioni, le vedremo. Il tema sta provocando qualche fibrillazio­ne nella coalizione soprattutto da parte degli uscenti che aspi­rano ad essere riconfermati e pretendono garanzie.

Vari consiglieri smaniano, ma la verità è che nulla si potrà definire prima che vadano a posto tre quattro caselle fondamentali. La prima è intuibile: occorre capire se sarà approva­ta la norma statale che lascia i consiglieri a 50 e non li fa scen­dere a 40 nonostante il calo del­la popolazione sotto i 4 milioni di residenti. Dieci consiglieri in più o in meno sono decisivi.

La seconda e la terza questio­ne riguardano le norme regio­nali. L’azionista Ruggiero Mennea ha presentato una proposta al riguardo. Se ci fosse il consi­gliere «supplente» da lui pro­posto (al posto del consigliere nominato assessore) si aprireb­be la strada a 8 scranni in più nell’aula di Via Gentile: molto utili, soprattutto nel caso gli eletti scendessero a 40.

Poi c’è la questione della so­glia di sbarramento sulle liste. Ora è al 4%, solo chi la supera partecipa al riparto dei seggi. I piccoli chiedono di abbassarla, i grandi di alzarla, probabile che alla fine non si tocchi. Ma pure se restasse al 4%, la partita non è finita.

La proposta Mennea vorrebbe calcolare il pre­mio di maggioranza (graduale) sulla base dei voti della coali­zione. Finora si è tenuto conto del voto del presidente. Ma in genere, il candidato presidente prende più voti della propria coalizione (tanti votano solo il candidato governatore). Sicché il 496 calcolato sui voti del presi­dente vale di più del 4% del voto della coalizione.

Se si calcolas­se la soglia sulla coalizione sarebbe più facile superare lo sbarramento. Inoltre c’è un fatto politico (non aritmetico). Da qualche tempo, i partiti hanno ripreso smalto a detri­mento delle civiche.

In sintesi: quante liste? Ve­diamo quelle certe, dei partiti strutturati. Sicuramente il Pd e sicuramente Avs (Alleanza Ver­di Sinistra). Quest’ultima for­mazione apre le danze elettora­li domani, con una manifesta­zione a Bari, al Multicinema (17,30). Partecipano i segretari Nicola Fratoianni (SI) e i copor­tavoce dei Verdi, Angelo Bonelli e Fiorella Zabatta. Con loro, tra gli altri, anche l’ex governatore Nichi Vendola. Verdi e Sinistra si rinsaldano dopo essere stati divisi alle Comunali di Bari.

Più difficile capire cosa suc­cedere nelle civiche. È possibi­le che Con possa saldarsi a Per la Puglia. La prima è stata fon­data da Emiliano ma il gover­natore vuole candidarsi con il Pd per entrare in Aula da con­sigliere: Con perderebbe così di slancio elettorale ma assie­me Per la Puglia potrebbe fare massa critica.

Il fatto è che le due liste sono guidate da due leccesi (stesso collegio): l’as­sessore Alessandro Delli Noci (che pare propenso) e il colle­ga Sebastiano Leo (meno pro­penso alla fusione). Uno dei due potrebbe essere escluso dalla rielezione.

Non sono di­visi solo loro dure. Pure i big lo sono. Emiliano pare disponi­bile alla diminuzione del nu­mero delle civiche (che gli portarono fortuna nel 2020); il candidato presidente in pectore Antonio Decaro vorrebbe molte più liste. Significa più candidati in giro a chiedere preferenze per sé e per il presi­dente.

Decaro certamente presente­rà una lista per il presidente: si dice senza consiglieri da rieleg­gere (gli uscenti fanno paura a tutti e scoraggiano le candida­ture nuove). Ci sarà, pare, una lista dei Popolari di Gianni Stea.

E ci potrebbe essere una lista della sinistra diffusa attor­no alla Convenzione che sostenne Michele Laforgia sinda­co a Bari: laforgiani, il Psi di Te­desco, iscritti a partiti piccoli senza speranza di superare il 4%. Infine c’è l’incognita 5 Stel­le: non si sa se correranno con il centrosinistra o da soli. Se andassero soli dovrebbero su­perare una soglia dell’8%. Nel 2020 fu tutto facile, presero 5 consiglieri e li strapparono al­l’opposizione di centrodestra, per poi confluire sulle posizio­ni del governatore.

corrieredelmezzogiorno