Menu Chiudi

LISTE D’ATTESA IN PUGLIA, TRA BUROCRAZIA E CAOS: IL “SALTA-CODE” ESISTE, MA POCHI LO SANNO

Moduli da riempire, documenti da inviare via Pec e persino certificati cartacei per dimostrare ciò che la stessa Asl non è riuscita a garantire: il percorso di garanzia sulle liste d’attesa si scontra con una giungla burocratica, mentre la Puglia risulta tra le Regioni che non informano adeguatamente i cittadini su questo diritto.

Il diritto al cosiddetto “salta-code”, previsto dal decreto liste d’attesa (articolo 3, legge 107/2024), garantisce che, in caso di mancato rispetto dei tempi per visite ed esami, l’Asl debba assicurare la prestazione in strutture private accreditate o in libera professione intramoenia, senza costi aggiuntivi per il cittadino oltre al ticket. Tuttavia, come evidenziato da Salutequità in un report anticipato dal Sole 24 Ore, il sistema non prevede alcun automatismo e la burocrazia si è insinuata con richieste spesso inutilmente complesse. In Puglia, insieme ad altre sei Regioni (Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Molise), non esiste un’informazione chiara e accessibile per i cittadini su questo meccanismo. Chi necessita di una visita specialistica o di un esame diagnostico e non trova disponibilità nei tempi massimi stabiliti, dovrebbe poter chiedere che l’Asl lo garantisca comunque, ma nella pratica molti utenti non sanno neppure di avere questo diritto.

La mancata automazione del “salta-code” ha lasciato spazio a un’applicazione arbitraria e confusa. Secondo l’indagine di Salutequità, le modalità per attivarlo variano da Regione a Regione e persino tra diverse Asl della stessa area. In alcuni casi, l’utente è costretto a compilare moduli complessi e inviare documentazione via Pec, anziché con una semplice e-mail ordinaria. In altri, gli viene richiesto di dimostrare con un certificato cartaceo che la visita non è stata garantita nei tempi, un paradosso considerando che l’inadempienza è della stessa Asl. L’assenza di una procedura unificata e trasparente genera confusione e disuguaglianze. Il rischio, come sottolinea il Sole 24 Ore, è che solo chi è ben informato e in grado di navigare nel labirinto burocratico riesca a ottenere la prestazione nei tempi dovuti, mentre gli altri restano in lista d’attesa senza sapere di poter richiedere un’alternativa.

Il problema è particolarmente sentito in Puglia, dove le liste d’attesa rappresentano una delle principali criticità del sistema sanitario. Ritardi e mancate prenotazioni spingono sempre più cittadini a ricorrere a strutture private, spesso a proprie spese, perché non informati della possibilità di usufruire del “salta-code” a carico dell’Asl. La mancata pubblicizzazione di questo diritto crea una frattura tra chi ha gli strumenti per attivarlo e chi, invece, non ne è a conoscenza e rinuncia o rimanda cure necessarie. Inoltre, la discrezionalità nell’applicazione del meccanismo alimenta differenze tra territori, con alcune Asl più efficienti nel gestire il problema e altre completamente impreparate.

L’analisi di Salutequità conferma che senza un sistema automatizzato gestito dai Cup, la burocrazia continuerà a rendere difficile l’accesso al “salta-code”. La Puglia, insieme ad altre Regioni del Sud, dovrà intervenire per garantire maggiore trasparenza e informazione ai cittadini. Un primo passo sarebbe rendere il processo chiaro e immediato, eliminando passaggi inutili e vincoli eccessivamente rigidi. Se il “salta-code” è un diritto, deve essere accessibile a tutti, senza che il cittadino debba affrontare un labirinto di scartoffie per ottenerlo.