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VIESTE/ PROCESSO ABBREVIATO PER MARCO RADUANO E I PRESUNTI FIANCHEGGIATORI

Sarà giudizio abbreviato per l’ex boss viestano Marco Raduano e la rete di presunti fiancheggiatori che, secondo l’accusa, lo avrebbero aiutato a sottrarsi alla cattura dopo la clamorosa evasione dal carcere di massima sicurezza di Nuoro.

Tra gli imputati, oltre a Raduano e al suo braccio destro Gianluigi Troiano, entrambi collaboratori di giustizia, figurano Michele Gala, detto “Pinguino”, Antonio Germinelli, Domenico Antonio Mastromatteo, detto “Pescecane”, Marco Rinaldi, noto come “Il Veneziano”, e Matteo Colangelo, unico destinatario degli arresti domiciliari. Compariranno tutti il prossimo 15 aprile dinanzi al GUP del Tribunale di Bari, Nicola Bonante.

Un settimo imputato, Michele Murgo, detto “U bell” o “Il Londinese”, ha invece optato per il patteggiamento. Le difese (avvocati Salvatore Vescera, Edgardo Giuseppe Gallo e Carlo Alberto Mari del Foro di Foggia, con Gianmaria Daminato del Foro di Venezia e Pasquale Crea del Foro di Treviso) hanno richiesto il giudizio abbreviato, ottenendo così lo sconto di un terzo della pena, come previsto dal rito alternativo.

L’indagine, coordinata dalla Procura, ha ricostruito il presunto supporto logistico garantito a Raduano durante la latitanza. In particolare, Gala, Murgo, Germinelli e Mastromatteo sono accusati di aver fornito all’ex boss ospitalità, telefoni criptati, auto “pulite”, denaro e informazioni sulle ricerche delle forze dell’ordine, con l’aggravante di agevolare l’associazione mafiosa riconducibile a Raduano e al clan Lombardi/Ricucci/Latorre.

A carico di Raduano, Troiano, Rinaldi e Mastromatteo, inoltre, pende l’accusa di traffico internazionale di droga. Secondo la ricostruzione dell’accusa, il gruppo avrebbe gestito la spedizione di 8,5 kg di hashish e 2,3 kg di marijuana dalla Spagna a Vieste, passando per Mestre.

Il narcotraffico, secondo gli inquirenti, sarebbe stato garantito con il supporto di organizzazioni criminali operanti in Spagna e Marocco, con il fine di mantenere il controllo del territorio viestano anche durante la latitanza di Raduano.

Nel procedimento confluisce anche l’atto incendiario avvenuto a Vieste nell’ottobre 2023, quando venne data alle fiamme l’auto della madre del collaboratore di giustizia Orazio Coda. Per il fatto, Raduano è ritenuto il mandante, mentre Germinelli e Colangelo sono accusati di aver materialmente eseguito il rogo con finalità intimidatorie, aggravate dal metodo mafioso.

Nel processo si sono costituite come parti offese il Ministero della Giustizia, il Comune di Vieste, il Ministero della Salute e la vittima dell’atto incendiario. Il procedimento assume particolare rilievo nel contrasto alla criminalità organizzata nel Gargano, un territorio segnato da una lunga scia di violenze e regolamenti di conti. L’udienza del 15 aprile sarà il primo banco di prova per la giustizia, chiamata a valutare la responsabilità degli imputati e l’efficacia delle indagini condotte per smantellare la rete di protezione che avrebbe permesso a Raduano di continuare a operare nonostante la latitanza.

foggiatoday