La scienza dà ragione ai genitori. Iscriversi ai social troppo presto può avere effetti negativi sul rendimento scolastico. Gli studenti che creano un account prima dei quattordici anni — cioè l’età minima stabilita dalla legge italiana per registrare un profilo — mostrano risultati peggiori ai test Invalsi. È quello che emerge da un progetto di ricerca chiamato Eyes Up (EarlY Exposure to Screens and Unequal Performance) condotto dall’Università di Milano-Bicocca e dall’Università di Brescia, insieme all’associazione Sloworking e al Centro Studi Socialis.
Lo studio combina i dati raccolti fra i seimila studenti di oltre 300 classi lombarde con i relativi risultati nei test Invalsi, le prove nazionali usate per valutare alcune competenze fondamentali nelle aule italiane. I giovani con un account social «precoce»—otto su dieci ne hanno creato uno prima del limite di legge — hanno maggiori difficoltà in matematica e in lingua italiana. Una sola eccezione: le competenze nell’uso dell’inglese, che non sembrano essere condizionate dallo smartphone.
La deviazione standard — cioè l’allontanamento dalla media dei voti, sia in positivo sia in negativo peggiora per i ragazzi rispetto alle coetanee. I maschi ottengono risultati meno brillanti in italiano e inglese quando cominciano a navigare troppo presto.
Chi subisce le conseguenze più dine dell’accesso precoce al web sono soprattutto gli studenti che arrivano da famiglie meno privilegiate. I giovani nati all’estero o in Italia da genitori stranieri hanno difficoltà nelle competenze legate alla lingua italiana quando si iscrivono prima dei 14 anni. In maniera simile, anche i figli di genitori non laureati hanno mostrato risultati peggiori nei test Invalsi quando hanno fat to il primo ingresso nei social troppo presto.
La condizione socio-economica è centrale anche quando si guarda all’ingresso degli studenti nel mondo digitale. Chi viene da condizioni svantaggiate si iscrive ai social molto prima rispetto agli altri. Il 35% dei figli di chi non ha un diploma comincia a navigare prima ancora di avere terminato le elementari, contro il 21,896 di chi ha entrambi i genitori laureati.
E l’accesso al web è anche meno sorvegliato. Secondo lo studio, le famiglie con un background meno privilegiato tendono a controllare meno i figli dall’uso precoce e non supervisionato della tecnologia. Per esempio, il parental control — un sistema di filtri che serve a bloccare l’accesso a determinate attività o per impostare il tempo di utilizzo degli smartphone — è utilizzato dal 5496 delle famiglie con almeno un genitore laureato. La percentuale scende al 43% in quelle che, invece, non hanno alcun genitore diplomato.
«Da quando si è colmato il digitai divide, cioè la differenza di accesso alla rete, si è creata una diseguaglianza sulla guida che un minore riceve nella navigazione autonoma online, che noi chiamiamo “divario di iperconnessione”», spiega Marco Gui, professore associato di Sociologia alla Bicocca e uno degli autori dello studio. «Questo interessa lo stesso gruppo di persone che prima erano colpite dalla mancanza di accesso».
Corrieredellasera