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IL PUBBLICO IMPIEGO CAMBIA COSÌ: DIRIGENTI SENZA CONCORSO E PREMI AI «MERITEVOLI», LE NOVITÀ

Si potrà diventare dirigenti della pubblica amministrazione anche senza passare per il concorso, ma con una procedura di selezione basata sui risultati ottenuti sul lavoro e sulla verifica sul campo delle attitudini manageriali. Il lavoratore, spiega il ministro Paolo Zangrillo, dovrà quindi dimostrare non solo di «sapere» ma anche di «saper fare».

E le valutazioni annuali sulla performance di servizio e i premi ad esse collegati saranno più selettivi. Lo prevede un disegno di legge messo a punto dal ministro della Pubblica amministrazione, con l’obiettivo di promuovere il merito, superando un sistema che, secondo Zangrillo, «deresponsabilizza la classe dirigente».

La riforma prevede un nuovo un meccanismo per accedere alla qualifica di dirigente di seconda fascia senza passare per il concorso, con una procedura denominata di «sviluppo di carriera», che riguarderà il 30% dei posti disponibili. Potranno parteciparvi i funzionari dopo 5 anni di lavoro e i quadri dopo 2.

I candidati alla promozione saranno selezionati dal loro dirigente in base alle performance di carriera e poi dovranno affrontare una prova scritta e un colloquio e saranno valutati da una commissione ad hoc (5 dirigenti generali e due professionisti esterni di selezione del personale). I promossi otterranno un incarico dirigenziale a termine non superiore a tre anni e se poi, in base ai risultati conseguiti, conquisteranno il rinnovo dello stesso, potranno, alla fine e dopo una nuova valutazione, ricevere l’incarico definitivo da dirigenti.

La procedura di «sviluppo di carriera» si applicherà anche per la selezione del 50% dei dirigenti di prima fascia, ovvero i dirigenti generali (l’altra metà continuerà ad essere scelta con il concorso). Potranno candidarsi i dirigenti di seconda fascia dopo almeno 5 anni di servizio, anche non continuativi.

Se il disegno di legge Zangrillo sarà approvato da entrambi i rami del Parlamento, cambierà anche il sistema di valutazione annuale delle performance del personale e i premi ad esso collegati. Obiettivo: passare dal modello attuale, dove l’assegnazione degli obiettivi e la verifica del loro conseguimento è meramente burocratica, per cui quasi tutti ottengono il punteggio massimo, a un sistema dove si valutino i risultati effettivamente raggiunti, incrociando la valutazione collegiale tra dirigenti rispetto alla proposta formulata dal dirigente responsabile con il giudizio, ove possibile, degli utenti.

Per i dirigenti andrà valutata anche la performance manageriale, e il punteggio massimo potrà andare a non più del 30% dei lavoratori mentre il riconoscimento delle eccellenze non potrà superare il 20%. I soldi risparmiati sui premi dei dirigenti, che quindi non saranno più distribuiti a pioggia, andranno ad aumentare le somme stanziate per i premi al personale non dirigenziale.

La riforma , dice il ministro, è «un passaggio fondamentale per motivare le persone, accrescere le organizzazioni e offrire servizi sempre più efficienti a cittadini e imprese». Secondo la Cisl, la riforma è positiva sull’accesso alla dirigenza mentre è sbagliata sulla limitazione a priori delle valutazioni apicali.

corrieredellasera