Una storia infinita: la proprietà dell’area dell’abbazia di Pulsano. Sulla vicenda relativa a Pulsano interviene Michele Tranasi, che ha all’attivo vari libri sulla proprietà terriera e gli usi civici (da ultimo ha pubblicato “Dal Cardinale Fabrizio Ruffo a Francesco Paolo Troiano” presso le Edizioni Giuseppe La- terza).
“Ci sono state due sentenze (Cassazione e Tar Puglia) che hanno dato ragione al Comune di Monte Sant’Angelo. Sto parlando dell’uso civico insito nelle aree demaniali esterne al perimetro dell’abbazia di Pulsano interessate dall’occupazione d’urgenza per pubblica utilità disposta dal Comune nel 1998, per poter effettuare i lavori di restauro del complesso monastico”. Tranasi inizia così la sua disanima, ricordando come proprio nel 1998 il Comune si era impegnato a versare agli eredi di mons. Quitadamo, la somma di 410 milioni di lire: ma, poiché esso non onorava l’impegno, nel 2001 questi si rivolsero al Tribunale, che, con sentenza del 004, riconobbe loro il diritto a poter incassare 397 mila euro, il che avvenne nel marzo dell’anno dopo”.

L’opinione di Tranasi è che “massima fu in quell’occasione la sprovvedutezza del Comune, che non si rese neanche conto dell’erronea indicazione catastale. Ma c’è dell’altro, e cioè la sovrastima dei beni oggetto dell’occupazione: all’epoca il valore dei terreni della zona non superava i 5 milioni ad ettaro e le fabbriche dell’abbazia erano in stato di abbandono”. La Cassazione, continuala ricostruzione fatta da Tranasi, “con sentenza del 2013, ribaltando la pronuncia della Corte d’Appello del 2005, intervenuta su ricorso del Comune, dichiarò che gli eredi Quitadamo, non potevano ritenersi titolari del diritto proprietario vantato, implicitamente invitandoli a rimborsare la somma di 385 mila euro incassata.
Su richiesta del Comune, essi fecero sapere che quell’invito poteva essere accolto a condizione che lo stesso avesse provveduto contestualmente alla restituzione dei fondi illegittimamente appresi. Si arriva così alla sentenza del Tar di Puglia del marzo 2017, emessa a seguito di ricorso degli eredi di Quitadamo.
Il ricorso, tendente ad ottenere la restituzione ai ricorrenti delle aree ed immobili, previa loro rimessione in pristino, veniva dichiarato inammissibile”. Per Tranasi è certo che “la titolarità del diritto di proprietà sulle aree per cui era causa fosse in corpo al Comune di Monte Sant’Angelo, per la semplice ragione che si tratta di terreni demaniali di uso civico”.

Quanto all’altro bene controverso, il compendio immobiliare, neanche qui, secondo Tranasi, è stata dimostrata dagli eredi la provenienza della proprietà: il titolo a cui essi hanno sempre fatto riferimento, una donazione del 28 settembre 1920 a mons. Quitadamo, non è affatto chiaro circa la riferibilità dell’immobile all’abbazia, a tal punto che anche il perito nominato dal giudice con ordinanza dell’ll giugno 2015, si è limitato a dire che esso “possa coincidere con l’abbazia”. Tutto questo è nelle sentenze su richiamate, quello che non c’è è la restituzione delle indennità di espropriazione a suo tempo incassate. In verità il Comune non l’ha neanche chiesta in giudizio”.
Gli eredi Quitadamo, a tutela delle loro ragioni, hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato. Il Comune, invece, ha presentato decreto ingiuntivo per il recupero delle indennità di cui sopra. Questo, al momento, è l’ultimo atto della lunga controversia. Trovandosi la vertenza ancora pendente, è difficile immaginare quale sarà lo sbocco.
Ma per Tranasi una cosa è certa: “se il Comune dovesse decidere di andare fino in fondo, gli eredi Quitadamo potrebbero perdere e i terreni e i soldi. E questo perché tutte quelle particelle catastali, ima dozzina, non rientrano nella sanatoria prevista dall’art. 54 e, quindi, sono soggette a reintegra. Ciò è messo nero su bianco nelle due note del Dipartimento di mobilità, opere pubbliche e paesaggio della Regione, del 13 luglio e del 13 ottobre 2016.
Il Comune potrebbe già invocarlo dalla Regione. Ma potrebbe prefigurarsi anche lo scenario peggiore per l’ente pubblico, qualora esso riprenda quell’accordo approvato con la delibera di consiglio del maggio 2005, che prevedeva l’esborso da parte degli eredi di soli 105 mila euro, da destinare però all’abbazia di Pulsano (leggi Diocesi di Manfredonia), somma che andrebbe ad aggiungersi ai 3 miliardi di lire spesi per permettere la rinascita di Pulsano”.
francesco bisceglia