Tre nuove centrali operative per gestire il numero europeo «116117», quello per le cure non urgenti. La giunta regionale dà il via all’implementazione del servizio che dovrà affiancare il 118 (in realtà oggi confluito nel 112, il numero unico per l’emergenza) e che partirà – sulla carta – entro fine settembre. Giusto prima delle elezioni.
Quello del «116117», già sperimentato a Roma e in Lombardia, è un progetto europeo che mira a coprire la fascia della risposta sanitaria di base. E dunque a collegare i cittadini residenti con i servizi di continuità assistenziale (l’ex guardia medica) e i non residenti con i servizi di guardia turistica. Con l’obiettivo di scaricare dalle richieste non urgenti il sistema del 118.
La giunta regionale ha previsto di attivare le centrali operative a Bari, Foggia e Lecce. Dovrebbero affiancare le centrali del 118 (che gestiscono le ambulanze) per fornire risposta «h24» in materia integrata: le telefonate potranno infatti essere trasferite da un servizio all’altro. A occuparsi delle assunzioni e della formazione del personale saranno non a caso le Asl, garantendo la presenza in turno di un operatore ogni 150-250mila utenti, di un infermiere ogni 250-350mila utenti e un medico ogni 500-700mila utenti.
L’idea è che il cittadino debba continuare a rivolgersi al 112 solo per necessità da codice rosso e giallo, mentre per tutto il resto dovrà essere indirizzato alla centrale delle cure non urgenti. Può trattarsi ad esempio di richieste di prestazioni di competenza del medico di base fuori dagli orari di servizio, di richieste di «consigli sanitari» (con l’eventuale inoltro della chiamata al 118 se ritenuto appropriato) e ancora di richieste non urgenti provenienti dai turisti cui risponderanno anche in inglese.
La delibera approvata ieri su proposta dell’assessore alla Salute, Raffaele Piemontese, contiene il progetto per l’organizzazione del nuovo servizio e prevede che gli uffici del Dipartimento diretto da Vito Montanaro ottengano il via libera all’attivazione del «lléll7» da parte del ministero della Salute. Già nello scorso settembre l’Agenas, nell’ambito del monitoraggio sull’attuazione del Dm 77 (gli standard minimi di cura), ha sollecitato la Puglia a procedere con l’implementazione delle centrali.
Giusto la scorsa settimana la Puglia ha affrontato la verifica del bilancio consolidato 2024 delle Asl al tavolo del ministero dell’Economia. La Regione ha presentato i risultati di gestione, e i tecnici ministeriali non hanno sollevato obiezioni significative. Alla fine il deficit è pari a 88 milioni, «un dato – commenta l’assessore Piemontese – significativamente inferiore alle stime circolate nelle scorse settimane».
Sarà necessario un ulteriore passaggio per la necessità di presentare altri documenti, e dovrà essere aggiornato il Piano operativo con il riferimento alle azioni di contenimento della spesa e di implementazione di alcune funzioni su cui la Puglia è ancora carente (in primis lo screening del colon retto). Non è prevista, né è stata richiesta, l’uscita dal «commissariamento soft» cui la sanità pugliese è sottoposta da più di dieci anni, nonostante il deficit strutturale sia significativamente inferiore a quello di altre Regioni. Tuttavia ci sono anche segnali positivi. «Il lavoro svolto – commenta ancora Piemontese – ha permesso di migliorare i servizi sanitari per i cittadini e, al tempo stesso, garantire la sostenibilità economica del sistema regionale».
I dati preliminari sui livelli di assistenza del 2023 diffusi dal ministero a febbraio, che vedono la Puglia decima in Italia, potrebbero poi rivelare qualche altra soddisfazione. Sull’assistenza ospedaliera la Regione è cresciuta da 79,7 a 85 punti, piazzandosi al nono posto. Ma nei calcoli fatti dai tecnici del Dipartimento il risultato finale complessivo dovrebbe crescere di altri 3-4 punti, sufficienti a scalare altre due posizioni.
Sempre ieri la giunta ha avviato il procedimento per il trasferimento del 20% delle azioni di Aqp ai Comuni. La procedura, che deve essere conclusa entro giugno, serve per poter procedere al rinnovo della concessione di gestione del servizio idrico integrato per altri 30 anni.
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