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BUFERA IN CONSIGLIO REGIONALE. DOPPIA  PREFERENZA,  LA  SINISTRA  SI  SPACCA  EMILIANO  CONTRO  LA  SUA  MAGGIORANZA. SALTA LA BOCCIATURA DELLE LISTE COMPOSTE SENZA RISPETTARE LE QUOTE. IL GOVERNATORE VOTA NO AL TESTO

II Consiglio regionale co­me un tapis roulant: corri e corri ma resti sempre nello stesso punto. Così ieri. Due ore di seduta, anche contrastata, per approvare una proposta che consente di votare alle Re­gionali con la doppia prefe­renza di genere (donna-uo­mo). Norma sacrosanta, previ­sta tra i principi dello Stato, che però non è ima novità per­ché nel 2020 fu introdotta in Puglia dal governo Conte: l’esecutivo, di fronte all’inerzia della Regione, agì con decreto legge, utilizzando i poteri sostitutivi. Per questo era utile (per qualcuno indispensabile) che il Consiglio della Puglia provvedesse con legge propria ad inserire la disposizione nel­la normativa elettorale regio­nale.

L’Aula ieri ha provveduto con un voto che ha messo a nudo tre cose: la spaccatura della maggioranza, che ha vo­tato in tre modi diversi; la lon­tananza di Michele Emiliano, dichiaratosi contro la posizio­ne ufficiale del centrosinistra; la sempre più larga distanza tra Pd e M5S. Beninteso: Emi­liano non era contro la doppia preferenza di genere ma ha vo­tato contro il testo perché avrebbe voluto un dispositivo più incisivo di quello che già c’era dal 2020 ed ora toma co­me allora.

Conviene riepilogare. Qual­che settimana fa passò in Commissione un testo che prevedeva la doppia preferen­za e un’altra norma che stabili­va l’inammissibilità delle liste di candidati che non rispettassero la proporzione 6o%-40% tra i due generi. Questa secon­da disposizione era una novità rispetto al 2020: rendeva più aspra la sanzione per un divie­to che già esisteva. Mentre pri­ma si prevedeva una sanzione pecuniaria (taglio ai trasferi­menti di denaro ai gruppi con­siliari), la inammissibilità era un aspetto nuovo e prevedeva la tagliola: o rispetti il 60-40, oppure la tua lista è cancellata.

Subito dopo il voto in com­missione, FI e Lega manifesta­rono forti dubbi: la inammissibilità della lista, dissero, è troppo grave e non esiste in nessun altra Regione. Tutte prevedono la multa oppure il taglio dei candidati (partendo dall’ultimo) fino a quando la Usta non rispetti U 60-40: mai la bocciatura.

Il Pd è rimasto per la linea dura (inammissibilità) e così anche U M5S. Pure i civici di centrosinistra (Con e Per la Pu­glia) la pensavano alla stessa maniera. Ma questi ultimi chiedevano di portare in Aula tutto il pacchetto delle riforme elettorali. Il risultato pratico e definitivo è stato un centrosinistra diviso. I dem, per fare passare la doppia preferenza, hanno dovuto accordarsi con il centrodestra: passa la doppia preferenza ma si cancella l’inammissibilità.

Il voto di ieri è la fotografia della spaccatura del centrosi­nistra. Larga parte del Pd (ma non tutto) ha votato «sì» assie­me a Lega, Fdi e Forza Italia. Emiliano, con gli assessori Fa­biano Amati (iscritto al Pd contro il parere del partito) e Sebastiano Leo (Per la Puglia) ha votato «no» come i 5 Stelle e Michele Mazzarano (ex Pd).

Il loro era un «no» al testo per chiedere l’inammissibilità del­le liste e non finire sul tapis roulant del ritorno al punto di partenza. Il Pd invece ha prefe­rito, come spiegato dal capo­gruppo Paolo Campo, fare i conti «con la realtà dei nume­ri» e accordarsi con l’opposi­zione.

Il centrosinistra è allo stre­mo delle forze. Le divisioni in­terne hanno fatto sospendere la seduta per mancanza del numero legale. La ripresa do­veva essere dedicata alla legge sui pozzi agricoli, su cui pende un emendamento del M5S per sospendere il tributo 630 rela­tivo ai consorzi di bonifica. La giunta era contraria e preoccu­pata che potesse passare la norma contro il tributo.

La presidente del Consiglio Loredana Capone («puntualis­sima come non mai», dicono da FdI) ha fatto riprendere do­po un’ora i lavori, come da re­golamento. Ha constatato le assenze e sciolto la seduta. Con grande protesta del M5S e di Paolo Pagliaro (Fdl), fatto uscire dall’Aula dai commessi. Sugli spalti gli agricoltori pro­testavano contro il «pizzo» chiesto dalla Regione. La giun­ta chiarisce: la legge statale non consente la sospensione del tributo.

corrieredelmezzogiorno