Riappare quando si aprono gli ombrelloni in spiaggia. È il treno dei bagnanti che da Foggia si riversa su Siponto e Manfredonia. Fa parte dell’arredo estivo della bella stagione. Un arredo mobile “vecchi tempi” in tutti sensi. Non importa se la gente vi sale o scende: va su e giù dall’interno dell’assolata Capitanata alle sponde del fresco mare del golfo adriatico (e viceversa) come un automa. Un andirivieni svogliato, quasi in affanno per il lungo letargo nel quale è costretto per il resto dell’almo. Quel convoglio viene infatti messo sui binari che portano a Manfredonia solo per circa tre mesi all’anno, il periodo dei bagni di mare, per l’appunto.
Una diminutio quel servizio ferroviario a singhiozzo, una delle tante che Manfredonia ha collezionato da qualche lustro a questa parte. Una tratta ferroviaria costruita nell’800 per il trasporto delle merci al porto e che è stata tra i grandi artefici dello sviluppo del territorio sipontino fino a qualche decennio fa, all’epoca del “Contratto d’area”, il mastodontico piano industriale che avrebbe dovuto segnare il rilancio economico e sociale dell’area che fa capo a Manfredonia, transitato in un battibaleno dal grande sogno alla grande illusione senza che mai nessuno dei responsabili ne abbia pagato le conseguenze. A quell’epoca, a dimostrazione dell’importanza strategica della ferrovia, si costruì una bretella di servizio dell’area industriale di Macchia compreso il porto industriale di Manfredonia. Tutto finito, la ferrovia ridotta a giocattolo estivo per viaggiatori balneari distratti, nonché per qualche politico che di tanto in tanto la tira fuori, come il coniglio del prestigiatore dal cilindro, per ben altri obiettivi. Come, ad esempio, per giustificare la costruzione di una “stazione ferroviaria” in aperta campagna, a 5 chilometri dalla città, pomposamente chiamata “Manfredonia ovest”, dalla gente ribattezzata più realisticamente, “stazione fantasma” dal momento che non si è mai visto un passeggero scendere o salirvi. Per non dire del “treno-tram”: colossale boutade sostenuta a spada tratta dai soliti politici per anni per ripiegare (è invenzione di questi giorni) sul “Bus Rapid Train” che sarebbe un treno camuffato da autobus per il quale spendere 50 milioni di euro, quelli del famigerato “treno-tram” anch’essi finiti nel cilindro del prestigiatore. «È una prassi, quella di Trenitalia – notifica il WWF – che si ripete puntualmente da alcuni anni e che le garantisce lucrosi introiti. Il contratto di servizi tra Regione Puglia e Trenitalia stabilisce che sulla tratta Foggia-Manfredonia il trasporto pubblico avvenga via ferrovia, pagando a quest’ultima il relativo costo chilometrico, di gran lunga superiore a quello degli autobus per tener conto che il treno ha una capienza maggiore di un bus. Con la scusa dello scarso utilizzo del servizio ferroviario.
Michele Apollonio