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EROSIONE DELLE COSTE IN PUGLIA “SITUAZIONE PREOCCUPANTE. ALCUNE SPIAGGE ARRETRANO ANCHE DI 70METRI L’ANNO”

«Ci sono tratti di costa che in Puglia arretrano anche di 70 metri l’anno; spiagge come al Capitolo o a Torre Canne dove tra un pò si rischia di non potere fare più il bagno; coste rocciose a rischio crollo». A scattare la drammatica foto è il prof. Giuseppe Mastronuzzi, tarantino, docente di Gemorfologia presso l’Università degli studi di Ba­ri, nonché promotore del Centro interdipartimentale di ricerca sulla dinamica costiera dell’Uniba. Un osservatorio molto privilegiato il suo per l’ana­lisi del fenomeno sull’intera regione. «Quanto alle spiagge, abbiamo registrato con i nostri sistemi digitali o satellitari una erosione tale da avere cancellato le dune, ciò significa che prima o poi il mare aggredirà le attività turisti­che o agricole o gli insediamenti».

Ma diamo uno sguardo alla mappa delle situazioni più critiche. «Gli arretramenti più veloci si registrano nella zona del Metapontino tra la costa lucana e quella pu­gliese. Da monitorare Alimini e Ugento, ma anche l’alto Tavoliere alla foce del Fortore, il golfo di Manfredonia e Zapponeta. Male al Capitolo, Torre Canne e Torre Guaceto. Il fenomeno riguarda an­che le coste rocciose dove i rischi per l’uomo sono naturalmente maggiori. Da osservare con atten­zione le falesie di Sant’Andrea (San Foca), Otranto, Trani, del Gargano, ma anche dal Tarantino sino a Porto Cesareo dove, a causa della bassa resistenza della roccia e della sua storia geologica, si possono verificare crolli inattesi. Coste rocciose più stabili, in generale, quelle Nardo e Tricase dove pero si­tuazioni puntuali possono essere pericolose. Un disequilibrio può manifestarsi 20 anni dopo che è stato innescato, ma quando un singolo blocco di roccia cede, ciò avviene all’improvviso può essere molto pericoloso».Il fenomeno è complesso. «L’erosione – spiega il prof. Masronuzzi che è anche direttore del dipar­timento di scienze della Terra e Geoambientali di Uniba – dipende dalla relazione naturale tra rocce, acqua e aria e che a loro volta interagiscono con l’attività biologica e con dell’uomo, negli ultimi 150 anni particolarmente impattante». L’erosione o l’avanzamento verso mare è il risultato di ciò che suc­cede a monte o a valle. «Prendiamo i porti che bloccano i flussi di se­dimenti. Un esempio è ciò che ac­cade a Barletta ma non solo lì. A nord del porto la spiaggia è enorme, a sud ci sono importanti fenomeni di erosione perché lo scalo ha bloc­cato il naturale flusso dei sedimen­ti». Un mondo interconnesso quelle delle coste. «La regione è costretta in due dinamiche, nord ovest/sud est dell’Adria­tico, quindi ciò che succede a Vieste condiziona Otranto, e una dinamica antioraria nel golfo di Taranto in cui ciò che succede a Metaponto incide su Gallipoli». E l’uomo, a quanto pare, molto spesso ci mette del suo. «Il turismo è fondamentale e meraviglioso, ci mancherebbe, ma la presenza sul­le spiagge sta diventando importante. Sbagliato eliminare durante la pulizia le biomasse, ad esem­pio le foghe di Posidonia. Per ogni 2,5 kg di foghe prelevate, vanno via dalla spiaggia 2,1 kg di sab­bia», spiega il docente. Se a tutto questo si aggiunge il riscaldamento globale, c’è poco da stare allegri. «Il Mediterraneo, che è un mare fortunato, si sol­leva con una velocità di 1,8 millimetri l’anno. Allo stesso tempo si registra l’abbassamento del suolo, ad esempio in tutta la zona che va da Manfredonia a Barletta. Già, ma cosa si può fare per curare le nostre coste malate. «Se si ascolta la scienza si guadagna tempo, si spende meno e si risparmiano vite umane. Bisogna prima di tutto conoscere e riconoscere il problema sul territorio, non esiste un tratto di costa uguale a un altro. Occorre una carta condivisa che esprima le caratteristiche fi­siche e quelle dinamiche delle coste che si muovono anche quelle che sembrano ferme. Indispensabile è la interdisciplinarietà, dal geomorfologo al biologo; dal biologo marino all’ingegnere idraulico; dall’informatico al veterinario (alcune specie eduli che possono diventare strategiche per stabilizzare le coste)». Il problema c’è e preoccupa gli esperti. «La si­tuazione sta peggiorando. Occorrono interventi di ricostruzione degli ambienti naturali e di prote­zione del sito, barriere frangiflutti e pennelli pos­sono essere utili, ma non bastano. Bene recuperare sabbia dai fondali dopo avere analizzato la com­patibilità degli organismi che la ospitano, ma si tratta sempre di un intervento costoso. Una nave costa al giorno anche 10mila euro, per una spiaggia piccola ci vogliono anche 20 giorni».

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